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La strage della farina a Gaza, gli aggrediti diventano aggressori secondo il governo e le altre notizie della giornata

Piantedosi Viminale ANSA

Il racconto della giornata di giovedì 29 febbraio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Oltre 100 persone sono morte oggi a Gaza e chissà quanti altri, tra gli oltre 700 feriti, moriranno nei prossimi giorni, in quella che sui social i palestinesi chiamano già “La Strage della farina”. Come capovolgere la realtà, facendo passare gli aggrediti come aggressori. Questo è ciò che ha fatto oggi il ministro Piantedosi, sposando in pieno la linea di Giorgia Meloni. A Mosca è stato fermato e multato il direttore di Novaya Gazeta, la testata indipendente per cui scriveva Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa nel 2006. Il parlamento francese si riunirà in Congresso domenica a Versailles, alla presenza del presidente Macron per la votazione definitiva sull’inserimento del diritto all’aborto nella costituzione.

La strage della farina a Gaza, oltre 100 morti e centinaia di feriti

Almeno 112 morti, oltre 700 feriti, e i dati non sono ancora definitivi: questa la dimensione della strage che si è consumata questa mattina all’alba a sud di Gaza City, quando una folla di palestinesi si è radunata attorno ad un convoglio di aiuti umanitari scortato dall’esercito israeliano.
Quando i civili hanno iniziato ad accalcarsi attorno ai camion, nel tentativo di recuperare un pacco di farina, i militari hanno aperto il fuoco.
Morti e feriti sono stati portati nel vicino ospedale di Al Shifa, solo parzialmente funzionante e non in grado di gestire adeguatamente i pazienti; è probabile che il numero delle vittime aumenti.
“Un massacro spregevole” l’ha definito il presidente Abu Mazen da Ramallah; in un comunicato Hamas afferma che i negoziati per la tregua e per la liberazione degli ostaggi sono a rischio e che in caso di fallimento la colpa sarà di Israele.
Per Israele ha parlato un portavoce del governo, ha detto che quanto avvenuto è una tragedia, non è però andato oltre, perché, ha aggiunto, si stanno ancora verificando i dettagli. Per l’esercito ha parlato il portavoce militare Peter Lerner, che ha ammesso la responsabilità solo di un decimo delle vittime, quelle causate direttamente dagli spari; “gli altri sono morti nella calca”, e quindi non sono da attribuire all’esercito israeliano.
L’esercito afferma che sono due gli incidenti avvenuti: nel primo la folla accorsa attorno ad un camion di aiuti sarebbe stata travolta dal mezzo o dalla calca. I soldati avrebbero aperto il fuoco solo nel secondo episodio, perché si sarebbero sentiti minacciati dai civili.
Le reazioni diplomatiche per il momento restano timide: solo Egitto e Giordania hanno condannato apertamente l’attacco israeliano.
Tentennano anche gli Stati Uniti: “Stiamo esaminando le varie versioni contraddittorie”, ha detto il presidente Joe Biden. Proprio oggi però il Pentagono per la prima volta, ha fornito le sue stime sul numero di vittime a gaza: 25mila tra donne e bambini, ha detto Lioyd Austin; un dato in linea con quelli forniti dal ministro della Salute di Hamas, secondo il quale i morti sono oltre 30mila.
Infine ci sono degli elementi che dobbiamo sottolineare: il massacro è avvenuto nella zona nord di gaza, che per settimane non è stata raggiunta da convogli, e che solo negli ultimi giorni sono ripresi gli arrivi di aiuti, dopo decine di appelli dell’Onu e delle ONG per la grave crisi alimentare in corso.

(di Martina Stefanoni)

“Mio figlio è morto affamato” ha detto oggi un uomo parlando dall’ospedale Al Shifa di Gaza City. “Non volevo portarlo con me ad aspettare gli aiuti, ma a casa non c’è niente da mangiare e quindi ho detto “andiamo, prendiamo qualche sacco di farina”. Ma ora mio figlio è morto affamato. E come lui, decine di altri figli, padri, madri, sorelle. E chissà quanti altri, tra gli oltre 700 feriti, moriranno nei prossimi giorni, perché il sistema sanitario a Gaza – lo sappiamo – non esiste.
Sono morti in mezzo alla farina, mentre aspettavano il pane. Anzi, sono stati uccisi. “Una tragedia” l’ha definita il governo israeliano, spiegando che si è vero, “abbiamo sparato, ma in aria, la maggior parte delle vittime è morta calpestata dalla calca. Ma i feriti, che ora affollano gli ospedali di Gaza City, e i morti hanno colpi alla testa, alle gambe, alla schiena. Proiettili. E la calca, perché? Perché le persone assaltano i camion con gli aiuti quando arrivano nel nord, o si calpestano l’un l’altro buttandosi in mare nel sud, quando dall’alto qualche aereo paracaduta gli aiuti? Queste persone devono scegliere tra morire di fame o morire perché un cecchino gli spara in testa, o perché spara a quello in fila accanto a lui e migliaia di corpi disperati fuggono alla ricerca di un riparo.
Sui social i palestinesi già la chiamano “La Strage della farina”. Da 5 mesi a Gaza i diritti umani più basilari vengono calpestati. I civili vengono uccisi dalle bombe mentre sono nelle loro case, o in una tenda perché la casa già l’hanno persa, mentre si rifugiano in un ospedale, o mentre sono in coda per il pane. Vengono affamati fino alla morte, costretti a bere acqua sporca, privati delle cure mediche necessarie. A Gaza un palestinese ogni 80 è stato ucciso e il ritmo non diminuisce. Trent’anni fa, la strage del mercato di Markale, nel centro storico di Sarajevo e fece cadere il velo dell’indifferenza. A Gaza il punto di rottura è stato raggiunto da tempo, ma il velo dell’occidente è ancora lì. Sarà la strage della farina a farlo finalmente cadere?

