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Origins, il nuovo progetto della formazione etiopica Negarit Band

Negarit Band

Creata nell’ultimo scorcio del secolo scorso da Francis Falceto e pubblicata dall’etichetta francese Buda Musique, éthiopiques è ferma dal 2017, cioè paradossalmente proprio dall’anno in cui la fortunata collana ha festeggiato il ventennale della pubblicazione del suo primo album e ha anche raggiunto la ragguardevolissima consistenza di trenta volumi. Ma c’è adesso una buona notizia: è in uscita un nuovo album di éthioSonic, collana – varata nel 2007 – parallela a éthiopiques, e a sua volta ferma dal 2016, e questo ci dà delle concrete speranze che anche éthiopiques si rimetta presto in moto. Mentre éthiopiques ci ha fatto scoprire le meraviglie e i grandi protagonisti dell’epoca d’oro della musica etiopica moderna, éthioSonic, pure curata da Francis Falceto, è invece consacrata alla musica etiopica dei nostri giorni, nelle sue più varie incarnazioni: musica creata in Etiopia, oppure nella diaspora, ma anche musica proposta da non etiopi e ispirata alla musica etiopica.

In effetti, se negli ultimi decenni ci siamo deliziati con la musica etiopica degli anni ruggenti valorizzata da éthiopiques, e ascoltando dal vivo i suoi protagonisti ancora in attività, la musica etiopica contemporanea non ha avuto molto da offrirci, e a darci soddisfazioni molto maggiori sono state proprio le formazioni non etiopiche che in diversi paesi del mondo – dalla Francia agli Stati Uniti, dall’Olanda al Brasile, dal Giappone alla Svizzera – hanno fatto creativamente tesoro della lezione della musica etiopica moderna – magari anche dialogando con qualcuno dei suoi esponenti storici come Getatchew Mekurya, nel frattempo scomparso, o il re dell’ethio-jazz, Mulatu Astatke – e hanno così dato vita ad un singolare quanto stimolante fenomeno di appropriazione e rielaborazione.

Intitolato Origins, l’album con cui éthioSonic si rifà viva è dedicato però a Negarit Band, una formazione etiopica, e questa è un’altra buona notizia: nelle note di copertina Francis Falceto propone una sorta di “riassunto delle puntate precedenti”, ricordando proprio come la dittatura militare del Derg – 1974-1991 – abbia rappresentato per la musica moderna etiopica una violenta cesura, dopo la quale negli anni novanta non c’è stata purtroppo alcuna rinascita, e si è dovuto attendere il nuovo millennio per qualche raro segno di risveglio: uno dei quali è stato nel 2000 la creazione del gruppo Lasta Sound da parte del batterista Teferi Assefa appena arrivato a Los Angeles; un altro poi, sempre con di mezzo Assefa, è stato qualche anno dopo il gruppo Wudasse; e un altro ancora questa Negarit Band, creata da Assefa nel 2012.

Le buone notizie non sono ancora finite: con la Negarit Band Assefa vuole collocarsi nel solco dell’ethio-jazz, per rinfrescarlo in una chiave contemporanea, puntando su una musica strumentale e sull’improvvisazione, e distinguendosi cosìnettamente dalle banalità di molto pop etiopico: in effetti nel nuovo millennio il jazz ha suscitato un certo interesse nel giovane pubblico etiopico e si è creata in Etiopia e nella diaspora una interessante scena di musicisti orientati al jazz, jazz a volte anche non conformista; inoltre Assefa nutre la propria musica dei frutti di ricerche musicologiche che ha condotto nel sud dell’Etiopia, valorizzando tradizioni che non sono per niente rappresentate nei negozi di musica di Addis Abeba. Nelle sue note sempre puntuali, naturalmente Francis Falceto non può che sottolineare quanta importanza abbia una prospettiva multiculturale e pan-etiopica di questo genere nel contesto di conflitto interno dell’Etiopica di oggi.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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