
Secondo i dati diffusi oggi dall’Istat nel 2024 le nascite sono in calo del 2,6% sull’anno precedente. E nei primi 7 mesi del 2025 il calo arriva al 6,3%.
Il numero medio di figli per donna raggiunge il minimo storico. Un dato che ha importanti ricadute socio-economiche, in particolare sul mercato del lavoro. Le cause delle poche nascite sono strutturali, riguardano nel complesso le società occidentali ma ricadono poi in come le società vengono costruite. Dalle condizioni economiche, a modalità di lavoro e squilibri di genere che ancora restano e che non solo i singoli bonus, la scelta politica prevalente, ma anche scelte più lungimiranti come l’assegno universale non hanno contribuito ad invertire la tendenza, che in Italia vede un calo costante delle nascite dal 2008. Istat stima che nel 2050 il numero di ultra 65enni sfiorerà il 35% della popolazione. L’Italia ha un suo specifico, visto che l’indice di dipendenza dagli anziani, misurato da Eurostat, è ben 14 punti sopra la media europea. L’invecchiamento generale implica cambiamenti sui servizi, impatto diverso sul sistema sanitario. Ma anche sul lavoro. Nell’ultimo anno la crescita di occupati è stata quasi esclusivamente tra gli over 50, frutto dell’allungamento della vita lavorativa. Che nell’ultima manovra viene ulteriormente allungata: a questi ritmi nel 2050 si lavorerà fino a 68 anni e 11 mesi. E questa non è una scelta lungimirante. Soprattutto perché continua a frenare l’ingresso di giovani lavoratori, che son sempre meno, anche perché le condizioni di accesso, tra bassi salari e precarietà, spingono molti ad andarsene, contribuendo a questo circolo vizioso che significa anche meno competenze adeguate ai tempi. Con ricadute sulla produzione di ricchezza. Giovani e donne, visto che abbiamo anche il tasso di occupazione femminile tra i più bassi d’Europa. In 20 anni i lavoratori sotto i 34 anni sono calati di due milioni. Gli over 50 hanno superato il record di 10. Dati che però lasciano margini di miglioramento ampi, che è difficile vedere nel sistema economico attuale. Perché va da se che così non c’è società ed economia che possa reggere, sul lungo ma anche sul medio periodo.