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Meloni chiede più tempo all’Europa, la guerra in Ucraina, il popolo iraniano in piazza e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di mercoledì 30 novembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Nel governo scoppia la questione Pnrr: ci sono decine e decine di miliardi che devono ancora arrivare, ma sono ad altissimo rischio perché ci sono progetti irrealizzabili e Meloni chiede più tempo all’Europa. Oggi in Parlamento c’è stato il voto per la mozione per spedire nuove armi in Ucraina. Ieri sera, dopo la sconfitta per 1 a 0 della nazionale iraniana contro gli Stati Uniti, decine di manifestanti antigovernativi sono scesi in strada in diverse città dell’Iran per festeggiare l’eliminazione della nazionale di calcio dai Mondiali in Qatar. Ucciso da un camion Davide Rebellin, l’ex campione di ciclismo. Si era ritirato un mese fa.

Il paradosso del Pnrr: ci sono troppi soldi rispetto alla nostra capacità di spenderli

(di Michele Migone)

I ritardi che si sono accumulati nell’attuazione del Pnrr potrebbero seriamene pregiudicare l’arrivo dei soldi delle prossime tranche. Su troppi progetti non si riesce a rispettare la tabella di marcia. Il Piano di resilienza rallenta o addirittura si blocca di fronte a un paradosso: ci sono troppi miliardi per l’effettiva capacità del Paese di gestirli e spenderli. Non si tratta solo dei costi da aggiornare a causa dell’inflazione, come dicono alcuni esponenti dell’esecutivo. E neppure si tratta dei ritardi per la consegna dei materiali necessari per portare avanti alcuni progetti infrastrutturali, come porti o ferrovie. Spesso la tabella di marcia si blocca perché ci si è accorti in ritardo, dopo la consegna del piano a Bruxelles, che alcuni di questi progetti sono in realtà difficilmente realizzabili. Un esempio: se dall’Europa arrivano i soldi per la costruzione degli asili nido ma poi ai comuni mancano gli euro per la spesa corrente, questo capitolo del Pnrr non va avanti. Parte del peccato è originale. Nel senso che, secondo alcuni, fu commesso all’inizio della vicenda. Giuseppe Conte, che ha il merito di aver convinto Emanuele Macron e Angela Merkel ad aprire i cordoni della borsa, insieme all’allora ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, inserirono nel piano troppi progetti. Il governo giallorosso era già in crisi perché Matteo Renzi voleva un cambio a Palazzo Chigi, e l’imponenza del piano, l’importanza della posta in gioco, secondo Conte, avrebbe potuto evitare la crisi dell’esecutivo che poi, invece, sarebbe arrivata lo stesso. Mario Draghi ha poi limato il piano, ma senza modificarlo nella sua portata; ha voluto rispettare a ogni costo le scadenze di presentazione concordate con l’Unione Europea per evitare brutte figure all’Italia, ma così facendo non ha posto rimedio all’errore originale. Giorgia Meloni, dopo aver ereditato questa situazione, ora vorrebbe più tempo per rimodellare il piano e magari più soldi dall’Europa per attuarlo. Ma è una richiesta che Bruxelles non accetterà.

Il timido segnale di disobbedienza di Sinistra Italiana

(di Anna Bredice)

