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Sala, garantismo bipartisan. Ecco perché

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La parola fine alle tentazioni forcaiole nel centrodestra l’ha pronunciata ieri sera Giorgia Meloni affermando che Sala non si deve dimettere per un avviso di garanzia e deve decidere se andare avanti in base a una sua valutazione politica. Non che si stessero agitando i cappi: perfino la Lega, che il cappio lo portò fisicamente in Parlamento ai tempi di Mani Pulite, si dice garantista.
Dove i toni si differenziano è sulla richiesta di dimissioni. Quelle si che la Lega le ha chieste, e pure Ignazio La Russa ha lanciato un appello al voto. Ecco, la smentita più importante Meloni l’ha fatta al suo presidente del Senato, l’ingombrante Ignazio che regna su Milano in Fratelli d’Italia e vorrebbe fare il king maker del nuovo sindaco di destra. Una presenza, quella di La Russa, che Meloni da quando è a Palazzo Chigi considera ingombrante e di cui farebbe volentieri a meno.
Centrodestra votato al garantismo perché la visione della città sintetizzata nel “modello Milano” è anche la visione del centrodestra, nella sostanza, negli affari, piste ciclabili e Pride a parte. E poi la verità è che se a sinistra sono terrorizzati dall’idea delle prossime elezioni, pure a destra non sono pronti. Trovare una candidatura credibile per una città laica e moderata come Milano non è semplice, nomi estremisti come uno della famiglia La Russa o una pasdaran leghista alla Sardone non si confanno con l’immagine della città, mentre centristi come Lupi fanno litigare gli alleati.
Garantismo anche a sinistra, dove il Pd fa quadrato con il sindaco e la giunta. Dimissioni significherebbero certificato di fallimento. Dopo 15 anni di governo della sinistra, sarebbe una tragedia che andrebbe al di là dei confini della città. Ecco perché non solo il Pd locale ma la segretaria Elly Schlein in persona si sono mossi. Schlein ha chiamato Sala per esprimergli “solidarietà e vicinanza”. A costo di far arrabbiare gli alleati 5Stelle che però, a Milano, contano zero. Casomai la preoccupazione della segretaria è un’altra: smorzare le polemiche interne al suo partito che, se è unito nel difendere il sindaco, lo è meno rispetto alla direzione da prendere, tra chi chiede di cambiare politiche e chi dice “va tutto bene così”.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Gli accampamenti alla Columbia University contro i fondi per Israele in un documentario

    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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