
Ora le opposizioni sperano che il disegno di legge sul consenso informato, o almeno la parte che riguarda la scuola, possa essere modificato quando arriverà in Aula alla Camera. Loro si opporranno alle modifiche approvate in Commissione Cultura, che hanno cambiato in senso ancora peggiorativo — rispetto ai divieti già presenti nel disegno di legge — la possibilità di svolgere alcune ore di educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole.
Se nel primo disegno presentato da Valditara era previsto un divieto alle elementari e alle medie le lezioni diventavano facoltative, ora anche nelle scuole medie sarà vietato svolgere queste lezioni, mentre alle superiori potranno esserci solo con il consenso dei genitori. Un passo indietro molto forte, soprattutto in quella fascia d’età della prima adolescenza, in cui l’educazione alle relazioni, al rispetto e alla parità di genere è fondamentale.
Ci sono stati casi di femminicidio anche in quell’età così bassa, 14-15 anni, e rimandare tutto alle scuole superiori — per di più con il consenso delle famiglie — potrebbe essere troppo tardi.
La maggioranza e il governo continuano a ignorare le richieste che arrivano non solo dai partiti, ma soprattutto da molte associazioni, dal mondo della scuola e da chi si occupa di educazione di genere, affinché il tema venga affrontato nelle aule. Una necessità per affrontare anche il fenomeno dei femminicidi, da contrastare non soltanto con leggi come il Codice Rosso, ma anche — e soprattutto — con l’educazione dei ragazzi.
È un no che stride, nonostante poi vengano firmati accordi come quello con la Fondazione Cecchettin, impegnata proprio nella diffusione tra i giovani della cultura del rispetto. Una negazione, quella del Governo, dettata da motivazioni soprattutto ideologiche e non basate su dati reali, considerando che, secondo una ricerca di Save the Children, il 91% delle famiglie italiane ritiene utile introdurre l’educazione all’affettività e alla sessualità a scuola.