Approfondimenti

Il primo discorso di Kamala Harris, il bombardamento israeliano su Khan Yunis e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di lunedì 22 luglio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Nel suo primo discorso dopo il ritiro dalla corsa per la presidenza di Biden, Kamala Harris non ha parlato di sé né della sua candidatura. C’è stata una pioggia di endorsement all’interno del partito, e Hillary Clinton ha avviato una raccolta fondi per lei. Resta l’incognita sul vicepresidente, sui tempi e sulle modalità della nomina. Oggi a Gaza c’è stato un nuovo raid israeliano in un’area densamente popolata che ha causato almeno 50 morti e gli ospedali, ormai al collasso, non sanno più come curare i feriti. A poche ore dall’aggressione neofascista al giornalista Andrea Joly de La Stampa potrebbe esserci una svolta nelle indagini. Dopo le polemiche la Lega fa marcia indietro sul ddl contro le cariche declinate al femminile.

Il primo discorso di Kamala Harris dopo il ritiro di Biden

“L’eredità di Joe Biden non ha pari nella storia moderna”. La vicepresidente statunitense kamala harris ha tenuto oggi il suo primo discorso pubblico dopo la rinuncia del presidente alla corsa alle presidenziali. Dopo che Biden ha indicato in lei la sua sostituta in vista delle elezioni di novembre, Harris in un incontro oggi alla casa bianca già previsto oggi lo ha ringraziato: non per avere indicato il suo nome, ma per il lavoro che ha svolto in questi anni.

“La verità, ha detto, è che Joe biden negli scorsi anni ha fatto qualcosa che non ha precedenti nella storia moderna: in un solo mandato ha già realizzato molto più di quello che altri presidenti hanno compiuto in due. Ho potuto toccare con mano ogni giorno la sua onestà, la sua integrità, il suo impegno, il suo grande cuore, il suo profondo amore per il nostro paese. Sono testimone che ogni giorno il nostro presidente lotta per il popolo americano e noi siamo profondamente grati per il suo servizio al nostro paese”


La giornata di oggi è trascorsa tra endorsement più o meno eccellenti e l’impennata delle donazioni alla campagna elettorale democratica: anche Hillary Clinton ha aperto una raccolta fondi per sostenere la sua candidatura. I Clinton si sono da subito schierati con Harris. E con loro molti governatori: tra questi diversi di coloro che avrebbero potuto sfidarla per la nomination. Quali sono i punti di forza di kamala Harris, quali quelli di debolezza. Martino mazzonis, giornalista/americanista.


Che cosa succederà dunque adesso: il comitato sulle regole della convention si riunirà mercoledì e allora si saprà qualcosa di più chiaro. In particolare è apertissima la partita sulla vicepresidenza: Harris dovrà scegliere una personalità compatibile e possibilmente complementare a livello di elettorati alla sua. E lo farà, probabilmente, in completa autonomia, come spiega l’americanista Fabrizio Tonello.

Un bombardamento israeliano su Khan Yunis ha causato almeno 50 vittime

In queste ore il presidente israeliano Netaniahu è in viaggio verso gli Stati Uniti, dove incontrerà sia Joe Biden che Kamala Harris. Mentre Netaniahu era in viaggio in direzione di Washington un nuovo raid israeliano su un’area densamente popolata ha provocato almeno 50 morti a Khan Younis. Secondo un portavoce dell’ospedale dove sono stati portati i feriti la situazione è fuori controllo: “I pazienti sono stesi per terra, non ci sono abbastanza anestetici, manca il sangue per le trasfusioni”, ha detto. Il numero di morti palestinesi dal 7 ottobre ha superato la cifra di 39mila. E’ possibile che dopo il passo indietro, il presidente Biden possa avere le mani un po’ più libere per pretendere un cambio di passo nella sanguinosa gestione della guerra da parte del governo di Telaviv. Francesco strazzari, docente di relazioni internazionali alla scuola superiroe sant’anna di pisa.

