Il voto al Sud dà a Schlein la soddisfazione di dire abbiamo vinto, da qui parte la riscossa per la riconquista del Paese. Si è sparata centinaia di chilometri in poche ore per abbracciare prima Fico poi Decaro. Il grillino della prima ora, il riformista del Pd, uomini diversi, stesso schema, tutti uniti da sinistra al centro, che poi sai che invenzione, è il solo schema possibile e immaginabile per provare a giocarla, la partita delle elezioni politiche, ma sembra una grande idea visto che a Roma la questione è più complessa, come va di moda dire oggi. A Napoli sul palco del vincitore sono saliti i leader nazionali, fiondatisi appena dopo gli exit poll. Campo largo versione minimal, senza i centristi, e a cui a Napoli va aggiunto il fattore locale che si chiama De Luca. Piero il giovane, segretario del Pd, che esce per primo a mettere il sigillo sulla vittoria. Vincenzo il patriarca che con la sua lista ottiene quasi il 10 per cento. Solo Roberto Fico in un lungo discorso del vincitore parla della Campania, i suoi programmi, le sue ambizioni. Gli altri parlano solo di Giorgia Meloni. Stiamo arrivando, le dicono. Il Sud e Napoli in particolare sono per il centrosinistra quello che avrebbero potuto essere le Marche e invece no: il pretesto per dire che il vento è cambiato. Nonostante il non voto abbia falcidiato i consensi di tutti ma il non voto era un tema per nessuno, al massimo una domanda fastidiosa cui rispondere con frasi di circostanza: “faremo”, “ci impegneremo”. Ma è cambiato davvero il vento? Campania e Puglia erano già del centrosinistra e, se si allarga lo sguardo al complesso delle regionali 2025, tutto è rimasto com’era: dove c’era la destra continua a esserci la destra e viceversa. Allora cosa c’è da festeggiare a sinistra? Essere ancora vivi, probabilmente. Il grido di sfida verso Meloni, quel nominarla continuamente, nascondevano forse la paura che si potesse prendere tutto. Non è successo, per la sinistra è già qualcosa.


