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Migliaia di persone in fuga da Gaza City, Meloni verso il no a von der Leyen e le altre notizie della giornata

Meloni von der Leyen ANSA

Il racconto della giornata di giovedì 11 luglio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. L’esercito israeliano torna a combattere a Gaza City e centinaia di migliaia di persone sono costrette a scappare ancora. A Bruxelles si fanno serrate le trattative per la nuova Commissione, e Giorgia Meloni sarebbe orientata a votare contro. Caporalato nei vigneti delle Langhe: scattano arresti e misure cautelari.

Israele torna a combattere a Gaza City, migliaia di persone in fuga

L’esercito israeliano sta continuando la sua operazione a Gaza City. Più di 300mila persone hanno ricevuto un’ordine di evacuazione, ma anche scappare è complesso, perché bombardamenti e combattimenti non si fermano. In molti stanno cercando di andare verso il centro della striscia, come Deir El Balah, un zona però gravemente sovraffollata perché accoglie gli sfollati del nord e del sud.
Intanto l’ufficio del premier israeliano Benjamin Netnayahu ha detto che i colloqui per un negoziato riprenderanno domani al Cairo, dopo che la delegazione israeliana ha lasciato oggi il Qatar. Netanyahu si è detto impegnato per raggiungere un accordo, ma ha ribadito che gli obiettivi israeliani verranno comunque raggiunti e ha accusato Hamas di fare richieste inaccettabili. Il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan ha detto che ci sono progressi, ma la strada è ancora lunga. Dentro la striscia, però, la popolazione è molto sfiduciata.
Come ci ha raccontato uno psicologo di Gaza, che collabora con la ong Vento di Terra, al momento sfollato a Deir el Balah:

“Puoi chiedere a chiunque nella striscia di gaza e ti diranno tutti la stessa cosa, non credono più a niente. La nostra sensazione è che sia qualcosa per temporeggiare, e dare a Israele il tempo di raggiungere i propri obiettivi. Questa è la risposta che riceverai da chiunque qui.
Ovviamente speriamo che ci sia veramente un cessate il fuoco e la pace, ma dalle esperienze precedenti di questi negoziati e accordi c’è una grande frustrazione. Non c’è una grande fiducia. Quindi aspettiamo e basta, senza grandi aspettative. Dal mio punto di vista è molto difficile credere a questa cosa perché fino ad ora non è mai successo. Poi, per esempio, durante il primo accordo, quello di fine dicembre, abbiamo perso la famiglia di mia cugina. Nell’ultima notte, mentre parlavano di un cessate il fuoco di due settimane, hanno bombardato la sua casa. Quindi siamo bloccati in questa situazione così difficile ed è complicato avere speranza o fiducia in qualunque tipo di negoziato o conversazione stiano avendo fuori dalla Striscia”.

 

Meloni verso il no a von der Leyen

Viktor Orban starebbe organizzando una visita a Trump. Il leader ungherese – presidente di turno dell’Unione Europea – sembra pronto a un nuovo strappo, dopo il tour in Ucraina, Russia e Cina. Intanto a Bruxelles si fanno serrate le trattative per la nuova Commissione. La settimana prossima l’Europarlamento voterà il via libera a Urusula Von Der Leyen….

(di Alessandro Principe)

Il sì dei Verdi, il no dei conservatori. Potrebbe essere questo l’esito dei colloqui che Von Der Leyen sta avendo in queste ore. La sua maggioranza ne uscirebbe rafforzata: i Verdi, insieme a Popolari, Socialisti e Liberali, sono di certo una stampella più accettabile, nonostante le divergenze con settori di Popolari e Liberali sul Green Deal. Le rassicurazioni della presidente in pectore avrebbe rassicurato gli ambientalisti. Molto più problematico ricevere il sostegno del gruppo Ecr presieduto da Giorgia Meloni. Ipotesi mai esclusa ma che sembra allontanarsi. Oggi il capogruppo di Fratelli d’Italia a Bruxelles Procaccini ha detto che al momento non ci sono le condizioni per votare la fiducia a Von Der Leyen. Giorgia Meloni al Consiglio europeo si è astenuta e ha votato contro le altre due nomine, gli esteri all’estone Kaja Kallas e la presidenza del consiglio stesso al portoghese Antonio Costa. Un occhio a destra, uno alla trattativa con Von der Leyen per ottenere un commissario di peso. Ma ora a destra è nato il gruppo di Orban, Salvini e Le Pen che le ha portato via pezzi, diminuendo la sua forza a Strasburgo. D’altra parte la maggioranza Ursula si starebbe rafforzando mentre gli atteggiamenti bellicosi di Meloni con i partner francesi, tedeschi e spagnoli non sta giovando. Se così sarà Meloni – che ha tentato di giocare su due tavoli si troverebbe senza più grande forza negoziale. E non resterebbe che un No di bandiera al bis di Von der Leyen.