L’inchiesta sull’aggressione al giornalista Andrea Joly

(di Rita Rapisardi)
A poche ore dall’aggressione neofascista al giornalista Andrea Joly de La Stampa potrebbe esserci una svolta. Sono state infatti identificate due persone, un 45enne e un 53enne, entrambe militanti in Casapound Torino. L’episodio è avvenuto nella serata di sabato durante una festa per i sedici anni del circolo Asso di Bastoni, sede appunto di Casapound Torino, e che sul territorio porta avanti eventi e iniziative di estrema destra e vicine all’ideologia del Ventennio fascista. Il giornalista si è trovato lì per caso attratto dalle decine di militanti, circa 160, fuori dal pub che cantavano inneggiando al Duce. Dopo qualche minuto Joly ha iniziato a filmare l’evento quando è stato subito circondato da diverse persone che l’hanno strattonato e butatto più volte a terra, uno di questi l’ha stretto con un braccio al collo facendogli mancare il respiro. Joly è poi riuscito a divincolarsi scappando e recandosi al pronto soccorso. A provare quanto accaduto, oltre la testimonianza del giornalista, ci sono anche tre video acquisiti dalla Digos che ha dato il via subito all’indagine che ha portato le prime due identificazioni con conseguenti denunce. Ma il lavoro della polizia non sarebbe finito qui, altre persone, almeno quattro, hanno preso parte al pestaggio e potrebbero essere identificate. Condanna dell’episodio da parte del presidente di regione Cirio e del sindaco Lo Russo che ha fatto anche sapere che la festa non era autorizzata. Intanto Casa Pound ha invitato Joly e l’europarlamentare Ilaria Salis definita “miserabile per agguati armati di martello contro avversari politici” alla festa nazionale che si terrà a Grosseto a settembre e si dice contraria a ogni limitazione della libertà di stampa.

La marcia indietro della Lega sul ddl contro le cariche declinate al femminile

(di Anna Bredice)
Il tempo di rimanere sui giornali per un paio di giorni, riattivare il consenso e il tifo tra quelle frange leghiste più maschiliste e legate ad una visione patriarcale della società e poi mandare avanti il capogruppo Romeo per dire che la proposta di vietare i nomi femminili era una iniziativa personale di un senatore semi sconosciuto. Matteo Salvini lo aveva fatto anche su altri temi nel passato, quando c’è bisogno di parlare alla pancia degli elettori, soprattutto se bisogna deviare l’attenzione dai problemi di stabilità di governo, come un ministro degli Esteri che non nasconde più l’irritazione per l’alleato leghista. E in ogni caso si utilizzano temi che ricevono consensi tra gli elettori, in questo caso l’uso dei nomi femminili negli atti pubblici, se ne sarebbe vietato l’utilizzo, ad esempio di rettrice piuttosto che sindaca, addirittura sanzionabili con multe fino a 5mila euro. Non è una barzelletta leghista, era una proposta di un senatore tale Manfredi Potenti, che il giorno dopo si è dovuto rimangiare il suo testo già firmato, perché era chiaro che non sarebbe mai passato. Non solo perché anacronistico, ma perché non avrebbe avuto i voti della stessa maggioranza. È vero che c’è una presidente del Consiglio che vuole farsi chiamare “il presidente”, ma la realtà è ormai molto più avanti della misoginia di alcune frange di destra. Salvini portava sul palco la bambola gonfiabile di Laura Boldrini, perché da presidente della Camera era stata l’esponente politica che più si è battuta per l’uso femminile di nomi soprattutto quando arrivano a guidare vertici di istituzioni, solo pochi giorni fa Ursula von der Leyen, candidatura che il capo della Lega ha respinto con forza. Tema da giornali, da dibattito nelle feste della Lega, fino a Pontida e poi chissà al congresso per poter riavere la segreteria del partito.

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    La nave Ocean Viking della ong SOS Mediterranée è stata bersagliata, nella giornata del 24 agosto, da spari provenienti dalla sedicente guardia costiera libica, mentre era impegnata nel salvataggio di 87 migranti in acque internazionali. Non si è trattato di spari di avvertimento: l'imbarcazione è stata colpita. I membri dell'equipaggio hanno percepito contro di loro la chiara volontà di offendere. Mattia Guastafierro ha intervistato Barbara Antonelli, direttrice della comunicazione di SOS Mediterranéé:

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    Alla Stax tutto iniziò con Jim Stewart, un bianco banchiere di giorno e violinista country di notte. La fondò lui, ma senza Estelle Axton, sua sorella, la Stax non sarebbe mai diventata quello che è diventata. A partire dal nome: Stax, una crasi tra Stewart e Axton. Nel 1960, Jim ed Estelle misero gli occhi sul teatro Capitol, in un quartiere nero di Memphis, e lo trasformarono in uno studio di registrazione. Lì dentro Estelle ci aprì anche un negozio di dischi dove con la sua chioma rosso fuoco, gli occhiali da gatta e uno scamiciato a fiori aspettava i suoi clienti. Era una zona di “negri”, di perdigiorno, di delinquenti. “Qui si viene per il talento” ripeteva spesso “non per la pelle”. Tutti la rispettano. Faceva più paura essere discriminata per la musica che per il colore. Estelle non guardava nemmeno il sesso. A differenza della realtà delle altre industrie discografiche alla Stax il numero di donne che scrivevano canzoni per i loro colleghi maschi era significativamente elevato...

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