Studenti manganellati: da aggrediti ad aggressori

Oggi il ministro dell’interno Piantedosi è andato alla Camera e al Senato a parlare delle manganellate alla protesta studentesca di Pisa, dopo la condanna della violenza degli agenti da parte del presidente Mattarella e la risposta di Giorgia Meloni, arrivata ieri sera: “Pericoloso togliere il sostegno delle istituzioni alle forze dell’ordine”.

(di Anna Bredice)

Come capovolgere la realtà, facendo passare gli aggrediti come aggressori, responsabili delle manganellate prese. Questo è ciò che ha fatto oggi il ministro Piantedosi prima alla Camera dei Deputati e poi al Senato, sposando in pieno la linea di Giorgia Meloni, la quale non ha detto mai una parola sulle manganellate agli studenti, ma si è solo schierata a favore delle forze di polizia sempre e comunque, contraddicendo quindi l’intervento di Mattarella di qualche giorno fa. L’informativa di oggi del Ministro dell’Interno aveva uno scopo solo politico, non di chiarimento e nemmeno di scuse nei confronti di minori finiti in un reparto di pediatria perché picchiati dalla polizia. “Avevano violato la legge”, dice Piantedosi a proposito di quel centinaio di studenti; ma non solo, l’obiettivo del Ministro dell’Interno che si è subito adeguato alla linea del resto del governo è di far passare l’opposizione come un insieme di partiti che accusano la polizia a prescindere. “Le forze di polizia non devono subire processi sommari, dice Piantedosi, non devono essere coinvolte in polemiche politiche”, allontanandosi quindi dal fatto in questione, quel caso di Pisa le cui immagini tutti hanno visto e che si somma ad altri casi avvenuti nelle ultime settimane sui quali Piantedosi non ha dato spiegazioni. Ad oggi c’è solo una dirigente della questura di Firenze spostata ad altro incarico. Far passare gli altri come colpevoli del clima di repressione del dissenso, questo ha fatto il ministro, che solo qualche giorno fa aveva subito ringraziato Mattarella per quella nota così dura dopo l’uso dei manganelli a Pisa, ma oggi, rimettendosi alla linea di Meloni, lo ha ringraziato solo per le ultime parole a difesa della polizia, quella nota di pochi giorni fa è passata del tutto in secondo piano.

Fermato e multato a Mosca il direttore di Novaya Gazeta

A Mosca è stato fermato e multato il direttore di Novaya Gazeta, la testata indipendente per cui scriveva Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa nel 2006. Serghei Sokolov è accusato per un articolo in cui avrebbe screditato l’esercito. Nella capitale russa domani ci saranno i funerali di Aleksej Navalny e oggi la portavoce del dissidente ha invitato la popolazione a partecipare. In parlamento c’è stato il discorso annuale di Putin, che ha accusato l’occidente di avvicinare una guerra nucleare. “Anche noi abbiamo armi capaci di raggiungere i vostri territori” ha detto negando di voler attaccare altri paesi europei, ma rispondendo in modo minaccioso all’ipotesi dell’invio di truppe di paesi Nato in Ucraina. Abbiamo chiesto un commento a Giovanni Savino, storico ed esperto di Russia.

 

In Francia l’aborto potrebbe entrare in Costituzione

Il parlamento francese si riunirà in Congresso domenica a Versailles, alla presenza del presidente Macron per la votazione definitiva sull’inserimento del diritto all’aborto nella costituzione. Si tratta dell’ultimo (e solenne) passaggio di una provvedimento che ha suscitato grande dibattito in Francia. Sull’opportunità di aprire un dibattito in Italia su questo tema, sulla possibilità di introdurre anche nella nostra costituzione il riconoscimento del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, abbiamo chiesto un’opinione a Livia Turco.

 

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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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