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Non ci sono ragioni per festeggiare

Marta Fana

Non ci sono grandi motivi per festeggiare, in questo primo maggio 2018. La crisi non è stata superata da parte dei lavoratori, che subiscono gli effetti delle ristrutturazioni del capitale e delle scelte politiche degli ultimi anni.

Chiara Ronzani ha intervistato Marta Fana, ricercatrice, autrice del libro ‘Non è lavoro è sfruttamento‘ edito da Laterza.

Quasi 2,2 milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni, il 24,1 per cento della popolazione totale in quella fascia di età, secondo l’Istat non studiano e non lavorano. Sono i cosiddetti ‘neet’. Il tasso di disoccupazione giovanile tra i 15 e i 24 anni nel 2017 è al 34,7 per cento. Al sud è del 51,4 per cento (55,6 per cento tra le ragazze). La crisi iniziata dieci anni fa non è passata. Perché?

“La crisi, vorrei ricordare, in Italia inizia prima del 2008. Ce la portiamo dietro dal 1992 con una forte deindustrializzazione. Disinvestendo si è creata meno occupazione e soprattutto meno occupazione di qualità. E sono calati i diritti. Pensiamo al salario dei lavoratori. Dall’altro lato con l’apice della crisi abbiamo visto che la crisi è stata pagata dai lavoratori. Il capitale si è ristrutturato per abbassare la forza dei lavoratori. La disoccupazione non è qualcosa di naturale ma qualcosa che sposta gli equiilibri all’interno del mercato”.

Per quanto riguarda i ‘neet‘, Marta Fana denuncia il fallimento di ‘Garanzia Giovani’:

“Abbiamo visto che il numero di ragazzi che non studiano e non lavorano non è diminuito con Garanzia Giovani e chi ha trovato lavoro non ha trovato un contratto vero e proprio con le garanzie e le tutele ma i tirocini extracurriculari che in Italia sono stati circa il 50 per cento delle offerte di lavoro”.

L’alternanza scuola lavoro viene denunciata dagli studenti. Oggi a Napoli un gruppo di studenti denuncia di essere costretto a lavorare all’edificio monumentale Pio Monte della Misericordia, sostituendo lavoratori veri e propri

“La legge ‘buona scuola’ obbliga a questa forma di lavoro gratuito un milione e mezzo di studenti italiani. Lavoro gratuito che diventa obbligatorio e ne va della possibilità di ottenere il titolo di studio superiore. L’alternanza scuola lavoro è la sostituzione di lavoratori che potrebbero essere pagati con persone che poi, in seguito, vorrebbero lavorare e invece rimangono disoccupate. La differenza con il passato non è che non ci sia più il lavoro ma che si stanno attuando tutte le forme che permettono di non pagarlo e di usarlo a piacimento e senza nessun compromesso tra la struttura produttiva che crea profitto e quello che dovrebbe essere il valore del lavoro in sé”.

A Torino, al corteo del primo maggio, uno striscione recitava: “precari, sfrattati, studenti in alternanza scuola lavoro sono la nuova classe operaia”. È d’accordo? C’è stato un allargamento della classe operaia? E la classe operaia vera e propria che fine ha fatto?

“È uno dei temi più rilevanti. Quella che definivamo la classe operaia dell’industria di una volta in occidente si sta restringendo, ma non sta scomparendo, si sta solo trasferendo geograficamente in altre aree del pianeta. Però è vero che all’interno di quello che definiamo classe operaia, cioè tutti coloro che devono vendere la loro forza lavoro per vivere all’interno di processi e cicli produttivi in totale subalternità rispetto alla decisione del capitale su come si accumula ricchezza, assume nuove forme all’interno dei nuovi settori produttivi che stanno crescendo: la logistica, la grande distribuzione, il lavoro diretto dalle nuove tecnologie, pensiamo ai riders ad esempio. Questi sono la nuova classe operaia”.

Il lavoro intellettuale oggi vale poco, conta poco, si investe poco in ricerca e i lavori intellettuali sono quelli meno pagati mentre le aspettative un tempo erano diverse. Una ricerca afferma che i laureati siano pagati meno dei diplomati

“Vengono pagati più i diplomati rispetto ai laureati perché basta il diploma in Italia per svolgere le mansioni che richiedono le imprese. Persiste una differenza tra chi ha un titolo di studio elevato o meno ma dobbiamo capire che lavoro intellettuale non è lavorare davanti a un computer. Un conto è la tecnica e i mezzi che utilizziamo per svolgere le varie mansioni, un conto è il lavoro intellettuale vero e proprio. Gli insegnanti, ad esempio, vengono svalutati ma siamo di fronte a un processo che cerca di tirare in basso tutte le categorie in modo da svalutarle sia economicamente sia anche in termini di funzione sociale. Se pensiamo alla scuola, la sua funzione è sempre meno intellettuale e sempre più tecnico-nozionistica. Per scelta”.

Marta Fana

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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    Poveri ma belli - 01-07-2025

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    Almendra è fresca e dolce. Almendra è defaticante e corroborante. Almendra si beve tutta di un fiato. Almendra è una trasmissione estiva di Radio Popolare in cui ascoltare tanta bella musica, storie e racconti da Milano e dal mondo, e anche qualche approfondimento (senza esagerare, promesso). A luglio a cura di Luca Santoro, ad agosto di Dario Grande.

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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