Approfondimenti

“Senza Pisapia sinistra disunita”

Cinque giorni alle Primarie del centrosinistra a Milano. Nuova occasione di confronto tra i candidati e gli ascoltatori di Radio Popolare. Oggi tocca a Giuseppe Sala.

L’uomo di Expo partecipa per un’ora al Microfono aperto. L’elenco di domande è lungo: profilo personale, progetto politico, sistema di alleanze, priorità, problemi da affrontare, progetti. Sala risponde con il suo stile solito: pochi giri di parole e tono pragmatico. Anche se più di un’evasività emerge. “Su questo non ho ancora un pensiero chiaro” ammette qualche volta, “vedremo” dice qualche altra, “tra pochi giorni deciderà la gente con il voto” dice qualche altra ancora.

La questione politica più sensibile resta quella della visione generale e del sistema di alleanze. Sala mantiene la linea di queste settimane: restare fuori dalle vicende nazionali e provare a rassicurare su una continuità nell’esperienza milanese. “Io non tiro alcuna volata al Partito della Nazione e non prevedo allargamenti all’NCD. Più di così non so cosa dire, io tiro la volata a Milano” dice l’ancora commissario di Expo. Si scalda un po’ sul recente attacco di Francesca Balzani, a proposito dell’endorsement dedicatogli da Denis Verdini. Sala contesta addirittura di doverne prendere le distanze. “L’attacco è vergognoso – dice – Verdini non lo conosco. A lui non mi sono mai avvicinato: perché mai ora me ne dovrei ‘allontanare’?”

Previsioni sull’affluenza alle Primarie (“60 mila sarebbe un buon risultato” dice) e rivendicazione delle proprie caratteristiche “vincenti” (“sul profilo internazionale di Milano la giunta Pisapia ha fatto qualcosa, io penso di poter fare di più”): il confronto tocca più di un tema. E’ anche l’occasione per provare a puntualizzare alcune delle proposte avanzate finora, come quella di spostare il carcere di San Vittore. Un’uscita che ha già provocato più di una reazione e forse qualche ripensamento. “Ho sollevato il problema perché alla base c’è una condizione non dignitosa dei detenuti” spiega Sala. “Se esiste la possibilità di ‘rigenerare’ il carcere anziché spostarlo, facciamolo. Altrimenti bisogna porsi il problema. Io non lo so, ma i tempi di una discussione devono essere limitati”. Quanto limitati? “Non più di un anno”. A cosa destinerebbe l’area del carcere, eventualmente? “Non ho ancora un progetto”. Potrebbe essere un luogo dedicato alla memoria? “Un parco dedicato alla Memoria ci può stare, non fa mai male”.

I conti di Expo restano un tema caldo. Sala ne rivendica da sempre la correttezza e l’impossibilità di snocciolarli fino alla chiusura formale del bilancio, a fine marzo. Alla domanda se non ritenga tuttavia azzardato esporre il centrosinistra a possibili imbarazzi politici, nel caso in cui i numeri evidenziassero scelte contestabili, Sala taglia corto: “Direi di no. Non vedo perché il bilancio di Expo sia un problema, quando il Comune non ha presentato il suo sul 2016. Comunque tra pochi giorni si vota e la gente deciderà”.

Un po’ acrobatico ma forse sintomatico, invece, il ragionamento sulle continuità o discontinuità con la stagione arancione della Giunta Pisapia. “Diciamolo chiaro – afferma Sala – Giuliano Pisapia è l’unico che è riuscito a tenere insieme tutta la sinistra e l’unico che poteva farlo, ricandidandosi. L’ho detto mesi fa. Ma se ora lui mi accusa di non tenere insieme tutta la sinistra, allora gli chiedo: chi la terrebbe insieme? Balzani? Majorino? E’ veramente difficile”. Sono parole che suonano come l’ammissione di un voltapagina definitivo, in una lunga stagione politica milanese. Giuseppe Sala prova ad ammorbidirle in extremis: “La stagione arancione non è chiusa, perché non si può chiuderla in un perimetro di maglie e colori. Prosegue, attraverso il lavoro che è stato fatto e che proseguirà. E a cui io darò il mio apporto”.

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Microfono aperto con Giuseppe Sala

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    Massimo Bacchetta
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    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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