Approfondimenti

Il nuovo tentativo di La Russa di riscrivere la storia, Piantedosi contestato a Napoli e le altre notizie della giornata

Meloni La Russa ANSA

Il racconto della giornata di venerdì 21 aprile 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Ignazio La Russa non frena i suoi attacchi al 25 aprile e rilancia dicendo che nella Costituzione non c’è la parola antifascismo, mentre da Riano il PD di Elly Schlein replica che “l’antifascismo è la nostra Costituzione”. Questi dieci anni di sinistra al governo di Milano saranno ricordati anche come quelli della mancata rivoluzione della mobilità. Oggi l’attuale e un ex Ministro dell’Interno, tra i protagonisti delle politiche anti-migranti degli ultimi anni, hanno partecipato a un Forum sui beni confiscati organizzato a Napoli. Il presidente ucraino Zelensky parteciperà al prossimo vertice della Nato a Vilnius, in Lituania. In Sudan, intanto, non c’è stata la tregua sperata in occasione della fine del Ramadan.

La Russa continua a delegittimare la Costituzione

Il nuovo tentativo di Ignazio La Russa di riscrivere la storia. Le parole del Presidente del Senato su antifascismo e Costituzione hanno suscitato polemiche dalle opposizioni e suonano come una replica indiretta al messaggio che solo pochi giorni fa Sergio Mattarella aveva pronunciato ad Auschwitz. Sulla legittimità della Resistenza La Russa sembra stia cercando una crisi istituzionale con il Quirinale.

(di Michele Migone)

Ignazio La Russa non frena i suoi attacchi al 25 aprile. Anzi. Ha rilanciato dicendo che nella Costituzione non c’è la parola antifascismo. Sa che non è così, ma lo ha detto per delegittimarla. Così come la scelta di andare a Praga il 25 aprile per visitare prima il campo di concentramento nazista di Theresienstadt e poi deporre una corona al monumento di Jan Palach serve a rinnovare il messaggio politico che la destra italiana vuole far passare per sminuire le responsabilità storiche del fascismo. Ma c’è qualche cosa in più nell’ennesima uscita di La Russa. Sembra esserci la volontà di portare avanti una sorta di scontro istituzionale indiretto con il Quirinale, la scelta di smarcarsi continuamente dai richiami sulla genesi della Repubblica nata dalla Resistenza che Sergio Mattarella ha fatto in questo periodo. Richiami innescati proprio dalle uscite di La Russa. Dopo le sue parole su via Rasella, il Presidente della Repubblica ha deciso di andare ad Auschwitz per dire, tra l’altro, che i regimi fascisti furono complici della macchina dello sterminio e che la Memoria è l’arma da usare contro gli araldi dell’oblio. Una frase, quest’ultima, che è sembrata indirizzata proprio verso il Presidente del Senato. Dopo il discorso di Mattarella in Polonia, La Russa ha quindi replicato con la dichiarazione sulla Costituzione. Adesso si attende il discorso di Mattarella a Boves, il 25 aprile. Il Quirinale non vuole certo aprire un confronto aperto. Sarebbe lo scontro tra la prima e la seconda carica dello Stato. Ma Mattarella non vuole arretrare di un millimetro sulla difesa dei valori antifascisti della Repubblica. La Russa vuole delegittimarli.

La risposta del PD di Elly Schlein da Riano

Dalle opposizioni Elly Schlein oggi ha replicato che “l’antifascismo è la nostra Costituzione”. La segreteria del PD oggi si è riunita a Riano, a Roma, dove nel 1924 venne ritrovato il corpo di Giacomo Matteotti.

(di Anna Bredice)

