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Perché i giovani sono le vittime del terrorismo

Brando Benifei è nato a La Spezia nel 1986.

Con i suoi 29 anni è il più giovane eurodeputato del gruppo dei Socialisti e Democratici all’Europarlamento. Lo abbiamo raggiunto al telefono mentre con il treno stava raggiungendo Strasburgo. “Una vera impresa, con i trasporti rallentati dall’emergenza terrorismo”. Di giovani si è molto parlato dopo gli attentati di Parigi. Giovani le vittime, giovani i terroristi, giovani i protagonisti delle manifestazioni di reazione agli attacchi del 13 novembre. Compresi i giovani musulmani scesi in piazza per dire “Not in my name”.

“Io stesso conosco ragazzi che erano a Parigi quel giorno – racconta Brando Benifei – alcuni di loro hanno sentito o addirittura hanno visto le sparatorie, fortunatamente nessuno di loro è rimasto coinvolto direttamente dagli attacchi. Io stesso sono stato al Bataclan, qualche anno fa ero stato a sentire un concerto rock.

Che riflessione ha fatto dopo quelle drammatiche ore?

“Penso che i giovani si debbano interrogare su quello che sta succedendo. Sta alla nostra generazione dover trovare delle soluzioni per contrastare questa situazione di paura che si sta impadronendo dell’Europa. Sicuramente i terroristi non possono vincere, non possono conquistare un paese in questo modo. Quello che possono fare è trasformare le nostre abitudini. E soprattutto i giovani che dall’Europa hanno avuto opportunità di vita oltre le frontiere oggi si sentono in pericolo, sentono quelle opportunità messe in discussione”.

Ma perché i giovani sono un obiettivo del terrorismo jhiadista?

“Pwer loro colpire i giovani è colpire il cuore della corruzione. I giovani sono quelli che vivono di più un libertà europea di conoscere persone diverse, con religioni diverse, culture diverse, di incontrarsi liberamente, di discutere: colpire i giovani è colpire questa libertà”.

Secondo lei, esiste un “giovane europeo”?

“In questi anni sono aumentate le possiblità di viaggiare, spostarsi, lavorare in Paesi europei, penso all’Erasmus, non solo quello universitario. E’ cresciuta la mobilità dei giovani in Europa, sia per studio, sia per lavoro. Fare un’esperienza in un altro Paese europeo è diventata la quotidianità, la normalità per tanti giovani. Penso che questo sia il punto di partenza per costruire un’identità europea. Proprio dopo i fatti di Parigi dobbiamo capire che ogni Paese ha bisogno degli altri, che ci vuole più unità in Europa e non un arretramento nell’integrazione.

Oltre all’identità, però, quello che serve è anche un dialogo fra culture diverse. I giovani possono essere un ponte con i ragazzi e le ragazze dell’altra sponda del Mediterraneo? Lei cosa direbbe a un giovane nordafricano?

“Intanto che l’Europa deve sostenere la crescita e lo sviluppo del suo Paese. Io ho ricevuto rimostranze da amici attivisti politici nordafricani – tunisini, algerini, egiziani – proprio perché l’Europa non li ha sostenuti nel momento della Primavera Araba. E’ vero, non siamo stati capaci di dare una spinta alla democratizzazione”.

E a quelli che vengono in Europa, tra mille difficoltà?

“Noi abbiamo bisogno di giovani che vengono da quelle realtà. Io credo che possiamo costruire – nei limiti della sostenibilità – uno spazio di sviluppo comune. Certamente questo è un momento difficile per questo tipo di ragionamenti. Ma dobbiamo costruire un dialogo più forte basato su una condivisione di valori per contrastare il terrorismo. Proprio i giovani mussulmani italiani sono scesi in piazza. Io li sostengo perché credo che i giovani musulmani in Italia possano essere un ponte per il dialogo necessario”.

  • Autore articolo
    Alessandro Principe
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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