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“Si candidi chi viene dalla giunta”

“Milano non ha bisogno di un uomo solo al comando ma di persone che decidano di continuare a governarla, insieme ai cittadini”. Paolo Limonta, animatore dei Comitati per Milano e delegato del sindaco per i rapporti con la città, traccia un identikit del candidato possibile per le prossime elezioni. I criteri si intravedono già: un nome di comprovata esperienza nella giunta uscente, non calato dall’alto, che scelga la partecipazione come principio-guida.

Nel pieno del lavorìo per definire le candidature del centrosinistra per le prossime amministrative, sabato e domenica si riuniranno i ‘Comitati per Milano’. Appuntamento a partire dal mattino all’ex Ospedale psichiatrico Pini. Alla chiusura sarà presente lo stesso Pisapia. “Noi non faremo nomi – spiega Limonta al Microfono aperto – ma approfondiremo le proposte e i progetti che abbiamo sviluppato in questi anni, sui quali ci siamo confrontati con l’amministrazione e che vogliamo dare come lascito al prossimo candidato sindaco. I temi riguardano il verde, la partecipazione, le periferie, l’uso degli spazi, la mobilità, il lavoro. Dopo questi cinque anni, nessuno può immaginare di fare il sindaco di Milano ignorando la città e i cittadini”.

Il punto centrale è la continuità con l’esperienza Pisapia. Limonta spiega così il suo pensiero: “La continuazione naturale sarebbe stata una ricandidatura dello stesso Pisapia. Ma lui vuole rispettare la promessa fatta di un solo mandato, una scelta che deve essere rispettata. Secondo me le forzature non sarebbero utili. La continuità del percorso può essere garantita però soltanto da qualcuno che ne ha fatto parte, ci ha messo la faccia come tutti noi, si è sporcato le scarpe incontrando le tante cose positive che abbiamo fatto e anche quelle che ancora non siamo riusciti a fare. Al di là di ogni ragionamento politico su figure e nomi, questo è l’elemento semplificativo: se ragioniamo in questi termini, riusciremo a superare molte delle contraddizioni emerse in questi mesi”.

Le contraddizioni sono, evidentemente, quelle che hanno agitato il dibattito poltico: i nomi, i conflitti sul tipo di progetto immaginato, le alleanze. Questioni che i Comitati sperano di superare in nome della continuità e della partecipazione. “Il dibattito ‘politico’ coinvolge una minoranza di persone”, spiega Limonta. “Tutte quelle che io ho incontrato chiedono invece che i processi avviati in questi anni non si fermino. A differenza del 2010, però, il candidato sindaco non sarà più la persona attorno a cui si aggrega un movimento: sarà un candidato ‘collettivo’, che deve partire da ciò che è successo in questi anni e soprattutto dalla straordinaria mobilitazione che i cittadini hanno prodotto. Dovrà rappresentarli. Milano è dei cittadini: la maggior parte di loro non si iscrive ai partiti e cerca nell’attività sul territorio, nei quartieri, il proprio modo per esprimersi a favore di una città. La nostra preoccupazione è questa: fare in modo che il percorso avviato possa proseguire con le caratteristiche che ha avuto in questi 5 anni”.

È possibile immaginare, però, una continuità rispetto a un’esperienza nata in uno scenario politico molto distante dall’attuale, con un Pd che nel frattempo ha virato con sempre più evidenza al centro, tenendo distante la sinistra? “È chiaro che gli equilibri politici devono essere tenuti in considerazione – dice Limonta durante il Microfono aperto – ma è altrettanto chiaro che la maggioranza dei cittadini milanesi che ha affiancato questa amministrazione non si riconosce nei partiti. Bisogna tenerlo presente. Alla fine i cittadini si esprimeranno in basse a un progetto di città, non all’appartenenza a questo o quel partito”.

Ultimo punto: i nomi. Come detto, i Comitati non ne fanno. Su quelli che sono già in campo o aleggiano, Paolo Limonta tuttavia non rifiuta di dare un parere. A cominciare da Giuseppe Sala, che Limonta boccia usando una metafora: “Le scuole non hanno bisogno dei presidi manager voluti dal governo, ma di presidi che abbiano insegnato e conoscano bene le dinamiche che si sviluppano all’interno della scuola. Dove arrivano presidi manager, i danni agli studenti sono enormi”. Tradotto: “Sala ha fatto il manager e può continuare a farlo, ma Milano ha bisogno di un sindaco politico, non di un sindaco-manager”. Un ascoltatore chiama in causa gli altri due candidati Pd già in campo, Emanuele Fiano e Pierfrancesco Majorino, definendoli troppo deboli. “Non sono d’accordo”, risponde Limonta. “Chi, come loro, ha deciso di candidarsi costituisce un portato importante. Majorino ha lavorato benissimo come assessore”. Altro nome da sondare è quello che in queste ore sembra sempre più sulla rampa di lancio e nelle simpatie di Giuliano Pisapia: l’assessore al Bilancio e vicesindaco Francesca Balzani. “La ritengo senz’altro un nome molto valido, come qualunque assessore della giunta uscente”, dice Limonta attento a non sbilanciarsi. “Sto lavorando molto bene a contatto con lei, così come con Majorino”. Ne resta un ultimo: il suo, un ascoltatore lo evoca come possibile candidato. Limonta prova con l’ironia: “Abbiamo i sondaggi, avrei vinto troppo facile, quindi abbiamo deciso di evitare”. “In realtà – prosegue – fare il sindaco significa rinunciare a tutte le altre attività. Io non intendo rinunciare alla mia di maestro, con i bambini, che continuano a insegnarmi un sacco di cose in più degli adulti”.

Ascolta il Microfono aperto con Paolo Limonta

Milano: un candidato che venga dalla giunta?

  • Autore articolo
    Massimo Bacchetta
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    C’è un tesoro in Italia, ambito da sempre, ed è il tesoro delle Assicurazioni Generali. Chi comanda a Trieste, comanda su un pezzo importante del paese. Per 70 anni il tesoro delle Generali è stato controllato da Mediobanca, che una volta era il salotto del capitalismo familiare italiano e oggi è una solida banca milanese. Nell’ultimo anno, grosso modo, due capitalisti nostrani, non si sa se anche coraggiosi, Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Francesco Milleri, hanno portato a termine il colpo del secolo: con un’operazione di scambio di azioni – e con il concorso esterno del MPS, fino a qualche mese fa banca di stato - hanno cacciato i vecchi azionisti dagli uffici di piazzetta Cuccia a Milano (Mediobanca) e al loro posto ci hanno messo se stessi più alcuni amici, e amici di amici. In questo modo l’immobiliarista e editore Caltagirone, insiene al socio un po’ litigioso degli eredi Luxottica, hanno preso il controllo di Mediobanca. E lo hanno fatto con l’aiuto del MPS, banca pubblica privatizzanda. Preso il controllo di Mediobanca, i “nostri” Caltagirone&Soci hanno cominciato a vedere terra, la costa triestina, la casa mitteleuropea di Generali. Ora, su tutta questa operazione – sommariamente sintetizzata – qualcosa non ha funzionato. La Procura di Milano sta indagando per il mancato rispetto di alcune sostanziose formalità da codice penale: il “concerto” non previsto, il rispetto del “mercato” e delle autorità di controllo. Aspettiamo fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso, mentre la politica rivendica i propri meriti, giusti o sbagliati che siano. Pubblica oggi ha ospitato il giornalista e saggista Vittorio Malagutti (Domani) e il senatore del Pd Antonio Misiani.

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