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La luce di Scorsese contro il silenzio di Dio

Iniziò a leggere il libro di Shusaku Endo quasi trent’anni fa, quando dopo una proiezione del suo film L’ultima tentazione di Cristo l’arcivescovo Paul Moore gliene regalò una copia. La lettura di Silence impressionò parecchio Martin Scorsese, perché conteneva elementi di fede e spiritualità che lo stesso regista stava ancora affrontando. Riflessioni che il regista di Toro Scatenato ha sempre portato con sé e che anche nei film apparentemente più lontani (tipo Quei bravi ragazzi, Taxi Driver o The Departed) ha sempre espresso attraverso le sue storie. “Sono cresciuto in una famiglia profondamente cattolica ed ero molto coinvolto nella pratica religiosa – ha sottolineato Scorsese nelle note di regia. I miei principii e le mie idee sono ancora basati sulla spirtualità del cattolicesimo in cui ero immerso da bambino, una spiritulità che ha a che vedere con la fede”.

Il romanzo di Endo uscì nel 1966 e in Giappone diventò in poco tempo un bestseller, poi tradotto in inglese e pubblicato in diversi Paesi (in Italia uscì nel 1982 per Rusconi e nel 2013 per Corbaccio). La trama, ripresa anche nel film, vede come protagonisti due giovani missionari, sulle tracce del loro maestro Padre Chistovao Ferreira, gesuita portoghese in missione evangelizzatrice nel Giappone del 1600 che abiurò, si convertì al buddismo e sposò una donna giapponese.

Durante il loro viaggio Padre Sebastian Rodrigues (Andrew Garfield) e padre Francisco Garupe (Adam Driver) continuano con il processo di evangelizzazione nei villaggi, nonostante venisse perpretata nei confronti dei convertiti cristiani, i kakase kirishitan (cristiani nascosti) una repressione violentissima e senza pietà, da parte del governo. Pregare il Dio cristiano era proibito in Giappone e punito con il sangue e chi arrivando dall’estero proponeva la conversione era considerato un nemico da abbattere.

In Silence, Martin Scorsese pone l’accento sulle violenze, ma nello stesso tempo si domanda e fa domandare ai suoi personaggi dove sia Dio mentre i suoi fedeli vengono torturati e decapitati. C’è un Dio che ha più diritto di cittadinanza rispetto a un altro, o qualsiasi idea venga identificata con un Dio è giusto che sopravviva?

Il messaggio di questo film, perché di messaggio in questo caso si deve parlare, è legato alla supremazia delle religioni e ai conflitti a cui esse conducono. Inutile dire, che questa storia ambientata nel ‘600 in Oriente, è tuttavia molto attuale. Se in altri luoghi, come in Sudamerica l’evangelizzazione è costata miriadi di vite tra gli indios che si opponevano, in Giappone si potrebbe parlare di una sorta di resistenza efferata, perché come dice padre Ferreira mentre spiega la sua scelta al giovane allievo che insiste per riportarlo a credere nel Dio cristiano: “Questa terra è una palude e nelle paludi le radici non attecchiscono”.

E sono le immgini a fornire una guida parallela alla trama teorica del film. Ogni fotogramma racconta una storia a sé e la luce quasi perenne sul volto di Andrew Garfield fa contrasto con le nebbie del paesaggio ostile. Scorsese riconosce che la fede è un fatto intimo, da non imporre e da non rivelare. Credi in quello che ti pare, ma accetta questa libertà anche nell’altro.

Silence è il film di una vita e che rende ancora più solida la cinematografia completa del regista, a partire dagli anni ’70, che sia di film inquietanti come Shutter Island, sognanti come Hugo Cabret, spietati come The Wolf of Wall Street, spirituali e terreni come Al di là della vita, sofisticati e letterati come L’età dell’innocenza, o appassionatamente musicali come No Direction Home e Shine a light.

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Finanza e Industria, ecco chi ci porta alla guerra

    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    A come Asia di mercoledì 03/12/2025

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