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Rachid, 8 anni, bloccato in aeroporto

Dopo dodici giorni passati “in prigionia” nella sala d’attesa dell’aeroporto Charles De Gaulle di Rossy, Parigi, Rachid è finalmente libero. Rachid, nome di fantasia, ha otto anni e viene dalle isole Comore. È sbarcato in Francia il 21 marzo con un passaporto che non gli appartiene. Infatti, accompagnato dalla zia, Rachid era in possesso dei documenti del cugino, di tre anni più piccolo. Era l’unico modo per arrivare in Francia, dove sperava di poter stare ospite della zia.

Doveva essere rimpatriato venerdì 1 aprile, ma si è opposto e anche il comandante dell’aereo diretto alle isole Comore si è rifiutato di obbedire all’ordine. Così alla fine coronerà il suo sogno di restare in Europa. Lo ha deciso il giudice per le libertà e la detenzione della corte di Bobigny, nella regione parigina. Ad occuparsi del suo caso fin dal primo giorno di fermo è stata l’associazione La Voix de l’Enfant, che si occupa dei diritti dei bambini. “Ciò che è accaduto non è accettabile – ha spiegato a Libération la presidente dell’associazione Martine Brousse -. Ci attiveremo per fare in modo che i bambini possano essere accolti in condizioni decenti (e non in sale d’attesa dell’aeroporto, ndr)”. La presidente dell’associazione intende convocare una riunione interministeriale a cui dovrà partecipare anche il ministero degli Affari esteri, considerato “il grande assente” di questa storia. La zona d’attesa individuata attualmente si chiama ZAPI, da tradurre in “zona d’attesa per persone richiedenti”: “un luogo carcerario, tra la zona merci e una pista dell’aeroporto, dove il minore condivide lo spazio con ragazzi di 16 e 17 anni”, la descrive Le Monde.

La stessa sorte di Rachid, ricorda l’associazione per i diritti dei bambini, nel 2014 è toccata a 200 minori, di cui 45 sotto i 13 anni. L’ultimo caso simili risale a giugno 2015: protagoniste due bambine di origine africana, di tre e sei anni. Andréane, 6 anni, è francese di passaporto, ma arriva a Parigi dalla capitale del Camerun, Yaoundé, dove vive con la nonna. Alla frontiera ritengono che la foto del passaporto sia contraffatta: resta in sala d’attesa per quattro giorni. In Tribunale il giudice esclude che il suo passaporto sia falso o che la sua identità sia rubata: riconosce subito la madre e i compagni di classe. Fanta, 3 anni, viaggia da Istanbul verso Parigi con un uomo di nazionalità ivoriana. Ha le carte in regola, ma sul passaporto la foto della minore non corrisponde a Fanta. Il documento è falso. Dice di essere il padre, ma la polizia vuole esserne certa. In sala d’attesa ci resta cinque giorni. Il padre, alla fine, è davvero l’uomo che l’ha accompagnata, ha documenti italiani ma vive in Francia. “Chi non avrebbe fatto lo stesso sapendo che per un ricongiungimento familiare ci vogliono anni?”, si chiede la Rete Educazione senza frontiere in un comunicato.

Il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve ha detto di aver dato delle “consegne” per evitare che le verifiche nei casi dei minori prendano troppo tempo. Ma pare che le nuove direttive fatichino ad entrare in vigore.

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    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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