“La tua voce che scalda i cuori non scalda te stessa. È vano cercare parole di sole dove c’è la caccia al genio. Il genio è un animale impaurito che scappa di casa in casa rincorso dai cacciatori che odiano la poesia”. Così scriveva Alda Merini di Ornella Vanoni. E “genio”, in senso classico, di potenza generatrice, creativa, è forse il termine più giusto per descrivere il suo poliedrico talento. Il perenne spostarsi da un ambito artistico all’altro, tradisce l’irrequieta curiosità che caratterizza le intelligenze superiori, che schivano la tranquillità. Per capirlo, basta scorrere un pur incompleto elenco delle collaborazioni di Ornella Vanoni, talvolta coincidenti con relazioni sentimentali, vissute sempre da donna libera, precorrendo i tempi.
Strehler, il teatro e la mala; Paoli, le mani “senza fine”; Ardenzi, l’impresario e padre di suo figlio; Tenco, profonda sintonia; Modugno, il vento del Sud; Califano, l’autore maledetto; Roberto Carlos, il Brasile, come più tardi Toquinho e de Moraes; il jazz con Jerry Mulligan; il lungo sodalizio professionale con Sergio Bardotti; gli incontri con Fossati e Lavezzi e poi con Fresu, Gabbani, Colapesce/Di Martino, Capossela, Bersani, Mahmood.
Nella sua storia, anche cinema e TV da leggenda, da conduttrice a Studio Uno e con i mattatori di ieri e di oggi: Chiari, Proietti, infine Fazio. Rese indimenticabile anche la pubblicità, con il celebre jingle del Martini. Ma questa “bellissima ragazza”, dal titolo ironico, come lei, della sua autobiografia, era anche amica delle donne, con cui fece grandi cose: fra le altre Mia Martini, Patty Pravo, Loredana Berte, Fiorella Mannoia, Carmen Consoli, Elodie. Come loro, anche noi, donne “qualunque”, le dobbiamo molto.


