Iniziative

 

 

Radio Pop: tanti ma ottimi

Senza abbonati Radio Popolare non ci sarebbe. E se non ci fosse nessuno potrebbe immaginare che sarebbe possibile avere una voce pensante e non omologata. Sarebbe campo libero, senza alternative, al conformismo di regime, “Syriza, il partito anti euro…”, “La Russia attacca la Turchia…”, “La politica del rigore…”, e mille altre amenità scorrerebbero indisturbate nelle nostre orecchie. Forse, alla fine, ci convinceremmo anche noi che tagliare le pensioni è una scelta rigorosa, che la Turchia è una vittima da difendere, che Tsipras fa il gioco dei Salvini e delle Le Pen.

Forse interiorizzeremmo che invece del casino della lotta politica è bene avere gente di polso, si sono inventati e ci hanno già suggerito la terminologia per aiutarci ad entrare nello spirito dei tempi, avere dunque dei Governatori, un Premier, non un Presidente del Consiglio, un factotum dalle decisioni solitarie, rapide e provvidenziali, come era, si diceva una volta, il buonanima, cioè il Duce.

Come può, da quarant’anni Radio Popolare cerca di smarcarsi dal quotidiano menu corale. A volte ci riesce, a volte no. Non è facile. Negli anni esistevano nella società, nel mondo, forti multiformi punti di riferimento che stimolavano la critica, la ricerca. Poi questi punti di riferimento si sono sbiaditi, a volte estinti, parcellizzati in tanti piccoli tasselli, alcuni vecchi altri, per fortuna, nuovi di zecca ma frammentati, bisogna andarseli a cercare per avere spunti di comprensione, per sciacquarsi quotidianamente le orecchie e la testa dal monopensiero. Linguaggio, banalità ripetute sino a diventare credibili, scale di valori date per ovvie, slogan che sostituisco i fatti, giudizi che anticipano gli eventi. No, non è facile veder chiaro attraverso questa nebbia.

Ebbene, senza gli abbonati quel che è difficile sarebbe impossibile. All’inizio c’erano le tessere di Radiopop. Un quarto di secolo fa, inizio anni ’90, inventammo l’abbonaggio, centinaia di ascoltatori accorsero ad abbonarsi, ricordo le file ai nostri banchetti nella sede di via Stradella. Capimmo che era la strada giusta, forse l’unica: consegnavamo la Radio nella mani degli ascoltatori, e loro se ne facevano carico. Era un’impresa collettiva. Ogni tanto ce ne si scorda, è un mestiere che alimenta individualismo e protagonismo, induce a lasciare in ombra il pilastro che dà mezzi e senso al progetto.

Ma una pattuglia di eroi, tanto lavoro e poco reddito, non ribalta l’andazzo della comunicazione se non ha contatto con un esercito che lo provoca, loda, critica, suggerisce, dà notizie, fa venire idee. Gli abbonati non sono la bocca della verità ma sono persone non addomesticate, non rassegnate anche quando disilluse e amareggiate, il meglio che si possa desiderare come stimolo. Senza i fedeli, se si recide quel cordone ombelicale, la Radio ingrigisce e subisce, senza accorgersene, l’influenza del pensiero corrente. Alla fine diventa inutile.

Senza gli abbonati la Radio si sarebbe estinta da tempo. Senza gli abbonamenti la crisi economica avrebbe spazzato via la Radio. Mi dicono che il 60% degli introiti viene dagli abbonamenti. E il mercato? Il famoso mercato che dovrebbe impazzire perché Radiopop ha il pubblico più fiducioso nel mezzo che esista in Italia? Un ascoltatore di RP ne vale almeno 10 di una radio commerciale. Ma il mercato vola basso. Bada ai numeri delle analisi degli ascolti e predilige linguaggi più facili, più accomodanti. Ma è possibile rendere la Radio più appetibile al mercato senza perdere la propria natura?

Certo che si può. Ma occorre il doppio, il triplo di fatica, inventiva, capacità d’urto che basterebbero altrove, sfondare il recinto che è anche quello della sinistra storica, oramai percepita più come nominale che effettiva, tangenziale ai problemi quotidiani che invece non solo ci sono ma muovono le persone a cercare sbocchi, a volte belli a volte regressivi, la Lega lo sa e ci conta. La crescita della Radio, possibile ma ardua, è quella che potrebbe addirittura costruire le condizioni per nuovi, migliori lessici politici. Il potenziale è grande, i compiti impervi, le forze ridotte, la strada ancora da tracciare. Ma pare che comunque la Radio debba necessariamente crescere. Per crescere servono più mezzi, per avere più mezzi bisogna crescere, il serpente si mangia la coda.

E’ la maledizione delle minoranze. Anche un vezzo, pochi ma buoni. Al largo dai ciarlatani. Anche pigrizia intellettuale, perché andare oltre il recinto a trovare i denominatori comuni utili e veri in platee che sembrano aliene, ma non lo sono affatto, ebbene è cosa che fa fatica. Da anni il numero degli abbonati è stabile sui 14/15 mila. Se per ipotesi quel numero raddoppiasse, triplicasse, quadruplicasse…. Pare impossibile, ma quando, tantissimi anni fa, raggiungemmo quota 5.000 abbonamenti ci sembrò un Everest. Poi si crebbe. Si triplicò. Se oggi si riuscisse, beh si creerebbero le condizioni per i prossimi quarant’anni. Almeno.

  • Autore articolo
    Piero Scaramucci
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    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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    Volume di giovedì 04/12/2025

    Le statistiche di fine anno sugli artisti più ascoltati su Spotify e la rubrica LGBTQ+ a cura di Piergiorgio Pardo. Nella seconda parte l'intervista con mini live di Elijah Wald, che ci racconta le sue avventure nel Greenwich Village degli anni '60, il quiz sul cinema e il concerto dei Royal Otis di ieri sera al Fabrique

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    Musica leggerissima di giovedì 04/12/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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    Noi e altri animali È la trasmissione che da settembre del 2014 si interroga su i mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia. Ogni giorno con l’ospite di turno si approfondisce un argomento e si amplia il Bestiario che stiamo compilando. In onda da lunedì a venerdì dalle 12.45 alle 13.15. A cura di Cecilia Di Lieto.

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    Pubblica di giovedì 04/12/2025

    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

    Pubblica - 04-12-2025

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    Nell'ultima puntata di 37e2 abbiamo letto la lettera di una persona che ha lavorato come in un Cpr, Centro di permanenza per il rimpatrio, e che con molta amarezza ha deciso di abbandonare il lavoro. La lettera ci è arrivata attraverso la Rete Mai più lager - No ai Cpr con cui siamo in contatto per raccontarvi cosa accade nei Cpr.

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    Trasmissione trisettimanale, il lunedì dedicata all’America Latina con Chawki Senouci, il mercoledì all’Asia con Diana Santini, il giovedì all’Africa con Sara Milanese.

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 04-12-2025

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    MATTEO MUZIO - SUPREMA INGIUSTIZIA - presentato da Michele Migone

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