Approfondimenti

Dalla parte giusta della storia

Ospite oggi a Memos lo storico Adriano Prosperi, professore emerito di storia moderna alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

I diritti dei rifugiati, i nazionalismi, la memoria del passato tragico dell’Europa che rischia di svanire. E poi Obama e la cancelliera Merkel. Il 25 aprile italiano con la sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini. Di questo abbiamo parlato con il professor Prosperi cominciando da una dichiarazione del presidente degli Stati Uniti Obama, fatta due giorni fa ad Hannover, in Germania: “Sui rifugiati – ha detto Obama – la cancelliera Merkel è dalla parte giusta della storia”. Proprio così: “dalla parte giusta della storia”.

«Questa espressione di Obama – sostiene il professor Prosperi – può essere interpretata in due direzioni molto diverse tra di loro. Si voleva elogiare il tentativo di apertura politica e sociale fatto da Merkel oppure si voleva apprezzare il suo rapporto con la Turchia? Direi che l’ambiguità è necessaria nelle frasi dei politici. E’ un risarcimento verso Merkel oppure Obama sta giocando delle partite importanti, adesso? Tra queste ultime c’è di sicuro la crisi mediorientale, aperta per gli errori della dirigenza americana e per la debolezza della politica europea interpretata proprio da Merkel. Ci sono anche questioni urgenti che riguardano trattative in corso che Obama vuole chiudere prima della fine del suo mandato, come il Trattato transatlantico (TTIP). La parte giusta della storia – prosegue il professor Prosperi – imporrebbe a Obama delle misure di apertura nei confronti dell’immigrazione messicana e sudamericana diverse da quelle che sono in atto nel suo paese».

Se gli apprezzamenti di Obama verso le politiche di Merkel sono strumentali, l’Europa – da parte sua – sa che sui rifugiati si sta giocando un posto “dalla parte giusta della storia”?

Adriano Prosperi
Adriano Prosperi

«Abbiamo tutti l’impressione – dice il professor Prosperi – che ciò che sta accadendo è una continuazione in altre forme di errori gravi e di delitti enormi che sono stati commessi in Europa in passato. Il ricordo della Liberazione in Italia, come vediamo anche da alcuni media, si è attutito. C’è un nuovismo preoccupante nel vocabolario prevalente della comunicazione politica in Italia. Intanto, vediamo accadere delle cose che ricordano esattamente ciò che accadde allora. Ci vengono in mente le parole di Primo Levi: ciò che è accaduto può accadere ancora. Cosa possiamo fare? Quanto è stato fatto non è abbastanza. L’Europa unita nacque come progetto e come ideale dalla constatazione che l’Europa dei nazionalismi aveva portato per due volte a terribili sacrifici umani. Quel progetto di Europa si è incagliato. Parallelamente al blocco nella costruzione europea, a quella strada sbagliata intrapresa a partire dal 2007 (dal Trattato di Lisbona, ndr), assistiamo alla rinascita della paura, del nazionalismo. Schengen è finita, vengono alzate le barriere tra gli stati e i popoli, tra le persone. Non ci fa più nessun effetto una notizia come quella di quattrocento persone che muoiono annegando. C’è una contabilità funebre dei delitti, terrificante. C’è una pratica in corso che sta corrompendo dall’interno tutti i nostri paesi. Anche laddove i migranti vengono accolti, come in Italia, intorno a loro nasce una specie di malaffare, al di là della generosità di comuni e volontari. E’ una pratica corruttiva che è stata definita di tipo mafioso. L’Italia è un paese che affronta l’emergenza, per la sua posizione geografica, e anche per la generosità dei suoi abitanti. Ma è un modo diverso rispetto a come viene affrontata nei paesi del nord o dell’est europeo. In queste aree, per ragioni diverse, il rinascere del nazionalismo difensivo e aggressivo sta stimolando un ritorno – apparentemente tranquillo e sorridente – alle ideologie del nazifascismo e del razzismo. Ciò significa essere dalla parte sbagliata della storia. La parte giusta si conta, invece, sulla base dei diritti umani. I diritti umani non hanno mai conosciuto una stagione tragica come quella che da anni stiamo vedendo».

Il “popolo europeo”, espressione forse temeraria, si rende conto di questo precipizio, professor Prosperi?

«Quello che vediamo è un orientamento complessivo in cui vince la xenofobia, la paura, la chiusura sul locale, sul proprio. L’opinione pubblica europea non esiste. Ci si scambiano insulti nazionalistici da una parte all’altra, si alzano barriere. Dietro tutto questo c’è una mancata coltivazione della memoria. In nome della memoria si fanno molte sciocchezze, molte cose che non hanno niente a che fare con la conservazione della memoria. Abbiamo alle spalle un mezzo secolo durante il quale la promessa di giustizia che nacque con la Liberazione non è stata mantenuta nei fatti. In questo mezzo secolo abbiamo avuto per fortuna, e per l’impegno di pochi, la Costituzione, la possibilità che l’Italia assumesse una fisionomia decente nel mondo, rimediando agli errori e ai delitti che aveva commesso. Però, la storia reale si è incanalata in un percorso dominato dalla guerra fredda. L’opera di Primo Levi sulla memoria si è affacciata timidamente sulla cultura italiana e ha messo del tempo per trovare l’attenzione che meritava. Oggi – constata il professor Prosperi – scontiamo tutto questo in una specie di riflusso del non risolto, del non superato. E per questa ragione l’Europa non esiste. Non possiamo affidare a frau Merkel il compito di rappresentare l’Europa, perchè lei fa gli interessi della Germania. La prova è nei rapporti fra Europa e Russia. Ci sono le sanzioni europee contro Mosca, ma la Germania di Merkel tratta con Putin e sposta il gasdotto fondamentale sulla costa occidentale, annullando ad esempio tutti gli interessi che l’Italia aveva affidato alla linea che passa dalla Turchia. Chiacchiere tante – conclude Adriano Prosperi – ma ciò che domina è la ragion di stato».

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    Raffaele Liguori
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

    Pubblica - 03-12-2025

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    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    L’inquietudine della provincia nel film “Ferine”, in concorso al Noir in Festival

    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Presto Presto - Interviste e Analisi di mercoledì 03/12/2025

    Paolo Bergamaschi, già Consigliere Politico Commissione Esteri Parlamento Europeo, analizza lo scontro Europa-Russia, tra minacce e timidi segnali di dialogo. Francesco Vignarca, ricercatore e analista della Rete Pace e Disarmo, racconta l'impatto del piano di riarmo sulla politica dell'Unione, trainato dall'industria e soprattutto dalla finanza. Le mobilitazioni dei lavoratori dell'Ilva non si fermeranno finché i patti non saranno rispettati, perché nessuno comprerà gli stabilimenti se non ci saranno prima degli interventi, come ci spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil. Giulia Riva giornalista e nostra collaboratrice racconta la giornata internazionale delle persone con disabilità a partire dai dati sul lavoro dove le donne con disabilità sono ancora più penalizzate degli uomini (mentre in Lombardia le aziende preferiscono pagare 82 milioni di multe che assumere persone dalle categorie protette) e poi da atleta paralimpica lancia una sfida alla città di Milano che il lascito delle Olimpiadi invernali in partenza a febbraio sia almeno concretamente utile.

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