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Morto Provenzano, l’ultimo dei padrini

È morto uno dei più importanti boss di Cosa Nostra: Bernardo Provenzano si è spento a 83 anni su un letto dell’ospedale San Paolo, a Milano. Era in carcere da dieci anni, a seguito dell’arresto avvenuto l’11 aprile del 2006, in una masseria poco lontano da dove abitava, a Corleone. Per 43 anni era riuscito a fuggire.

Protagonista della stagione dello stragismo insieme a Totò Riina, è stato uno dei capimafia più sanguinario nella storia dell’organizzazione criminale. Lo chiamavano Binnu U’Trutturi, il Trattore, perché non si fermava di fronte a nulla. Il suo è uno dei profili psicologici del mafioso puro: si comportava come un automa, come un uomo senza sentimenti, capace di rispondere solo alle esigenze di Cosa Nostra. È morto a seguito di quattro anni di dura malattia che lo ha costretto agli arresti ospedalieri.

La carriera criminale – Ha mosso i primi passi da criminale con Luciano Liggio: rispondeva ai suoi ordini come facevano Salvatore Riina e i fratelli Bagarella. Quando i Corleonesi hanno cominciato la loro ascesa all’interno di Cosa Nostra, Binnu ha iniziato a mostrarsi per la sua ferocia. Nel 1969 si conquista il suo soprannome: uccide con il calcio della sua pistola il boss rivale Michele Cavataio. L’arma di questo si era inceppata, tradendola poco prima di poter sparare un colpo in fronte a Provenzano. È il 1974 quando, riferiscono i collaboratori Tommaso Buscetta e Totuccio Contorno, diventa reggente dei Corleonesi insieme a Riina. Insieme a Riina scatena la Seconda guerra di mafia, tra il 1981 e il 1982: all’epoca ai vertici di Cosa Nostra c’era una Commissione, composta da Michele Greco e dagli altri capidbastone che rappresentavano le diverse famiglie. Sotto la spinta dei Corleonesi, era cominciata la stagione degli omicidi eccellenti (tra cui Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, il giudice Terranova). Ai Bontate non andava bene, ma la maggior parte della Commissione era contro di loro. Cominciò così la faida, che si concluse con i Corleonesi sempre più potenti.

Gli anni delle stragi e la Trattativa– Rispetto a Riina, Bernardo Provenzano era un politico. È lui l’uomo a cui risponde Vito Ciancimino, il sindaco mafioso di Palermo. Quando andava a casa Ciancimino, si presentava come ingegner Loverde, ricorda ai magistrati il figlio Massimo Ciancimino. Negli anni ’90, i rapporti tra Stato e Cosa Nostra cambiano, a seguito della conferma delle condanne del Maxiprocesso, il procedimento che ha rivelato per la prima volta l’esistenza di Cosa Nostra. La risposta di Riina è la guerra allo Stato, che raggiunge il suo apice con gli attentati di Capaci e via D’Amelio. Con il ’93, inizia una nuova stagione: quella della Trattativa Stato-mafia, in cui Provenzano ricopre un ruolo fondamentale, per tramite sempre di Vito Ciancimino. E in quest’occasione, ancora una volta, si profila come un personaggio molto distante da Riina. Mentre questi continuava a cercare lo scontro con lo Stato, Provenzano preferiva trattare. Preveriva quella che poi è diventata la “strategia della sommersione”. Cosa Nostra ha cominciato a seguire questa strategia dopo la cattura di Riina, nel luglio 1993, a cui sembra collaborò anche Bernardo Provenzano. Il caso infatti vuole che in numerose circostanze, per i successivi13 anni, nessuno lo arresta. Comunica all’esterno tramite “pizzini”, messaggi in codice portati fuori dalla masseria da messaggeri fidati. I testi erano scritti a mano e a volte erano solo un susseguirsi di codici alfanumerici. Nel 2006, però, anche “l’ultimo padrino” capitola.

Misteri in carcere– Non sono bastati i tentativi di depistaggio ad allungare la latitanza del boss dei Corleonesi. Ma nemmeno in carcere si è diradata la fitta trama di ombre e misteri che ha sempre avvolto Binnu. Il boss, tramite figli e legale, racconta delle botte ricevute in carcere e per questo si fa trasferire più volte. Negli anni, in tanti hanno detto che avrebbe voluto collaborare. Invece non è mai accaduto. Il nome di Provenzano si lega anche ad un altro documento misterioso: il Protocollo Farfalla, un fantomatico accordo tra Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) e il Sisde (servizi civili interni poi divenuti Aisi) che avrebbe offerto denaro in cambio di informazioni dei boss di maggiore caratura. Ovviamente, anche Provenzano sarebbe rientrato in questa operazione.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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