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Francia: “Mai più in silenzio”

“Siamo state ministre. Siamo ancora o siamo state in politica. E come tutte le donne che entrano a far parte di ambienti prima esclusivamente riservati agli uomini, abbiamo dovuto subire e lottare contro il sessismo. Non spetta alle donne dover adattarsi a questi ambienti, ma sono i comportamenti di certi uomini che devono cambiare”. Adesso è troppo. L’impunità è finita. Non resteremo più in silenzio”.

Queste le parole di 17 ex ministre della Repubblica francese che, sul Journal du dimanche, hanno voluto lanciare un appello contro il sessismo. Adesso sono pronte a raccontare quello che hanno taciuto per troppo tempo.

L’appello arriva qualche giorno dopo le accuse e l’inchiesta per molestie sessuali nei confronti dell’ex vicepresidente della Camera, Denis Baupin, per dare voce a tutte coloro che finora hanno taciuto e invitare a denunciare “sistematicamente tutte le osservazioni sessiste, i gesti fuori luogo, i comportamenti inappropriati”.

Il sessismo è ovunque, in qualsiasi ambiente, dalle aziende alle università, dai media alla politica, in forme più o meno eclatanti. “Non si può dire a una donna, qualunque sia il suo status, che sia impiegata, studente, disoccupata, casalinga o politica, a proposito di una collega: ‘A parte un seno magnifico, che tipo è’. Non possiamo dirle con toni osceni: ‘La tua gonna è troppo lunga, bisogna accorciarla’ oppure ‘Porti un perizoma?’”, così riferiscono le ministre nell’appello.

“Ci siamo impegnate in politica per motivi diversi, difendiamo idee diverse, ma condividiamo tutte la volontà che il sessismo non trovi più spazio nella nostra società”, aggiungono. Per questo motivo, le firmatarie, tra cui figura anche Christine Lagarde, la direttrice del Fondo Monetario Internazionale (FMI), invitano “tutte le vittime di molestie sessuali e aggressioni a parlare e a sporgere denuncia”.

“Chiediamo ai nostri partiti e ai nostri gruppi politici di verificare se sono stati commessi questi atti e, in quel caso, di aiutare le vittime a far venire a galla la verità”. Oggi ci sono gli strumenti giudiziari, ma le leggi non sono applicate come si deve”, lamentano le ministre sul Journal de dimanche.

“Il codice del lavoro protegge le donne impiegate, ma non viene rispettato. Sono poche le donne che sporgono denuncia e ancor meno le denunce che diventano condanne”, concludono le ex ministre che avanzano, inoltre, alcune proposte come “l’allungamento dei tempi di prescrizione per il reato di molestie o la possibilità per le associazioni competenti di denunciare al posto delle vittime”.

Le 17 ex ministre approfittano, così, del via libera dato dal caso Baupin, segno che le donne sono stanche di nascondersi e che c’è grande desiderio di cambiamento.

Le firmatarie dell’appello:

Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale

Roselyne Bachelot, ministra della Sanità e dello Sport nel governo Sarkozy

Michelle Demessine, segretaria di Stato al Turismo nel governo Jospin

Cécile Duffot, ministra della Giustizia Territoriale e degli Alloggi nel governo Ayrault

Elisabeth Guigou, Guardasigilli e ministra dell’Impiego e della Solidarietà sociale nel governo Jospin

Aurélie Filippetti, ministra della Cultura e delle Comunicazioni nel governo Ayrault

Chantal Jouanno, ministra dello Sport nel governo Fillon

Nathalie Kosclusko-Morizet, ministra dell’Ecologia, dello Sviluppo Sostenibile, dei Trasporti e dell’Edilizia nel governo Fillon

Marylise Lebranchu, ministra nei governi Jospin, Ayrault e Valls

Corinne Lepage, ministra dell’Ambiente nel governo Juppé

Monique Pelletier, ministra nel governo Barre

Fleur Pellerin, ministra della Cultura e delle Comunicazioni nei governi Ayrault e Valls

Valérie Pécresse, ministra del Budget, dei Conti pubblici e della Riforma dello Stato e portavoce nel governo Fillon

Yvette Roudy, ministra dei Diritti della donna nei governi Mauroy e Fabius

Catherine Trautmann, ministra della Cultura e delle Comunicazioni nei governi Rocard e Jospin

Dominique Voynet, ministra della Gestione del territorio e dell’Ambiente nel governo Jospin

Rama Yade, ministra dello Sport nel governo Fillon

  • Autore articolo
    Simona Saccaro
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    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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