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Ponte sullo stretto, è già costato oltre un miliardo

“Il ponte sullo stretto di Messina si farà, ma pensiamo prima alle emergenze”. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi lo ha dichiarato alla presentazione del libro di Bruno Vespa Donne d’Italia, a Roma. Il governo mette in agenda la contestata opera che fu un sogno di governi italiani dal 1870: “Sarà un simbolo bellissimo”. L’ultimo a crederci fu Silvio Berlusconi, nel 2003: gli altri governi furono molto più cauti. Prima che arrivasse Renzi.

Il ministro dell’Interno Angelino Alfano aveva già dichiarato di voler rispolverare il dossier, una priorità di Ncd: “Stavolta ci siamo”, dichiarava ad Agorà su RaiTre il 30 settembre, dopo aver incassato un sì da maggioranza e governo. “Abbiamo fatto una battaglia per rimettere in agenda il ponte e vuol dire che il governo finalmente svolta al sud: con il ponte realizzeremo una grande opera che darà un grande aiuto economico al sud, è la grande incompiuta psicologica del nostro Paese”, affermava sicuro in trasmissione.

Ancora non è mai nemmeno stato aperto il cantiere e il Ponte è già costato oltre un miliardo di euro complessivamente. L’opera, secondo quanto stimato dal Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) avrebbe dovuto costare 4,6 miliardi di euro, per 20 anni di cantiere. La società che avrebbe dovuto realizzare il ponte è nata nel 1981: la Stretto di Messina spa, all’epoca controllata per il 51 per cento da Ferrovie dello Stato Italiane, Anas, Regione Siciliana e Regione Calabria con una percentuale uguale del 12,25 per cento ciascuno.

Nel 2002 subentra Fintecna, con il 55,5 per cento delle quote, poi nel 2007 Anas, la società autostrade, ne acquista l’81 per cento. La musica non cambia: il cantiere non parte mai. Poi, nel 2013, la messa in liquidazione, con commissario Vincenzo Fortunato. Come osserva il think tank Istituto Bruno Leoni nel portale Wikispesa, però, la società continua a gravare sulle casse del pubblico, per lo stipendio di 14 persone in distacco (pur non avendo dipendenti) dirottate sulla società dalla controllante Anas.

Il 2012 è un altro anno di svolta: nel 2006 il governo aveva autorizzato l’apertura di un bando di gara per potersi aggiudicare la realizzazione dell’opera. Se lo aggiudica il consorzio Eurolinnk, guidato da Salini-Impregilo e partecipato dalla spagnola Sacyr (con cui Salini è in affari anche sul Canale di Panama), Condotte d’Acqua della famiglia Bruno, Cmc di Ravenna, la giapponese Ishikawajima-Harima Heavy Industries e Aci scpa. Il cantiere parte? Macché: nel 2005 la Corte die Conti stima in almeno 128 milioni la spesa già sostenuta per materiali mai utilizzati. Con la società Stretto di Messina spa messa in liquidazione nel 2013, il Consorzio si fa sotto con Anas, a cui chiede un risarcimento di 700 milioni di euro per aver cancellato il contratto in essere. E la legge sta dalla parte della società.

Al di là dell’utilità dell’opera, c’è un fronte – difficile da valicare – contrario all’opera per motivi tecnici. Il primo parere contrario è quello della Direzione investigativa antimafia, che in un rapporto del 2005 aveva parlato dei rischi di infiltrazione mafiosa nelle aziende che avrebbero dovuto lavorare alla grande opera. Stesso timore condiviso dal console onorario di Napoli J. Patrick Truhn tra il 2008 e il 2009, in dispacci desecretati da Wikileaks. Anche dall’Europa si dà parere negativo: nell’ottobre 2011 Bruxelles scrive che “se l’Italia vorrà portare avanti l’opera, dovrà trovare da sola i soldi per realizzarla”. Perché non è strategica.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    Una casa editrice di estrema destra si iscrive alla Fiera nazionale della Piccola e Media Editoria “Più libri, Più liberi”, organizzata dall’Associazione editori italiani. Alcuni intellettuali si chiedono se sia opportuno ospitare pensieri razzisti o apologie del nazismo e come spiega la filosofa e scrittrice Donatella Di Cesare, esperta internazionale di "negazionismo" (l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola “Tecnofascismo”): “Non discutiamo la libertà di pensiero e di pubblicazione per una casa editrice, ma l’idea della Fiera intitolata Più libri, Più Liberi a cui chiediamo se è giusto offrire questa vetrina ulteriore, così emblematica e significativa, dove verranno esposti autori e tematiche che in altri paesi europei come la Germania non sono tollerate”. “In Italia c’è una soglia molto bassa di attenzione, forse perché i temi storici non vengono approfonditi e siamo ancora nella vulgata del rigurgito del passato che ritorna o di temi folcloristici da non prendere seriamente e secondo me è un elemento critico e una mancanza di vigilanza culturale ed etica”. Ascolta l'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli.

