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Salvini arruffapopoli, ma il popolo non c’è

E’ arrivato poco dopo le 11, “fatemi parlare con gli abitanti della zona non con i giornalisti”. Ma ad aspettare Matteo Salvini fuori dalla Caserma Montello di Milano c’erano più giornalisti e militanti della Lega che cittadini della zona. Il quartiere oggi non c’era. Gli animatori dei comitati “Caserma Montello ai milanesi” e “No profughi alla caserma Montello” sono rimasti a distanza, sotto al gazebo in piazza Firenze, a raccogliere le firme contro l’uso della caserma per i migranti.

“Siamo a quota quattromila” ci dice Massimiliano Baglioni, un tempo giovane militante del Pci, qualche mese fa candidato con la lista civica di centrodestra per Stefano Parisi sindaco e oggi tra i più attivi del comitato. “Salvini ha fatto il suo show”, ci dice. “Noi siamo qui per difendere la Montello e tutelare la legalità: questa caserma ha un’altra destinazione d’uso, la cittadella della polizia”.

Un signore che si avvicina al banchetto per firmare ci dice che il vero razzismo è ammassare 300 immigrati in una caserma senza fargli fare nulla. “Poi staranno tutto il giorno al parchetto, e i nostri bimbi dove andranno?”.

Ad applaudire Salvini c’erano i militanti della Lega, una cinquantina, affiancati da una delegazione di Fratelli d’Italia guidata da Ignazio La Russa e Paola Frassinetti.

lega fratelli d'italia

Una macchinata di militanti è arrivata da Rho, dove la Lega e il sindaco del Pd Pietro Romano sono riusciti a impedire che l’ex campo base di Expo fosse utilizzato per l’accoglienza dei migranti. E’ stata la mossa del cavallo per il presidente della Lombardia, il leghista Roberto Maroni, che in un colpo solo ha incassato una vittoria su Rho e aperto un fronte anti migranti dentro alla città di Milano.

La destra milanese sta cercando di cavalcare e alimentare questa protesta, e il legame tra comitati e centrodestra è evidente. L’interrogazione comunale della consigliera di Forza Italia Silvia Sardone che sarà discussa appena riprenderanno i lavori dopo la pausa estiva, è stata scritta insieme ai portavoce del comitato.

L’arruffapopoli Salvini ha chiamato i militari alla disobbedienza civile, “aspetto il giorno in cui scenderanno in piazza anche loro”. Lui che il servizio militare l’ha fatto proprio qui alla Montello, vent’anni fa. “Sono pronto a tornare a dormici qualche notte se sarà necessario” la spara alta Salvini. E giù applausi e selfie col capitano. “Vogliamo la polizia non i clandestini” ci hanno ripetuto i militanti del carroccio.

Questa alcune voci dei leghisti che hanno partecipato al presidio:

Vox leghisti

 

leghistiSalvini leghisti 1

Tra loro c’era anche il consigliere di municipio 8 Stefano Pavesi, militante dell’organizzazione neofascista Lealtà e Azione, eletto con la Lega Nord.

Tra guardie e ladri sappiamo da che parte stare”, dice Salvini. E i ladri sono sono ovviamente i migranti, ma “in caserma devono starci miliari e poliziotti”. Lo show di Salvini è proseguito con l’entrata nella caserma trasmessa in live streaming su facebook. All’uscita ha riportato ai cronisti quanto i militari gli avrebbero detto: “L’ordine da Roma è di sgomberare la caserma entro il 30 ottobre”. Dentro al momento ci vivono circa 300 persone tra militari e familiari.

Salvini citofona
Salvini in diretta facebook citofona per entrare nella caserma

Il segretario della Lega si aspettava qualche cittadino in più, lo dice a margine ai suoi. “Ma capisco anche che sono le h11 di martedì”. La sensazione, fermandosi al gazebo, è che sarà nei volantini lasciati nelle buche delle lettere e negli androni dei palazzi, nella “socialità da gazebo” che si crea attorno al presidio permanente che potrà crescere davvero la protesta.

“Matteo non ci abbandonare” hanno urlato i militanti leghisti al loro leader. Che li ha rassicurati, “vi chiederemo di esserci, magari bloccando qualche strada, perché sennò la prendiamo sempre in saccoccia”.

Visto quanto la destra milanese sta cercando di usare questa vicenda, della Caserma Montello sentiremo ancora parlare.

 

  • Autore articolo
    Roberto Maggioni
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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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