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Renzi è incapace di comprendere la sconfitta

Ancora una volta, Matteo Renzi dimostra di essere incapace di ammettere una sconfitta.

Il suo commento dell’esito del voto, affidato a Facebook, è la negazione dell’autocritica: “qualcuno dirà che questo risultato è un campanello d’allarme, non si capisce per cosa e perché visto che in un comune perdi, in quello accanto vinci”.

Il segretario di un partito che deve abbandonare roccaforti come Genova, Carrara, Sesto San Giovanni, o una realtà come L’Aquila, dovrebbe ammettere il grave insuccesso politico. E non affermare “nel numero totale di sindaci vittoriosi siamo avanti noi del Pd” citando Lecce, Taranto, Padova, Sciacca e Cernusco sul Naviglio.

Paragonare Genova a Lecce o Sesto San Giovanni a Cernusco sul Naviglio significa sfidare l’attitudine alla sopportazione degli elettori.

Renzi rischia di apparire scollato dal principio di realtà. E’ solo, circondato da consiglieri che non hanno la forza o la capacità di proporre analisi realistiche, di affermare che la sconfitta è data in primis dal rifiuto di tanti italiani di sinistra di continuare a dare ossigeno al renzismo, quand’anche si presenti in coalizione con la formula del centrosinistra.

E’ una storia vecchia, quella del leader politico arroccato, isolato e attorniato solo dai fedelissimi. Non ha mai portato bene, in passato.

“Dobbiamo mettere in discussione alcune scelte fatte” ha affermato il vicesegretario del Pd, Maurizio Martina, intervistato da Radio Popolare. E’ un piccolissimo passo, ma non basta. Quale volontà reale di cambiamento serpeggi a largo del Nazareno, e in quale direzione, Martina non lo ha spiegato.

Una timidezza che non affronta il nodo delle scelte che hanno allontanato gli elettori tradizionali, senza trovare un nuovo radicamento sociale.

Le responsabilità della sconfitta del centrosinistra alle elezioni amministrative 2017 non possono essere attribuite esclusivamente a Renzi e al suo partito. Divise, litigiose, appassionate dei tatticismi, le forze politiche a sinistra del Pd non hanno rappresentato un valore aggiunto. In parte perché i potenziali elettori non vogliono alleanze col Pd, in parte a causa di una proposta politica ancora poco chiara e definita.

E poi, esiste il fattore destra. La destra in Italia non è mai morta. Si è appannata, ha subito il contraccolpo delle condanne giudiziarie di Berlusconi, ma si è riorganizzata attorno alla proposta politica più radicale, quella salviniana.

Il leader della Lega è il vero vincitore di queste elezioni.

Spira di nuovo vento di destra, è un vento che rifiuta l’immigrazione, lo Ius Soli, le politiche sui diritti civili. Da destra si dice no ai diritti civili e all’immigrazione, da sinistra si dice no alle politiche economiche dei governi Renzi e Gentiloni. E’ la tenaglia che sta stritolando il Pd e il centrosinistra

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Niente autorizzazione per “la squadra di rugby del carcere di Livorno, il corso di scrittura nel carcere di Parma, una serie di attività di Ristretti orizzonti nel carcere di Padova…”, così Susanna Marietti coordinatrice nazionale di Antigone (e da 16 anni voce di Jailhouse Rock il lunedì sera su Radio Popolare) racconta i primi effetti del passaggio al Ministero delle richieste di attività trattamentali (laboratori, corsi, formazione) che prima erano nelle disponibilità delle direzioni degli istituti carcerari. Una scelta del Governo che sta ridisegnando il sistema carcerario: “Tassello per tassello si compie la visione di un carcere chiuso, è la stessa idea di carcere che troviamo nel reato di rivolta penitenziaria [che punisce anche le proteste nonviolente, N.d.R.]: stai zitto, obbedisci agli ordini e non rivendicare mai i tuoi diritti”. Nessuna funzione rieducativa. Ascolta l’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia a Susanna Marietti.

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