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L’Ungheria di Orbán silenzia Klubradio

Klubradio ANSA

Klubradio verrà silenziata. La principale radio indipendente ungherese ha perso l’appello per mantenere la sua licenza, dopo che l’Autorità sui media ha accusato l’emittente di aver violato le regole, e da domenica non potrà più trasmettere.

Klubradio era una delle poche voci rimaste nel paese che si oppongono al governo di Viktor Orban che, da più di 10 anni ormai, reprime in modo indiscriminato la libertà di stampa in Ungheria.
L’accusa che il Media Council ungherese – un organo totalmente controllato dal governo – ha mosso alla radio – e che le è costata la chiusura – è talmente semplice da sembrare ridicola, come ci ha raccontato Mihaly Hardy, direttore dell’emittente.

Il Media Council ci ha accusato di aver redatto in ritardo, nel 2017, il report settimanale della musica e delle trasmissioni. È un rapporto molto dettagliato che dobbiamo produrre ogni ora, ogni giorno e ogni settimana. Il nostro ritardo è stato interpretato come una grave violazione delle regole dei media. Per quanto mi riguarda, una violazione grave sarebbe stata oscurare alcune figure politiche dai nostri servizi, o diffondere bugie o fake news. Ma non si tratta di niente del genere, solo di un foglio Excel pieno di cose burocratiche redatto in ritardo. È stato un pretesto per silenziare la radio. È semplicemente questo”.

Klubradio, però, non si arrende, e dal 15 febbraio trasmetteranno online, e sono sicuri che i loro ascoltatori continueranno a seguirli anche da lì. Anche la battaglia legale non si ferma, Klubradio e i suoi giornalisti combatteranno fino alla fine per tenere viva la loro voce libera e indipendente.

Faremo appello alla Corte Suprema ungherese e se questo sarà inutile o non porterà a un risultato andremo alla Corte Europea. Pensiamo che quello che è successo a Klubradio sia una discriminazione perché il Media Council, nel caso di tre altre radio – che però erano amiche del governo – agì diversamente ed estese le licenze, nonostante avessero infranto regole ben più gravi”.

Klubradio è solo l’ultima delle voci indipendenti ungheresi ad essere stata messa sotto silenzio, ma la libertà di stampa nel Paese è seriamente sotto attacco. Solo la scorsa estate il direttore dell’importante giornale ungherese Index.hu, è stato licenziato per aver parlato delle pressioni esercitate dal governo sul suo giornale.

Da quando è salito al potere, infatti, il primo ministro Viktor Orban ha adottato politiche sempre più autoritarie, prendendo pian piano il controllo di quasi tutti i media ungheresi.
Reporter Senza Frontiere ha inserito il paese all’89esimo posto su 180 per libertà di stampa.

Direi che il 95% dei media è controllato o posseduto dal governo. 470 diverse organizzazioni mediatiche sono sotto il controllo del governo. Possiede tutte le riviste, la maggior parte dei quotidiani e tutte le stazioni radio nazionali. Direi che solo il 5% dei media in Ungheria rimane indipendente e questo è molto grave per la democrazia, perché le persone non sono ben informate, ricevono continuamente bias e propaganda di governo. Klubradio era un piccolo buco in questo sistema. La giustizia e la verità stavano venendo fuori e questo è il motivo per cui è stata silenziata. E sono sicuro che questa decisione arrivi dai piani alti”.

Dopo l’annuncio della chiusura della stazione radio, la Commissione Europea ha espresso la propria preoccupazione circa il rispetto del pluralismo e della libertà dei media in Ungheria, ma secondo il direttore Mihaly Hardy, non è abbastanza. È importante che l’Unione Europea faccia sentire la propria voce e, soprattutto, che prenda una posizione chiara.

La nostra chiusura è la dimostrazione di come agisce Orban. Il fatto è che il governo ungherese riceve molti soldi dall’Unione Europea, quindi praticamente la dittatura di Orban è finanziata dalle tasse dei cittadini europei. I soldi arrivano in Ungheria e ingrassano le tasche degli amici di Orban. Questo è un problema grandissimo. L’Ungheria non può, da un lato, agire contro gli interessi e i valori dell’Unione Europea e dall’altro ricevere il 4 o il 5% del suo Pil con finanziamenti europei di vario genere. L’Europa deve decidere: o sta da una parte o dall’altra”.

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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    Sono passati otto mesi da quando Alberto Trentini, operatore umanitario in Venezuela, è stato fermato e arrestato senza motivazione dalle autorità venezuelane mentre svolgeva il suo lavoro per una ong internazionale. Da quel giorno Trentini è in isolamento totale, senza contatti con l'esterno e con la sua famiglia. La madre del giovane chiede al Governo di attivarsi come ha fatto in altri casi. "In questo momento che Alberto è ancora in vita, è fondamentale il ruolo dell'informazione" queste le parole di Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21. Alessandro Braga ne ha parlato con il nostro collaboratore Lorenzo Marcandalli che segue quotidianamente la vicenda.

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