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Sceneggiatori e attori, ancora scioperi

sceneggiatori e attori

C’è un unico modo di cominciare la nuova stagione di questa rubrica sulle serie tv, ed è parlando ancora di scioperi: quando ci siamo lasciati, lo scorso giugno, gli sceneggiatori avevano incrociato le braccia da circa due mesi, e nel corso dell’estate lo scontro sindacale non ha fatto altro che intensificarsi e ampliarsi. Soprattutto perché, a metà luglio, alla protesta degli scrittori si sono aggiunti gli attori, ovvero il sindacato SAG-AFTRA: che comprende quasi 120 mila membri attivi (quelli della WGA, la gilda degli sceneggiatori, sono circa 22 mila) e conta tra le proprie fila tutte le maggiori star di Hollywood.

Se lo sciopero degli sceneggiatori aveva portato all’interruzione della lavorazione di film e serie in pre produzione o la cui fase di scrittura era incompleta, quello degli attori ha fatto chiudere non solo anche i set ancora aperti, ma ha pure bloccato ogni attività stampa e promozionale riguardo ai titoli già pronti per la distribuzione. Si è parlato a lungo di una Mostra di Venezia senza divi, anche se qualcuno c’era: quelli che appartenevano a produzioni indipendenti accordatesi a parte con i sindacati, e non affiliate ai giganti della comunicazione e dell’intrattenimento come Disney, Warner, Netflix, Paramount, etc. contro cui si svolge lo sciopero.

Per quanto riguarda le serie tv e la tv in generale, ora che la nuova stagione del piccolo schermo prende ufficialmente inizio, come da tradizione post estiva, i primi effetti della mobilitazione iniziano a farsi sentire. Per esempio, è stata rimandata – per ora addirittura a gennaio – la cerimonia di premiazione degli Emmy, il corrispettivo degli Oscar per la tv, che si svolge sempre a settembre come “inaugurazione” della nuova stagione: le nomination – che vedono il dominio di HBO con Succession, The White Lotus e The Last of Us – sono state annunciate solo due giorni prima che gli attori proclamassero lo sciopero; lo slittamento della cerimonia è un fatto più simbolico che altro, ma molto più tangibili sono gli effetti su show già pronti ma “congelati” in attesa di tempi migliori, e soprattutto su serie che stavano nel limbo della preproduzione, o sull’orlo di un rinnovo, e che invece vengono cancellate senza appello, così come vengono sospesi accordi a lungo termine con autori e showrunner.

Negli ultimi giorni, con sempre più star a popolare i numerosi picchetti a Los Angeles e a New York e a fare generose donazioni ai fondi per aiutare autori e attori in bancarotta, ha fatto scalpore la decisione di Drew Barrymore di tornare in onda con il proprio talk show: in teoria non avrebbe direttamente contravvenuto alle regole dei sindacati, ma in pratica la sua scelta è stata vista come una totale mancanza di solidarietà con i colleghi in sciopero, e le proteste sono state tali che l’attrice-conduttrice è tornata sui propri passi.

Al momento, se le piattaforme streaming hanno ancora una riserva considerevole di contenuti con cui riempire i propri cataloghi e, soprattutto, possono contare sulle produzioni internazionali non hollywoodiane, ai canali televisivi tradizionali restano solo lo sport, le news e i reality – e anche nel mondo di questi ultimi stanno iniziando le mobilitazioni per una sindacalizzazione finora pressoché assente. E non sono gli unici: altri settori dell’intrattenimento, come gli animatori e i responsabili degli effetti speciali (altra categoria sfruttata e sottopagata negli ultimi anni da un’industria sempre più dipendente dagli effetti digitali) hanno votato per affiliarsi a un sindacato.

E anche al di fuori del mondo di cinema e tv, l’effetto sembra contagioso: al momento è in corso pure uno sciopero dei lavoratori del settore automobilistico, e anche i Teamsters, gli autotrasportatori, stanno minacciando uno stop (un recente accordo dell’ultimo minuto ha evitato che si fermassero gli autisti dell’UPS), mentre si parla di nuovo della possibilità di sindacalizzare i lavoratori dei magazzini Amazon. Cos’hanno in comune gli attori di Hollywood (dei suoi 120 mila membri, ricordiamolo, meno del 5% è ricco e famoso) e gli operai di Detroit? Un sistema che, negli ultimi anni, ha visto crescere esponenzialmente gli introiti per i dirigenti e diminuire fino all’impossibilità di sussistenza le paghe dei lavoratori, in un’evoluzione del mercato finanziario che impone una crescita costante ai primi, che può avvenire però solo a discapito del sostentamento e dei diritti dei secondi, e tutto spesso alla mercé di algoritmi inumani e impersonali. Le trattative, per ora, sono ancora bloccate: vi terremo aggiornati.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    1) “Il mondo non deve lasciarsi ingannare: a Gaza il genocidio non è finito”. Il nuovo rapporto di Amnesty International ci chiede di non voltare la faccia dall’altra parte. (Riccardo Noury - Amnesty Italia) 2) Negligenza e corruzione. Cosa c’è dietro l’incendio del complesso residenziale di Hong Kong costato la vita a decine di persone. (Ilaria Maria Sala, giornalista e scrittrice) 3) Stati Uniti, l’attacco di Washington potrà avere effetti a lungo termine sulle politiche migratorie dell’amministrazione Trump e sulla vita di migliaia di migranti. (Roberto Festa) 4) Francia, dall’estate 2026 torna il servizio militare volontario. Il presidente Macron ha annunciato oggi quello che sembra più che altro un segnale politico e strategico. (Francesco Giorgini) 5) Spagna, una marea di studenti e professori in piazza a Madrid contro i tagli alle università pubbliche. La regione della capitale, guidata dalla destra, è quella che spende meno per gli studenti in tutto il paese. (Giulio Maria Piantedosi) 6) World Music. Entre Ilhas, l’album che celebra diversità e affinità musicali degli arcipelaghi della Macaronesia. (Marcello Lorrai)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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