
Non è semplice affrontare l’orrore di un campo di sterminio all’età di 15 anni. Superare la fame, il freddo e il lavoro massacrante quando si è ancora bambini. Luciano Modigliani nasce il 19 febbraio 1929 a Siena, si trasferisce all’età di dieci anni a Milano. Cinque anni più tardi, il 23 dicembre del 1944, in una normale mattina d’inverno, Luciano Modigliani viene a contatto per la prima volta con gli squadroni fascisti. Così ricorda quella mattina…
Sembra fatta per il giovane Luciano Modigliani che trova riparo a casa di una cugina, in un quartiere dove si nascondono ebrei e antifascisti. A seguito di una spiata, arrivano le SS che durante il rastrellamento lo catturano di nuovo. Il ragazzo subisce percosse e gli vengono rotte le dita delle mani prima di essere messo su un treno alla Stazione centrale di Milano per essere mandato nel campo di concentramento di Bolzano dove ritrova i suoi genitori. Lì conosce anche Michael Seifert, detto Misha, il famigerato boia di Bolzano, “il cui unico obiettivo era quello di fare del male al prossimo. Anche senza motivo. Io preferisco chiamarlo campo di sterminio”, aggiunge Luciano Modigliani quando ricorda al registratore le condizioni disumane nel lager…

A Bolzano, in via Resia, vengono rinchiusi ebrei, omosessuali e antifascisti in attesa di venire spediti in altri centri nell’Est Europa come Mauthausen o Auschwitz. Sui numeri si discute. Si oscilla tra gli 11 e 15mila detenuti. Ma tra questi c’erano anche i tremila detenuti del campo di Fossoli, chiuso prima dell’arrivo degli Alleati. Circa 360 ebrei non vengono immatricolati.

L’orrore scompare all’improvviso. L’arrivo degli alleati mette in fuga i fascisti e i prigionieri sono liberi. Luciano Modigliani è riuscito a salvarsi insieme ai suoi genitori e passa un lungo periodo di convalescenza per riprendere le forze…
Cinquant’anni dopo, nel 1995, arriva un riconoscimento alla sua straordinaria resistenza. Viene insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica italiana dall’allora presidente Oscar Luigi Scalfaro. Oggi, come racconta, gira per le scuole del Milanese a raccontare che cosa ha vissuto. Per anni si è tenuto tutto dentro e adesso si sente in dovere di trasmettere memoria di ciò che è stato alle nuove generazioni.
