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“Mi hanno arrestato per il mio attivismo”

Rasul Jafarov è un avvocato azero di 32 anni. Impegnato per le libertà politiche e per quella d’espressione, nel 2014 è stato arrestato con accuse considerate false da tutte le principali ong per i diritti umani. Pochi mesi fa è stato liberato, sulla scia di una mobilitazione in suo appoggio. Lo abbiamo incontrato a Roma, a un evento organizzato da FNSI, Articolo 21 e associazione Re:Common.

Quali sono i problemi principali per i diritti umani nel suo paese?

Il più grosso è quello dei prigionieri politici. È facile finire nel mirino delle autorità. La libertà di associazione e quella di espressione sono molto ridotte. Il governo ha deciso di rendere la vita difficile alle ong, e di fatto oggi non ce ne sono di indipendenti. Abbiamo problemi anche per diritti come l’accesso all’educazione e alla sanità, ma quelli maggiori riguardano le libertà politiche e quella d’espressione.

Perché è stato arrestato nel 2014?

Per le mie critiche e per il mio attivismo. Penso che al governo non siano piaciute le campagne e i progetti a cui ho lavorato nei quattro anni precedenti la mia detenzione. Volevano isolarmi dalla società e impedirmi di continuare a fare ciò in cui ero impegnato. Lo stesso è successo ad altri. Il governo non ama chi è indipendente e lo critica.

Cosa può dirci sul periodo passato in carcere?

Ci sono stato un anno e otto mesi, da agosto 2014 a marzo 2016. In realtà non avrei dovuto restarci un solo giorno, perché la mia è stata una condanna illegale, basata su ragioni politiche. Anche la corte europea dei diritti umani lo ha confermato. Stare in prigione non è facile, soprattutto se sai di non aver commesso alcun crimine. Ho cercato di sforzarmi di essere positivo, leggevo libri e provavo a tenermi occupato. Ho apprezzato chi si è mobilitato per me, in Azerbaigian e all’estero, e alla fine sono stato liberato prima del previsto. Ero stato condannato a sei anni e tre mesi.

Chi l’ha aiutata e chi invece non lo ha fatto?

Quando sono stato arrestato alcuni colleghi e amici avevano paura di appoggiarmi, ma non posso criticarli: sono umani, provano delle emozioni e magari vedono le cose in modo diverso. Molte persone però mi hanno aiutato. Penso a organizzazioni come Amnesty International, Human Rights Watch e tante altre di diversi paesi, inclusa l’Italia. In Azerbaigian devo ringraziare i miei avvocati, i miei familiari, gli amici e i colleghi che non hanno avuto timore di aiutarmi.

Continuerà a lottare per i diritti umani?

Certamente. Quando sono stato liberato ho scritto un articolo su un giornale britannico, con altri colleghi che erano stati arrestati e sono stati rilasciati insieme a me. Abbiamo detto che proseguiremo le nostre attività per proteggere e promuovere i diritti umani. Crediamo di fare la cosa giusta e non smetteremo.

  • Autore articolo
    Andrea Monti
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Greenwich Village, anni ‘60: un tuffo nel passato con Elijah Wald

    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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