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“Clinton candidata di Wall Street”

Bernie Sanders all’attacco. Hillary Clinton sulla difensiva, costretta più volte a giustificare le sue scelte e azioni, soprattutto i suoi rapporti con Wall Street. È il copione che è andato in scena ieri sera nel dibattito televisivo a Derry, New Hampshire. Organizzato da CNN a sei giorni dalle primarie, nella forma del town hall meeting, quindi con domande del pubblico, l’incontro è stato anche un modo per sperimentare aspetti più privati, non spesso raccontati, dei due candidati.

Ad attaccare è stato quasi subito Sanders, che ha colpito dove la Clinton è più scoperta, almeno di fronte alla sinistra democratica: “Non conosco nessun progressista che abbia un super PAC e prenda 15 milioni da Wall Street”, ha spiegato Sanders. Il quale ha poi aggiunto: “Il voto chiave in politica estera della storia americana moderna è stato quello sulla guerra in Iraq. La comunità progressista si è trovata piuttosto unita nel dire, ‘Non ascoltate Bush. Non andate in guerra’. La Clinton ha votato per la guerra”.

La risposta della Clinton è apparsa debole. Prima ha spiegato che nessuno può accusarla di aver ammorbidito le sue posizioni nei confronti Wall Street per il denaro preso. Poi ha rilanciato, chiedendo con che diritto Sanders si eleva a “custode” del progressismo. “Secondo i suoi standard – ha ribattuto la Clinton – non sarebbero progressisti nemmeno Barack Obama e Joe Biden”. “So da che parte sto”, ha continuato, come a dire che lei non deve prendere lezioni da nessuno. E “da che parte sta” la Clinton lo ha ricordato poco dopo, quando ha accennato a uno dei temi che hanno segnato la sua vita pubblica dai tempi in cui era first-lady: e cioè la “cospirazione della destra” nei suoi confronti; l’odio che vasti settori dei repubblicani hanno provato e continuano a provare per il suo modello di donna e politica.

Un altro punto a favore Sanders l’ha segnato sulla questione della sanità, che lui vorrebbe gratuita e universale. Un uomo del pubblico, che si è presentato come Chris, ha detto di guadagnare 41 mila dollari all’anno e ha chiesto spiegazioni sull’aumento di tasse per la classe media che Sanders prevede. “Adottando il Medicare For All, la sanità universale per tutti – gli ha risposto Sanders – Chris pagherà 500 dollari di più all’anno in tasse, ma risparmierà circa 5000 dollari all’anno, non dovendo più pagare il premio per l’assicurazione”. Anderson Cooper, il moderatore, ha allora chiesto a Chris: “Sei soddisfatto?”. E Chris ha risposto: “Se risparmio sul premio assicurativo, sono contento di pagare più tasse”.

In generale, il senatore Sanders è apparso rilassato. Ha ammesso di essere l’outsider, contro la favorita Clinton, ma ha scommesso sul fatto di poter vincere a un’elezione generale contro un repubblicano. Ci sono stati anche momenti privati, rari nelle occasioni in cui Sanders parla di politica. Quando, per esempio, ha scherzato sull’attore Larry David, che lo imita; o quando ha ricordato la famiglia, moglie, figli, nipoti, che sono la cosa per “di cui va più orgoglioso”; o ancora quando ha detto che la sua religione è “del tutto personale”, è un fatto soprattutto: “che noi tutti viviamo insieme”. Più legata invece la Clinton, fissata su un tema, quello del “realismo” e del “pragmatismo” della sua proposta, che sottrae alla sua narrativa di candidata un elemento più caldo e ispirato.

Ci sono stati momenti di difficoltà per entrambi i candidati. Sanders è uscito male dalla domanda che gli ha posto un sopravvissuto alle bombe della maratona di Boston. Alla questione, “cosa fare contro il terrorismo”, il senatore del Vermont ha risposto lanciandosi in una lunga e piuttosto inefficace lista di cose da fare: intervento sul terreno da parte delle truppe dei Paesi arabi; maggior comunicazione tra le agenzie del governo federale; controlli sui migranti. È sembrato, in certi momenti, un arrampicarsi sugli specchi. Da questo punto di vista molto più efficace, almeno in certi settori di elettorato, la risposta della Clinton, che non ha escluso “un allargamento della presenza militare” degli Stati Uniti nel mondo.

L’ex-segretario di Stato se l’è vista brutta in almeno due momenti. Anzitutto, quando un malato terminale per un cancro al colon le ha chiesto cosa pensa dell’eutanasia. Qui la Clinton si è nascosta dietro una frase che usa spesso, “Iniziamo una conversazione sul tema”; ha detto di voler leggere la letteratura medica, scientifica e religiosa, per poi dover ammettere di non avere una risposta chiara da dare. Altro momento non facile è stato quando la Clinton ha dovuto giustificare le parcelle, più di 600 mila dollari, accettate da Goldman Sachs per tre discorsi. “È quello che mi hanno offerto”, ha spiegato, alzando le spalle.

Il dibattito televisivo arriva a pochi giorni dal voto in New Hampshire. Favorito nei sondaggi è Sanders, che nell’ultimo rilevamento CNN avrebbe il 55 per cento dei voti, contro il 37 per cento della Clinton. Il New Hampshire confina del resto con il Vermont, lo Stato dove Sanders ha la sua base elettorale. Il senatore resta comunque particolarmente popolare in tutti gli Stati del Nord-Est. Per lui le cose si faranno più complicate quando la battaglia si sposterà nel Sud e nel Midwest, dove invece la Clinton è la grande favorita. Una vittoria molto larga di Sanders in New Hampshire potrebbe però creare un effetto a catena dagli esiti inaspettati, e potenzialmente pericolosi, per la Clinton.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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