Una stele grigia a Riano è stata la tappa iniziale della prima segreteria del partito democratico a guida Elly Schlein. Una stele che ricorda il luogo poco lontano, nel bosco della Quartarella, dove fu rinvenuto il corpo di Giacomo Matteotti, ucciso dalle squadre fasciste. Riano, a quaranta minuti da Roma, è stato scelto proprio per questo, per ricordare con un atto simbolico da che parte stare. Una riunione della segreteria che ha avuto oggi solo un significato simbolico, più che di decisioni concrete del partito, non era questo per ora l’obiettivo, quanto invece posizionare con forza il partito democratico nella storia dell’antifascismo. Non che nel passato ci siano stati dubbi nel PD da che parte stare il 25 aprile, ma per Elly Schlein in questo frangente storico affermare le radici antifasciste della Costituzione assume il valore di una importante battaglia politica, nella stessa misura delle battaglie sul lavoro o sui diritti.
È l’evidenza di una destra al governo che invece di votare un’unica mozione per riconoscere il valore della festa della Liberazione, ne presenta un’altra senza dire mai la parola antifascismo. La sinistra ieri al Senato ha mostrato un’unità su questo punto che per molti altri temi manca. Per Elly Schlein “l’antifascismo è la Costituzione”. Questa è stata la sua risposta alle parole di oggi di La Russa. È stata quindi la prima riunione di una segreteria che assumerà sempre di più un ruolo di decisore politico del partito, con persone scelte fuori dal Pd per le loro competenze, e solo il tempo dirà se la convivenza tra queste personalità e quelle che provengono dalle correnti del partito daranno i frutti sperati da Elly Schlein. Nessun altro tema è stato trattato se non la necessità di fare una battaglia per la casa, per gli alloggi popolari. E poi il sindaco di Riano che salutando con la sua fascia tricolore la segretaria del Pd, le ha anche ricordato che la discarica nel suo paese non la vuole e che sarebbe invece felicissimo di avere il termovalorizzatore a Roma.

Piantedosi contestato al Forum di Napoli

Oggi l’attuale e un ex Ministro dell’Interno, tra i protagonisti delle politiche anti-migranti degli ultimi anni, hanno partecipato a un Forum sui beni confiscati organizzato a Napoli. Matteo Piantedosi e Marco Minniti sono stati contestati prima di entrare nell’edificio che ospitava l’evento e la polizia ha usato i manganelli contro le persone che manifestavano. La testimonianza del giornalista di Fanpage Antonio Musella, che ha seguito sul posto la mobilitazione:

Laura Marmorale fa parte della ong Mediterranea e ha partecipato alla manifestazione. Le abbiamo chiesto una considerazione sul clima politico in cui sono avvenute le cariche di oggi:


 

La rivoluzione mancata della mobilità a Milano produce morti e feriti

(di Roberto Maggioni)

Questi dieci anni di sinistra al governo di Milano saranno ricordati anche come quelli della mancata rivoluzione della mobilità. Quella che altre città hanno avviato nella metà del tempo e che qui invece è stata perlopiù evocata ma mai praticata davvero. Non che non abbiano fatto nulla queste giunte, non che sia materia facile questa. E poi ci sono le responsabilità personali, gli errori, le distrazioni… ok. Poi però arriva la politica che decide di cambiare strutturalmente le cose oppure no. Questione, appunto, di volontà politica.
Qui a Milano le giunte Pisapia e Sala hanno goduto di una fiducia enorme da parte di una bella fetta della città che ha chiesto in tutte le salse la stessa cosa: rendete le strade più sicure. Oltre 800 incidenti l’anno che coinvolgono ciclisti, oltre due morti al mese, è qualcosa di inaccettabile. La rivoluzione mancata produce feriti e morti. Quanti altri ne serviranno per cambiare rotta?

Gli alleati confermano il sostegno a Kiev, ma l’ingresso nella Nato deve attendere

Il presidente ucraino Zelensky parteciperà al prossimo vertice della Nato a Vilnius, in Lituania. Lo ha annunciato il segretario dell’alleanza atlantica Jens Stoltenberg al termine del vertice di Ramstein. Durante il meeting gli alleati hanno riconfermato il loro sostegno a Kiev, ma è stato ribadito che per il momento l’ingresso del Paese nella nato non è sul piatto, ma che se ne riparlerà alla fine della guerra. Stoltenberg ha anche ribadito che si continuerà anche la discussione sull’invio di caccia militari, ma che per adesso bisogna concentrarsi sulla difesa aerea.
Nelle prossime settimane, poi, i soldati ucraini inizieranno l’addestramento per l’uso dei carri armati americani Abrams.
Oggi intanto una Corte di Mosca ha emesso un mandato di cattura con l’accusa di terrorismo per il capo dell’intelligence militare ucraina, per l’attentato al Ponte di Crimea in cui, l’8 ottobre dell’anno scorso, furono uccise quattro persone.

