Approfondimenti

Sette libri per le vacanze di fine anno

Nel corso di Sabato Libri del 10 dicembre, Francesco Cataluccio, scrittore e saggista, ha dato sette consigli di lettura per le prossime vacanze di fine anno.

Eccoli.

Jan Brokken, Il giardino dei cosacchi (Iperborea), trad. Claudia Cozzi, Claudia Di Palermo, pp. 416, euro 18,50

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Il racconto, documentatissimo, delle disavventure dello scrittore Fëdor Michajlovič Dostoevskij, a partire dalle sua finta fucilazione nel 1848, con l’accusa di aver complottato contro lo zar. A quella macabra farsa, che alterò il suo equilibrio psichico, assistette il ventenne barone russo di origini baltiche Aleksander von Wrangel. Si ritroveranno, su opposti fronti, nell’esilio in Siberia. Ne nascerà una grande amicizia… Jan Broken è l’autore anche di un notevole e ricco reportage sui paesi baltici, Anime baltiche (Iperborea 2014) e una toccante biografia del pianista Jurij Egorov: Nella casa del pianista (Iperborea 2011).

Ferenc KarinthyTempi Felici (Adelphi), trad. Laura Sgarioto, pp. 124, euro 12.00

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Un libretto fantastico e divertente dello scrittore ungherese Ferenc Karinthy (1921-1992), autore del già straordinario Epepe (1999; Adelphi, 2015). Il protagonista, Józsi Beregi, un giovane ebreo appassionato di calcio, in fuga dai tedeschi e dalle famigerate Croci Frecciate, nella Budapest del dicembre 1944, con le truppe sovietiche ormai alle porte, passa da un’avventura sessuale all’altra con donne che lo nascondono, proteggone e, soprattutto, sfamano. Così la tragedia (che vide il massacro di 600.000 ebrei ungheresi) passa sullo sfondo della Storia, e ciò che ha il sopravvento è la risata, che raggiunge il culmine quando Józsi si salverà seducendo la popputa crocefrecciata che lo ha arrestato e lo sta conducendo al Danubio (dove gli ebrei venivano legati due e due e, per non sprecare colpi, gettati assieme nelle acque ghiacciate): suadente e maliardo, le dice che la immagina in sottoveste nera, annusa da esperto il suo profumo, e così finisce a letto nella calda e ben approvigionata casa di lei… Mentre leggevo Tempi felici un po’ mi vergognavo delle mie risate, perché il contesto nel quale si svolgeva la vicenda era decisamente tragico. Ma la spensieratezza sessuale del protagonista è talmente forte da suscitare un’ammirata ilarità. Questo libro mi ha fatto tornare in mente un romanzo della letteratura italiana parecchio trascurato: Una donna al giorno di Giovanni Comisso (pubblicato nel 1949; oggi: Neri Pozza editore, Vicenza 1996).

David Wootton, La scintilla della creazione. Come le invenzioni dell’uomo hanno cambiato il mondo (il Saggiatore), trad. Valeria Gorla, pp. 872, euro 42,00

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La cultura italiana è purtroppo ancora assai diffidente verso la scienza e non ha saputo prendere pienamente coscienza di quanto le scoperte scientifiche abbiano cambiato le nostre vite materiali, la nostra visione del mondo, la consapevolezza di noi stessi. Con uno stile appassionato ed elegante, e un ricchissimo repertorio di illustrazioni, David Wootton, che insegna Storia all’Università di York, ci fa rivivere la meraviglia della scoperta di una stella o di una via navigabile, il coraggio e l’ostinazione dei grandi innovatori, gli Eureka! che hanno cambiato il mondo. La Rivoluzione scientifica è stata la più importante rivoluzione della storia umana. Wootton ci accompagna tra i secoli e i continenti per esplorare le tappe che hanno portato alla nascita della scienza moderna: una svolta epocale cui diedero impulso la stampa a caratteri mobili, la scoperta dell’America, i progressi dell’astronomia, l’intuizione della pittura prospettica, e il cui sviluppo fu segnato da invenzioni in grado di moltiplicare le capacità umane, come l’orologio, il microscopio e il telescopio, il termometro, fino alle macchine a vapore da cui prese avvio l’industrializzazione.

Ella Frances Sanders, Tagliare le nuvole col naso (Marcos y Marcos), trad. Ilaria Piperno, pp. 120 , euro 16,00

