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Sala Parisi: la vigilia dello scontro

Nella sua ultima intervista a Radio Popolare, sabato scorso, Giuliano Pisapia non ha nascosto la preoccupazione: “Questa città è diventata affascinante, è ormai al centro del mondo e il rischio è di lasciarla in mano al centrodestra -ha detto- ma credo che se sapremo lavorare bene in questa ultima settimana non lo faremo”.

Giuseppe Sala e il centrosinistra hanno bisogno di un buon risultato al primo turno per presentarsi con più solidità al ballottaggio. Fino a oggi la strategia di Sala è stata quella di guardare soprattutto al centro. Lo ha detto con chiarezza negli studi di via Ollearo, a inizio della campagna elettorale. Sala è stato molto tra le persone, ha girato i quartieri della città, ha ascoltato e si è confrontato.

Quello che è mancato, fino a oggi, è il calore della campagna elettorale del 2011. Erano diversi i contesti: allora Milano usciva da 20 anni di amministrazioni della destra e Pisapia era la speranza del cambiamento. Al governo c’era Berlusconi nella fase declinante e drammatica delle “cene eleganti”. La sinistra era unita, piena di entusiasmo e Milano era considerata il laboratorio per costruire architetture e progetti di portata nazionale.

Cinque anni dopo, il mondo è cambiato: al Governo c’è Renzi, a ottobre ci sarà il referendum sulla Costituzione e il voto rappresenterà probabilmente il momento di massima tensione all’interno del campo che fu il centrosinistra di allora. A Milano Pisapia non si è ricandidato e Giuseppe Sala, dopo avere vinto le primarie, ha puntato molto sulla valorizzazione della sua professionalità di manager. La sinistra non è più unita e i voti si disperdono tra le liste che sostengono Sala, quelle che stanno con Basilio Rizzo e in parte anche nell’area del Movimento 5 Stelle e altrove.

Quanto entusiasmo saprà recuperare Sala negli ultimi sette giorni? Quante “cose di sinistra” dirà, pensando a quei voti in vista del primo turno e guardando al ballottaggio?

A destra, la situazione è inversa: Parisi ha provato, col suo profilo di manager, a smorzare i toni, a nascondere lo scivolamento della coalizione su posizioni sempre più radicali di destra. I centristi sono scomparsi. Forza Italia non si è mai vista così poco. Ha dominato la Lega, ormai un partito di estrema destra. Non solo perché annoveri tra i candidati rappresentanti fascisti di Lealtà e Azione, come denunciato da Radio Popolare. Salvini ha portato il partito nell’area della destra estrema e radicale europea. All’inizio della campagna elettorale, a Milano ha organizzato un convegno internazionale della destra dove i protagonisti sono stati Marine Le Pen e gli austriaci del Fpoe, il partito di Norbert Hofer, la cui elezione a Presidente della Repubblica è stata scongiurata per poche decine di migliaia di voti. In questi giorni tragici in cui centinaia di migranti annegano nel Mediterraneo, Salvini ha urlato al genocidio dei popoli europei causato dai migranti.

Il volto laico di Parisi non può coprire tutto questo. Il centrosinistra, però, sbaglierebbe se pensasse che sia sufficiente la paura della destra di Salvini per vincere a Milano.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Di Cesare: “Sul fascismo c’è una mancanza di vigilanza culturale ed etica”

    Una casa editrice di estrema destra si iscrive alla Fiera nazionale della Piccola e Media Editoria “Più libri, Più liberi”, organizzata dall’Associazione editori italiani. Alcuni intellettuali si chiedono se sia opportuno ospitare pensieri razzisti o apologie del nazismo e come spiega la filosofa e scrittrice Donatella Di Cesare, esperta internazionale di "negazionismo" (l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola “Tecnofascismo”): “Non discutiamo la libertà di pensiero e di pubblicazione per una casa editrice, ma l’idea della Fiera intitolata Più libri, Più Liberi a cui chiediamo se è giusto offrire questa vetrina ulteriore, così emblematica e significativa, dove verranno esposti autori e tematiche che in altri paesi europei come la Germania non sono tollerate”. “In Italia c’è una soglia molto bassa di attenzione, forse perché i temi storici non vengono approfonditi e siamo ancora nella vulgata del rigurgito del passato che ritorna o di temi folcloristici da non prendere seriamente e secondo me è un elemento critico e una mancanza di vigilanza culturale ed etica”. Ascolta l'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli.

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    Pubblica di martedì 02/12/2025

    C’è un tesoro in Italia, ambito da sempre, ed è il tesoro delle Assicurazioni Generali. Chi comanda a Trieste, comanda su un pezzo importante del paese. Per 70 anni il tesoro delle Generali è stato controllato da Mediobanca, che una volta era il salotto del capitalismo familiare italiano e oggi è una solida banca milanese. Nell’ultimo anno, grosso modo, due capitalisti nostrani, non si sa se anche coraggiosi, Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Francesco Milleri, hanno portato a termine il colpo del secolo: con un’operazione di scambio di azioni – e con il concorso esterno del MPS, fino a qualche mese fa banca di stato - hanno cacciato i vecchi azionisti dagli uffici di piazzetta Cuccia a Milano (Mediobanca) e al loro posto ci hanno messo se stessi più alcuni amici. In questo modo l’immobiliarista e editore Caltagirone, insiene al socio un po’ litigioso degli eredi Luxottica, hanno preso il controllo di Mediobanca. E lo hanno fatto con l’aiuto del MPS, banca pubblica privatizzanda. Preso il controllo di Mediobanca, i “nostri” Caltagirone&Soci hanno cominciato a vedere terra, la costa triestina, la casa mitteleuropea di Generali. Ora, su tutta questa operazione – sommariamente sintetizzata – qualcosa non ha funzionato. La Procura di Milano sta indagando per il mancato rispetto di alcune importanti formalità da codice penale: il “concerto” non previsto, il rispetto del “mercato” e delle autorità di controllo. Aspettiamo fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso, mentre la politica rivendica i suoi meriti, giusti o sbagliati che siano. Pubblica oggi ha ospitato il giornalista e saggista Vittorio Malagutti (Domani) e il senatore del Pd Antonio Misiani.

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