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“Mensa a scuola, chi non paga dica perché”

Niente dopo-scuola o centri estivi se non paghi la mensa scolastica. È l’idea su cui sta lavorando il Comune di Milano, che a fine anno ha approvato delle linee guida sperimentali per l’educazione. Il punto che fa discutere è proprio l’intenzione di negare ai genitori che non sono in regola con le rette i servizi aggiuntivi offerti dal municipio. Diana Santini e Andrea Monti ne hanno parlato con Anna Scavuzzo, vicesindaca e assessora all’Istruzione.

Quante sono le famiglie insolventi?

“Al momento circa 14mila. I loro bambini continueranno a usare la mensa, ma per tutti gli altri servizi comunali mettiamo una limitazione. Da settembre se sei nell’elenco di chi non paga e chiedi di iscrivere tuo figlio al dopo-scuola, ti sarà imposto di metterti prima in regola con la mensa”.

E in caso di impossibilità?

Va capito perché la singola famiglia non paga. A volte uno non lo fa perché si dimentica, o perché la procedura non gli risulta facile. In altri casi può esserci un problema di inserimento in una fascia Isee non corretta, perché magari quei genitori non l’hanno mai fatto. Il nostro intento non è persecutorio, ma non possiamo abbuonare le insolvenze con una pacca sulla spalla”.

Di quanti soldi parliamo?

“Circa cinque milioni. Noi miglioriamo il servizio di pagamento, renderemo più semplice la somministrazione dei bollettini, renderemo più facile il versamento. Chiediamo a chi non è in regola di farci capire perché non lo è”.

Le rette non pagate sono quelle basse o quelle alte?

“Alcune sono più basse, altre sono nella fascia media e alta, soprattutto. È vero che bisogna andare a vedere se tutti quelli a cui è chiesta una retta alta hanno un reddito adeguato, o se invece non hanno consegnato l’Isee. Il messaggio per tutti è che noi ci mettiamo ad affrontare il tema in modo scientifico: chi ha dei problemi ce lo dica. Chi non li ha, paghi”.

Questa cernita non si poteva fare senza negare servizi che servono soprattutto a chi non ha soldi per alternative? Se uno non paga, ma si può permettere la babysitter, magari non è interessato al doposcuola. Chi invece ne ha un bisogno vitale, perché non sa dove lasciare i bambini, è doppiamente penalizzato.

“Se ci sono situazioni di famiglie bisognose, o che hanno cambiato la fascia di reddito, o non hanno comunicato l’Isee, questo ci sarà segnalato come un problema. Io penso che ci servano delle leve per comunicare un po’ più di determinazione e serietà”.

E pensate che avranno effetto anche su chi avrebbe i soldi per pagare?

“È una sperimentazione e ci diamo il tempo per capire come va. Vediamo se funziona. Mettiamo in guardia chi pensa – e non sono pochi – che comunque tanto il Comune non controlla. Chi ha delle difficoltà le segnali, in modo tale che se ne tenga conto”.

Se ne tenga conto al punto di non far scattare lo stop all’accesso ad altri servizi?

“Su questo non mi sbilancerei, c’è bisogno di una valutazione puntuale. All’inizio sarà difficile verificare ogni singolo caso, perché dobbiamo erodere un colosso, ma non sono spaventata dalla possibilità che arrivi un momento in cui valuteremo le situazioni una per una. Immagino che quando ci saranno le iscrizioni ognuno si farà i conti in tasca e in qualche modo sarà invitato a metterseli a posto”.

Ascolta l’intervista ad Anna Scavuzzo

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