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Un divertentissimo libro illustrato, per lettori piccoli e grandi, dell’autrice del fortunato Lost in traslation (Marcos y Marcos, 2015). Anche questo libro ci racconta dei modi di dire nelle varie lingue. “Taglia le nuvole col naso” (serbo): Se tagliate le nuvole col naso allora siete tronfi, compiaciuti, addirittura vanitosi. L’idea dunque è che: A) ve ne andiate in giro con il naso all’insù e B) abbiate un’opinione talmente elevata di voi stessi da essere arrivati all’altezza delle nuvole. È bizzarro e meraviglioso allo stesso tempo accostarsi alle espressioni idiomatiche di altre lingue, e il serbo ne ha di bellissime, per esempio “Non sono caduto da un pero” (Nisam pao s kruške), l’equivalente di “Non sono nato ieri”; o “Quando l’uva cresce sui salici” (Kad na vrbi rodi grožd-e), che corrisponde all’espressione inglese “When pigs fly” (Quando volano i maiali). Quante volte, a una festa, ci siamo sentiti come un polpo in un garage? E la volta che ci siamo innamorati come un calzino del postino? 
Dal Ghana alla Finlandia, dall’India alla Colombia, gli esseri umani esultano, fanno troppe cose allo stesso tempo, perdono il filo del discorso, si desiderano ardentemente.
 Cambiano solo le immagini, le frasi per esprimerlo con calore e fantasia. I modi di dire raccolti in questo libro donano associazioni nuove a emozioni eterne, svelando qualcosa degli altri e qualcosa di noi; e nuove pianticelle fioriranno nel campo magnifico degli incontri e delle differenze.

W.H. Auden, Poesie scelte (Adelphi), trad. di Massimo Bocchiola e Ottavio Fatica, pp. 899, euro 70,00

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Il poeta inglese Wystan Hugh Auden è stato una delle voci più intense e profonde del Novecento. Il poeta russo premio Nobel, Josif Brodskij, che appena riuscì a emigrare in Occidente volle per prima cosa conoscerlo, diceva: “Gli devo quasi tutto: la metrica, la forma. Alcuni suoi versi letti nel 1962 mi hanno fatto capire che la forma è importante quanto il contenuto e ho cercato di imitarlo. Spesso penso di essere lui (mi chiuderanno in un manicomio?)”. In questa raccolta, che copre l’intero arco dell’opera di Auden, si possono troverà tutte le sue poesie più celebri (riproposte in nuove o rinnovate traduzioni), ma anche scoprire un giacimento di grandi e piccoli tesori, quali si possono celare in un corpus di testi capace di ravvivare o reinventare all’occorrenza ogni forma della tradizione: dall’apocalittico all’arcadico, dal propagandistico al meditativo, dall’ironico al sentimentale, passando dalle antiche saghe islandesi a Dante, a Shakespeare, per approdare infine a Goethe. Una produzione poetica che non ha eguali – per varietà, ricchezza e qualità – in tutto il Novecento.

Gianni Celati, Romanzi e racconti (Meridiano Mondadori), pp. 1984, Euro 80,00

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I Meridiani Mondadori, agli inizi, si occupavano soltanto di autori non più viventi, per i quali era possibile valutare complessivamente l’opera e il valore. Da diversi anni, purtroppo, si è cominciato a celebrare autori ancora in vita. Ma in qualche caso, come per il Meridiano dedicato a Giani Celati, un moralista bizzarro e malinconicamente allegro, uno più grandi scrittori italiani del dopoguerra, il vero erede di Italo Calvino, non si può che essere felici dell’opportunità che ci viene offerta di avere tutte assieme le sue straordinarie storie (con l’augurio che campi ancora a lungo e ne scriva ancora di così belle). Il Meridiano Celati, curato perfettamente da Marco Belpoliti e Nunzia Palmieri, percorre l’intera produzione narrativa di Celati. Si apre con i romanzi nati nel solco dello sperimentalismo: Comiche (1971) – accompagnato da una parziale riscrittura – e la trilogia dei Parlamenti buffi, viaggio nei generi del romanzo e nelle potenzialità espressive della lingua italiana. Seguono le novelle, da Narratori delle pianure a Quattro novelle sulle apparenze, le prose di viaggio, i racconti usciti di recente nei Costumi degli italiani. La cronologia ricostruisce la vita di questo irregolare delle lettere; le note ai testi spalancano al lettore il laboratorio di uno scrittore assai originale e divertente che, attraverso i suoi matti e bizzari personaggi, ha raccontato la sua ribellione individualistica, adolescenziale, alle regole sociali.

Enzo Traverso, Malinconia di sinistra (Feltrinelli), pp. 256, euro 25,00

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La sinistra ha dalle sue origini una malattia che è la sua debolezza ma anche la sua forza: la nostalgia di un’età dell’oro, una felicità primordiale della quale parlava Rousseau, alla quale bisogna cercare di tornare. La tesi di Enzo Traverso, uno dei migliori storici italiani (è professore della Cornell University di Ithaca, NY), studioso dei totalitarismi e della violenza nazista (da Feltrinelli ha pubblicato già: Il secolo armato e La fine della modernità ebraica), è che l’eclissi delle utopie abbia lasciato sempre più spazio alla malinconia, una sorta di struggimento per le sconfitte subite, di memoria dolente per le occasioni perdute, di infinita tristezza per i vinti nella storia. Ma questo stato d’animo – sostiene Traverso – è parte della storia della sinistra: se prima veniva occultato dall’assalto al cielo, ora in assenza di una prospettiva futura è destinato a occupare tutta la scena. Le sconfitte portano alla malinconia per un Paradiso che appare ancora una volta irraggiungibile, ma “fortificano” i militanti nella loro critica e opposizione del mondo presente.

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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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