La relazione complicata di Elon Musk con i giornalisti

(di Martina Stefanoni)

La relazione di Elon Musk con i giornalisti e con i media in generale è complicata. Si potrebbe dire conflittuale, ma semplicemente Musk non ama le critiche. Al punto tale che da quando ha comprato Twitter si è mosso in più momenti – nei confronti dei media – in modo non propriamente limpido. La risposta del mondo del giornalismo non si è fatta attendere, al punto che oggi, Musk è stato costretto a tornare sui suoi passi.
La storia inizia ai primi di aprile, quando Twitter ha annunciato l’introduzione di alcune etichette applicate agli account di alcune aziende giornalistiche. In particolare, a dare il via a tutto è stata Npr, la National Public Radio statunitense, che il 12 aprile ha annunciato il suo addio al social network, dopo che Twitter le aveva affibbiato l’etichetta di “state affiliated media” ovvero media controllato dallo stato. La stessa data all’agenzia cinese Xinhua o alla russa RT. Dopo le rimostranze dell’emittente, Musk ha cambiato l’etichetta in “state funded media”. Ma NPR dallo stato riceve solo l’1% del suo bilancio annuale di 300milioni di dollari. NPR è un’organizzazione senza scopo di lucro, con sede a Washington, che raggruppa più di 1.000 stazioni di radio pubbliche locali negli Stati Uniti. La maggior parte dei suoi finanziamenti arriva da sostenitori, abbonamenti e sovvenzioni aziendali o individuali.
È una radio storica, indipendente e libera dalle pressioni politiche. Per questo, ha scelto di lasciare twitter. “In questo modo proteggiamo la nostra credibilità e la nostra capacità di produrre giornalismo senza quell’ombra di negatività.” ha detto l’amministratore delegato dell’emittente.
Anche il comitato di protezione dei giornalisti aveva criticato questa decisione di Twitter definendo come “imperativa” la necessità che Musk tornasse sui suoi passi.
Poco dopo l’addio a Twitter di Npr, anche altre organizzazioni giornalistiche avevano seguito i suoi passi, dopo essere state a loro volta classificate come “state affiliated” o “state funded”: PBS, il Servizio pubblico di radiodiffusione degli Stati Uniti, la canadese CBC e l’Emittente pubblica svedese Sveriges Radio. Anche la BBC era stata classificata come “finanziata dallo stato”, ma aveva ottenuto che l’etichetta venisse cambiata in “finanziata pubblicamente”.
Come dicevamo, Elon Musk è silenziosamente tornato sui suoi passi. Non ha però eliminato le etichette solo da NPR, CBC ecc, ma anche da Russia Today, Sputnik, Xinhua, e altre agenzie di stampa che sono realmente proprietà di governi autoritari e che erano così etichettate da ben prima che Musk acquistasse Twitter, una decisione introdotta con l’obiettivo di aumentare la trasparenza sul social network e contrastare la disinformazione.
L’ennesimo esempio di come Musk prende le decisioni che riguardano il social netwtork: è impulsivo, confusionario, e scostante. La stessa modalità con cui continua a bannare i giornalisti dal social network perché parlano di questioni a lui scomode, e criticano persone a lui vicine.
Quando Musk ha comprato il social, con un tweet aveva detto: “l’uccellino è libero”, riferendosi al logo di Twitter. Dopo solo sei mesi da allora, sembra sempre più evidente che l’obiettivo di Musk non sia la da lui tanto decantata libertà d’espressione. Ma, più che altro, la sua libertà di fare ciò che vuole.

Nessuna tregua in Sudan

Non c’è stata la tregua sperata in Sudan, in occasione della fine del Ramadan. Gli scontri tra l’esercito regolare del paese, comandato dal presidente del paese, il generale Abdel Fattah al Burhan, e il potente gruppo paramilitare RSF sono continuati violentemente e secondo l’OMS sono più di 400 i morti dall’inizio delle violenze e oltre tremila i feriti.
La croce rossa ha lanciato un appello per una tregua immediata per poter assistere i civili, che con gli scontri rimangono isolati e impossibilitati anche a raggiungere cibo o acqua.
In queste ore poi sono rimasti uccisi anche un operatore umanitario dell’Onu e un cittadino americano. Sia l’unione europea che gli stati uniti hanno annunciato che si stanno preparando per evacuare i propri concittadini, non appena ci saranno le condizioni di sicurezza necessarie per procedere.

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