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    C’è un tesoro in Italia, ambito da sempre, ed è il tesoro delle Assicurazioni Generali. Chi comanda a Trieste, comanda su un pezzo importante del paese. Per 70 anni il tesoro delle Generali è stato controllato da Mediobanca, che una volta era il salotto del capitalismo familiare italiano e oggi è una solida banca milanese. Nell’ultimo anno, grosso modo, due capitalisti nostrani, non si sa se anche coraggiosi, Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Francesco Milleri, hanno portato a termine il colpo del secolo: con un’operazione di scambio di azioni – e con il concorso esterno del MPS, fino a qualche mese fa banca di stato - hanno cacciato i vecchi azionisti dagli uffici di piazzetta Cuccia a Milano (Mediobanca) e al loro posto ci hanno messo se stessi più alcuni amici. In questo modo l’immobiliarista e editore Caltagirone, insiene al socio un po’ litigioso degli eredi Luxottica, hanno preso il controllo di Mediobanca. E lo hanno fatto con l’aiuto del MPS, banca pubblica privatizzanda. Preso il controllo di Mediobanca, i “nostri” Caltagirone&Soci hanno cominciato a vedere terra, la costa triestina, la casa mitteleuropea di Generali. Ora, su tutta questa operazione – sommariamente sintetizzata – qualcosa non ha funzionato. La Procura di Milano sta indagando per il mancato rispetto di alcune importanti formalità da codice penale: il “concerto” non previsto, il rispetto del “mercato” e delle autorità di controllo. Aspettiamo fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso, mentre la politica rivendica i suoi meriti, giusti o sbagliati che siano. Pubblica oggi ha ospitato il giornalista e saggista Vittorio Malagutti (Domani) e il senatore del Pd Antonio Misiani.

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    Mara Morini politologa dell’Università di Genova, coordinatrice dello Standing Group “Russia e spazio post-sovietico” della Società Italiana di Scienza Politica (SISP), lascia poche chance all'accettazione da parte di Putin del "piano" messo a punto in Florida e presentato oggi dall'inviato speciale Witkoff al Cremlino, mentre Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova, già Ambasciatore e Capo di Gabinetto del ministero degli Esteri sottolinea come la tregua purtroppo si fissi sulla linea del fronte e poi le negoziazioni dovranno riuscire a ristabilire la sovranità dei territori, ma come anche l'aver affidato le trattative a uomini che non rispondo ai Parlamenti renda molto opaco tutto il processo. Donatella Di Cesare, filosofa e scrittrice, esperta internazionale di "negazionismo", l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola Tecnofascismo, chiede conto alla fiera Più Libri Più Liberi promossa dall'Associazione italiana editori a Roma della presenza tra gli espositori della casa editrice di estrema dx Passaggio al Bosco. Infine Gianmarco Bachi annuncia "il corteo" di ascoltatrici, ascoltatori, lavoratori, collaboratrici e chi più ne ha più ne metta il prossimo 14 dicembre la mattina che dalla sede della radio in via Ollearo 5 si dirigerà alla Fabbrica del Vapore per la fine della maratona radiofonica di 50 ore e il via alle celebrazioni dei 50 anni di Radio Popolare.

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