Oltre al successo di Giorgia Meloni che nel voto di oggi è riuscita ad allargare una maggioranza filo atlantica oltre ai suoi partiti, sono stati interessanti anche i movimenti di voti a sinistra, con un Pd che ancora una volta, anche sulle armi a Kiev, ripropone una diversità di vedute. Una differenza che non si è espressa nella mozione, talmente studiata parola per parola, anche nella parte in cui si conferma l’aiuto militare, da poter essere votata da tutti, compresa l’area di sinistra del partito, da Elly Schlein a Laura Boldrini. Ma le stesse due deputate insieme agli ex di articolo uno, Scotto, Speranza, Cecilia guerra e poi Ciani di Demos hanno preferito non partecipare al voto della mozione di Sinistra italiana, che invece chiedeva uno stop immediato alle armi. Un timido segnale di disobbedienza. Il resto del Pd ha votato contro. Fratoianni e Bonelli invece senza nessun dubbio hanno votato a favore di quella dei Cinque stelle, che non è stata votata da nessuno del Pd. Verdi e Sinistra italiana sono stati una specie di cinghia di trasmissione tra i due partiti, Pd e Cinque stelle, che sulla guerra in Ucraina appaiono lontani, anche se nel documento presentato da Conte non c’è un esplicito no alle armi, c’è la richiesta di votare di volta in volta. La distanza tra i due partiti è resa ancora più forte però dalla mossa di Giorgia Meloni, aver cercato di catturare i voti dei due partiti che più di altri avevano condiviso la linea di Draghi sulla guerra, Pd e Terzo polo. La discussione nel Pd c’è stata e alcuni, ad esempio i più vicini alla comunità di Sant’Egidio, chiedono che anche il congresso si faccia carico di questo tema. Ma prima del congresso la discussione sarà inevitabile tra qualche giorno in Parlamento, quando il governo porterà il decreto di proroga di aiuti militari all’ucraina, che dovrebbe essere approvato domani dal Consiglio dei ministri. Lì sarà difficile per il Pd mantenere una posizione sfumata tra guerra e pace, soprattutto per chi vorrà rappresentare l’area più di sinistra candidata alle primarie.

Il punto sulla guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina. Oggi bombardamenti russi hanno preso di mira le città di Sumy, dove sarebbe stato colpito un ospedale e un adolescente sarebbe morto, e Kherson, la città liberata dall’esercito ucraino e da allora quotidianamente colpita dalle postazioni russe al di là del fiume Dnepr.
Sul piano diplomatico, oggi si registra la proposta formulata dalla presidente della commissione europea Ursula Von Der leyen della creazione di un tribunale internazionale ad hoc per giudicare i crimini di guerra russi in Ucraina. Gli Stati Uniti hanno detto che sostengono la proposta. Nei prossimi giorni l’esecutivo europeo manderà una proposta in questo senso agli stati membri.
C’è poi l’iniziativa statunitense che riguarda il gruppo Wagner: la milizia privata russa, considerata una specie di esercito alle dipendenze dirette del Cremlino, è stata più volte riconosciuta responsabile di atrocità e crimini di guerra. Washington starebbe valutando di inserirla all’interno della lista delle organizzazioni terroristiche. Oltre che negli scenari di guerra aperta, la milizia è spesso chiamata a intervenire, naturalmente a pagamento, in contesti e paesi alle prese con insurrezioni o movimenti terroristici. In Africa, grazie a questi interventi, la Wagner ha costruito un piccolo impero economico, fatto di concessioni minerarie, forestali e di rapporti opachi con i governi. Massimo Zaurrini è un africanista e un ricercatore dell’Ispi.

La Nazionale di calcio iraniana perde, i manifestanti festeggiano

Ieri sera, dopo la sconfitta per 1 a 0 della nazionale iraniana contro gli Stati Uniti, decine di manifestanti antigovernativi sono scesi in strada in diverse città dell’Iran per festeggiare l’eliminazione della nazionale di calcio dai Mondiali in Qatar. Nei video sui social, rilanciati da diverse emittenti tv, la gente ballava per strada a Teheran e in diverse altre città del Paese urlando slogan contro il regime.
Gli iraniani, in Iran e nella diaspora, non hanno perdonato i calciatori che, convocati dal presidente Raisi prima di partire per il campionato a Doha, si sono inchinati al potere costituito. A nulla è servito tenere la bocca serrata e le braccia conserte al momento dell’inno nazionale all’inizio della partita contro l’Inghilterra lunedì 21 novembre, anche perché il 25, contro il Galles, gli atleti iraniani hanno dovuto intonare l’inno. Ieri sera, muovevano appena le labbra.
Insomma, i calciatori del Team-e Melli hanno cercato di dare un colpo al cerchio e l’altro alla botte. Facendo capire di essere dalla parte delle proteste, ma anche impauriti delle conseguenze, al loro ritorno in patria e, soprattutto, in seguito alle minacce di arresti e torture nei confronti dei loro famigliari.

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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

    Pubblica - 03-12-2025

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    Finanza e Industria, ecco chi ci porta alla guerra

    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    L’inquietudine della provincia nel film “Ferine”, in concorso al Noir in Festival

    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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