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Quattro operatori umanitari uccisi a Gaza, Joe Biden sempre più in difficoltà e le altre notizie della giornata

Biden Documenti Pentagono ANSA

Il racconto della giornata di venerdì 12 luglio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Oggi ci sono stati diversi raid sulla Striscia e uno di questi ha colpito un deposito di aiuti umanitari nel Sud, a Mawasi. Non si fermano le pressioni su Joe Biden perché lasci la corsa alla Casa Bianca. La Lega si oppone all’invio di nuovi aiuti militari a Kiev. Il tribunale del Lavoro di Roma ha condannato la TV del servizio pubblico per comportamento antisindacale. 

Un raid israeliano ha ucciso quattro operatori umanitari a Gaza

Oggi ci sono stati ancora diversi raid sulla Striscia e uno di questi ha colpito un deposito di aiuti umanitari nel Sud, a Mawasi. Quattro operatori di una Ong britannica sono stati uccisi. L’esercito israeliano non ha commentato la notizia.

Nel frattempo una sessantina di corpi sono stati scoperti sotto le macerie degli edifici a Shujaiya, un quartiere di Gaza City dal quale l’esercito israeliano ha annunciato il ritiro mercoledì sera dopo due settimane di offensiva militare.

Sull’uccisione dei quattro operatori umanitari e sulla situazione delle Ong nella Striscia abbiamo raggiunto Marco De Ponte, della Ong Action Aid

 

Joe Biden sotto pressione per abbandonare la corsa alla Casa Bianca

Il giorno dopo la conferenza stampa al vertice della Nato, non si fermano le pressioni su Joe Biden perché lasci la corsa alla Casa Bianca. Oggi il sito statunitense Axios ha ricostruito la fervente attività di queste ore per convincere il presidente a farsi da parte, all’interno dello stesso partito democratico. Il leader dei deputati dem alla Camera, Jeffries, ha fatto sapere di aver incontrato Joe Biden ieri sera e parlato con il presidente del suo futuro.

Il nostro inviato da New York Roberto Festa:

 

Il pressing della Lega sugli aiuti militari all’Ucraina

(di Michele Migone)
La Lega fa pressing. Non vuole che l’Italia invii a Kiev nuovi aiuti militari. Si tratta di difese contraeree: una batteria Samp – T e alcuni missili Shadow. Giorgia Meloni ne ha parlato con Vlodimir Zelensky ai margini del vertice Nato. Il decreto dovrebbe essere varato nei prossimi giorni. La presidente del consiglio si è detta fiduciosa: finora la maggioranza non si è mai divisa sull’Ucraina, ha detto. Ma, se anche in questo caso, alla fine, dovesse rimanere unita, è probabile che – vista la nuova fase politica internazionale – la Lega voglia fare ballare un po’ il tavolo prima di dare il segnale verde all’invio del nuovo pacchetto di aiuti militari. Salvini, il suo vice Crippa, il capogruppo al Senato Romeo, lo hanno fatto capire. Più che mettere in difficoltà Meloni per motivi di politica interna – cosa che comunque è utile al Salvini uscito male dalle Europee – vogliono indurla a un progressivo cambio di rotta sull’Ucraina. Per ora, la presidente del consiglio, rimane fedele alla linea adottata in questi due anni di governo e ribadita a Washington in questi ultimi giorni. Ma, Giorgia Meloni sa bene che nei prossimi mesi, con una vittoria di Donald Trump, il quadro internazionale potrebbe cambiare e quindi ha deciso di non chiudere tutte le porte. Lo si è capito molto bene dalle sue risposte nella conferenza stampa alla fine del summit Nato. Biden o Trump ? le hanno chiesto. Chiunque vinca, i rapporti tra Italia e Usa non cambiano, ha risposto. Ma ha anche ricordato che i Conservatori Europei – di cui lei è la leader – sono legati al Partito Repubblicano Americano. Secondo tema: I Patrioti di Orban, Salvini e Le Pen, il gruppo filo russo, formato all’Europarlamento. Io amo parlare con tutti, su alcune cose si può collaborare, è stata la sua risposta. Terzo quesito: Vota o no per la Von Der layen ? Qui, Giorgia Meloni ha fatto quella che può apparire un’apertura, ma che in realtà, è ancora, uno stare in bilico tra il Si e il No. “Va riconosciuto il ruolo dell’Italia” – ha dichiarato. Risposte da politica navigata. Ma anche da leader che si trova in un momento di forte incertezza.

La Rai è stata condannata per comportamento antisindacale

Alcuni tentativi di far fallire lo sciopero dei giornalisti Rai lo scorso 6 maggio sono stati illeciti. Il tribunale del Lavoro di Roma ha condannato il servizio pubblico per comportamento antisindacale. Lo ha fatto sapere oggi l’Usigrai, il sindacato che quel giorno proclamò l’agitazione per denunciare il controllo del governo sull’informazione. “Nella foga di boicottare lo sciopero più di uno ha fatto cose che la legge non consente”, ha spiegato l’Usigrai. Nello specifico, Paolo Petrecca, direttore di Rainews, è stato condannato per non aver dato lettura del comunicato dei dipendenti. La Rai dovrà ora pubblicare la sentenza per due giorni consecutivi sui quotidiani La Stampa, La Repubblica e il Corriere della Sera e sui siti Rai.it e Rainews.it, oltre a trasmettere il comunicato nei tg Rai dove non era stato mandato in onda.
Daniele Macheda, segretario Usigrai

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    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

    Pubblica - 04-12-2025

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    Nell'ultima puntata di 37e2 abbiamo letto la lettera di una persona che ha lavorato come in un Cpr, Centro di permanenza per il rimpatrio, e che con molta amarezza ha deciso di abbandonare il lavoro. La lettera ci è arrivata attraverso la Rete Mai più lager - No ai Cpr con cui siamo in contatto per raccontarvi cosa accade nei Cpr.

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