Il tabù del caporalato nelle Langhe

(di Massimo Alberti)

16 ore al giorni di lavoro, tutti i giorni, per 500 euro al mese, quando va bene. E botte a chi provava a protestare. È quanto scoperto dalla Questura di Cuneo nell’area di produzione forse più pregiata del vino italiano, le Langhe. «Condizioni di lavoro con metodi di sorveglianza degradanti e di controllo a vista» Arrestati tre caporali di nazionalità marocchina, albanese, macedone. I tre reclutavano soprattutto immigrati africani, approfittando del loro stato di bisogno. Chi si lamentava subiva dei pestaggi. La presenza di caporalato nelle Langhe è una sorta di tabù. Esiste, è visibile, ma non se ne parla per non rovinare l’immagine di quella che è considerata un’eccellenza italiana. Facile parlare di Latina, o del sud, tra luoghi comuni e situazioni note. Questo è cuore della regione vitivinicola italiana forse più nota nel mondo. Dove si producono vini di pregio assoluto come Barbaresco e Barolo, bottiglie che arrivano a costare migliaia di euro. Il classico biglietto da visita del made in Italy. Eppure, periodicamente, la Questura di Cuneo arriva ad episodi come quello di ieri (l’ultimo a marzo) che trovano però poco spazio sulla stampa. La prima inchiesta sulla diffusione del caporalato nelle Langhe arriva 10 anni fa. Non arriva da una fonte qualsiasi, ma da Giancarlo Gariglio, uno dei più importanti giornalisti enologici,curatore di SlowWine, la guida dei vini di Slow Food. “Schiavi nelle vigne a tre euro l’ora” il titolo, che toglieva il velo sulla tratta, dalla Macedonia, di operai agricoli per i pregiati grappoli. Come gli indiani nell’Agro Pontino, i macedoni qui sono l’ossatura della manodopera. Nasce qualche polemica e reazioni sdegnate di lesa maestà. Passeranno quasi sette anni prima che la cronista della Gazzetta di Alba Francesca Pinaffo, tiri fuori nuovamente la questione, a partire da ciò che è sotto gli occhi di tutti alla stazione di Alba, la capitale delle Langhe, dove centinaia di migranti africani ogni giorno attendono una chiamata, assistiti solo da associazioni caritatevoli. Anche qui prevalgono reazioni stizzite: cattiva pubblicità. E ancora l’onda cala presto, tra distinguo e imbarazzo dei consorzi. A mostrare che in 10 anni tra le colline patrimonio Unesco non è cambiato nulla è l’inchiesta che stavolta supera i confini: Al Jazeera racconta lo sfruttamento, 12-14 ore di lavoro a 3-4 euro/ora, tra razzismo e condizioni disumane, scrive la giornalista Ottavia Spaggiari nel lussureggiante Nord Italia. Dove l’eccellenza italiana si fa anche così.
 

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    Il Teatro Alla Scala di Milano dovrà pagare tutte le mensilità dal licenziamento alla scadenza naturale del contratto a termine alla Maschera che era stata licenziata dopo aver urlato - mentre era in servizio - “Palestina libera” lo scorso 4 maggio prima del concerto alla presenza della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Lo rende noto il sindacato di base Cub che ha seguito la vicenda. La sentenza è del tribunale del Lavoro. Per la Cub si è trattato di un “licenziamento politico”. Spiega il sindacato: “Lo abbiamo sostenuto fin dall'inizio che gridare ‘Palestina libera’ non è reato e che i lavoratori non possono essere sanzionati per le loro opinioni politiche”. La Cub ora chiede anche il rinnovo del contratto della lavoratrice, nel frattempo scaduto. “Ora il teatro glielo rinnovi per evitare altre cause” ci dice Roberto D’Ambrosio, rappresentante sindacale della Cub.

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    1) “Il mondo non deve lasciarsi ingannare: a Gaza il genocidio non è finito”. Il nuovo rapporto di Amnesty International ci chiede di non voltare la faccia dall’altra parte. (Riccardo Noury - Amnesty Italia) 2) Negligenza e corruzione. Cosa c’è dietro l’incendio del complesso residenziale di Hong Kong costato la vita a decine di persone. (Ilaria Maria Sala, giornalista e scrittrice) 3) Stati Uniti, l’attacco di Washington potrà avere effetti a lungo termine sulle politiche migratorie dell’amministrazione Trump e sulla vita di migliaia di migranti. (Roberto Festa) 4) Francia, dall’estate 2026 torna il servizio militare volontario. Il presidente Macron ha annunciato oggi quello che sembra più che altro un segnale politico e strategico. (Francesco Giorgini) 5) Spagna, una marea di studenti e professori in piazza a Madrid contro i tagli alle università pubbliche. La regione della capitale, guidata dalla destra, è quella che spende meno per gli studenti in tutto il paese. (Giulio Maria Piantedosi) 6) World Music. Entre Ilhas, l’album che celebra diversità e affinità musicali degli arcipelaghi della Macaronesia. (Marcello Lorrai)

    Esteri - 27-11-2025

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    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 27-11-2025

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    A Gaza il genocidio non è finito

    A oltre un mese dall’annuncio del cessate il fuoco nella striscia di Gaza, le autorità israeliane stanno ancora commettendo il crimine di genocidio nei confronti della popolazione palestinese. Un nuovo rapporto di Amnesty International, che contiene un’analisi giuridica del genocidio in atto e testimonianze di abitanti della Striscia di Gaza e di personale medico e umanitario, evidenzia come Israele stia continuando a sottoporre deliberatamente la popolazione della Striscia a condizioni di vita volte a provocare la sua distruzione fisica, senza alcun segnale di un cambiamento nelle loro intenzioni. Martina Stefanoni ne ha parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

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    Poveri ma belli di giovedì 27/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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