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Roma, i migranti e la coscienza sporca dell’Italia

L’Italia si è messa in pari. Si diceva che facevamo un buon lavoro in mare, con i salvataggi, ed eravamo incapaci nell’accoglienza. Con il piano Minniti, adesso, respingiamo i migranti in mare e anche sulla terra ferma.

Anzi, sulla terra ferma li picchiamo. E per ribadire che l’Italia non ha più contraddizioni, in Piazza Indipendenza, a Roma, abbiamo mostrato di cosa siamo capaci. Lo abbiamo mostrato a immigrati etiopi ed eritrei ai quali abbiamo dovuto concedere lo status di rifugiati politici, non per bontà, beninteso, ma perché nessuno ne ha più diritto di loro.

Eppure etiopi ed eritrei avrebbero più di una ragione per chiedere – loro a noi – non uno straccio di permesso per stare sul nostro territorio, ma un indennizzo storico. L‘Eritrea è una creazione italiana, è stata la nostra prima colonia e abbiamo mandato migliaia di ascari eritrei a morire in battaglia per le nostre conquiste coloniali.

In Etiopia ci siamo macchiati di una delle peggiori nefandezze belliche di tutti i tempi, un primato italiano: l’abbiamo conquistata con i gas nervini e per controllarla abbiamo compiuto a ripetizione vergognosi massacri.

Poi finito il colonialismo abbiamo mantenuto al potere, in quei paesi, dittatori impresentabili, ma che ci concedevano le loro basi, che facevano da bastione contro l’islamismo per conto nostro, che consentivano di fare lavorare le nostre grandi imprese.

Non c’è da stupirsi se migliaia di giovani hanno voluto fuggire da quei paesi. Eppure noi, che siamo una delle fonti dei loro guai, non li abbiamo accolti. Basta ricordare un naufragio simbolo, quello del 3 novembre 2013 quando 300 migranti morirono inghiottiti dal mare vicino a Lampedusa. Erano tutti eritrei. E prima e dopo in mare ne sono morti ancora tanti.

Insomma, un tempo spezzavamo le reni, oggi le braccia, come dice un poliziotto che ordina la carica in piazza Indipendenza. Le vittime sono sempre le stesse.

  • Autore articolo
    Raffaele Masto
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    "Aprire lo sguardo" (Garzanti) è un libro in cui Alessandra Mauro ha scelto 15 immagini che compongono un “mosaico visuale” dell'Italia. In una selezione di grande forza evocativa, sfilano volti, luoghi e momenti: dall’arresto Benito Mussolini, immortalato da Adolfo Porry-Pastorel nel 1915, ai ritratti di Wanda Wulz, ai manicomi documentati da Gianni Berengo Gardin nel 1968, fino alla fotografia di moda di Ferdinando Scianna e allo studio del tessuto urbano di Gabriele Basilico. L'intervista di Tiziana Ricci a Alessandra Mauro.

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