
Quando sei mesi fa Donald Trump diffuse il video prodotto con l’IA su Gaza trasformata in una resort di lusso, molti pensarono a una provocazione di cattivo gusto. Sei mesi e migliaia di morti dopo, quelle immagini sono diventate un progetto sul futuro della Striscia discusso alla Casa Bianca dal presidente, dall’inviato speciale Steve Witkoff, dal genero Jared Kushner e dall’ex premier britannico Tony Blair, ex inviato per il Medioriente del Quartetto. Nelle 38 pagine consultate dal Washington Post, si legge che il ‘Piano Riviera’ prevede il trasferimento “volontario” dei due milioni di gazawi in zone delimitate dentro la Striscia o il loro dislocamento in altre paesi in attesa della ricostruzione. Ai palestinesi proprietari di terra verrebbe dato un portafoglio digitale per comprare un appartamento in una delle otto città che sorgerebbero al posto dei centri distrutti, mentre chi se ne andrà avrà cinque mila dollari e quattro anni di affitto pagato nel luogo dove si recherà. Grattacieli in vetro e acciaio, una zona industriale a nord, al confine con Israele, edifici di lusso per rendere Gaza una nuova Dubai sotto l’amministrazione controllata e diretta degli USA per i prossimi dieci anni. Il rendering del progetto ovviamente tenta di mascherare il fatto che la distruzione di quel che rimane della Striscia – Gaza City – dovrà essere completata – con altre migliaia di morti – e che la pulizia etnica dei palestinesi dovrà essere portata a termine. Difficile capire ora se il Piano Riviera di Trump vedrà mai effettivamente la luce, ma il fatto stesso di averlo formulato in questi termini conferma un fattore politico: l’amministrazione USA vuole la morte della Soluzione dei Due Stati. In perfetta sintonia con i piani del governo di Netanyahu, Il Progetto Riviera non prevede alcun tipo di sovranità palestinese su Gaza. Il giorno dopo la riunione alla Casa Bianca, il SegreTario di Stato Marco Rubio ha deciso di negare il visto d’ingresso ai dirigenti dell’Autorità Nazionale Palestinese per l’Assemblea Generale dell’Onu, il momento in cui, nelle prossime settimane, Francia, Gran Bretagna e Canada dovrebbero riconoscere lo Stato Palestinese. Il collegamento tra i due fatti sembra evidente.