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L’Indonesia al voto per le amministrazioni locali

Oggi 100 milioni di indonesiani si sono recati a votare per la prima volta contemporaneamente per i responsabili locali a vari livelli. Un esercizio di voto, seppure parziale, proporzionato alle caratteristiche della terza democrazia del mondo come peso demografico: 250 milioni di abitanti sparsi su 1,9 milioni di chilometri quadrati. Una sfida anche organizzativa data la frammentazione dell’immenso arcipelago in 17mila isole di cui oltre un terzo abitate, disteso su 3000 chilometri e tre fusi orari.

Occorreranno diversi giorni per conoscere i risultati, ma i motivi d’interesse per questa consultazione democratica sono molteplici. Anzitutto, perché arriva a maturazione il percorso di decentralizzazione politica avviato dopo la destituzione nel 1998 con una rivoluzione incruenta di Muhammad Suharto, presidente al centro di un sistema di potere paternalistico e clientelare, poco generoso con gli oppositori e repressivo verso i movimenti autonomisti e indipendentisti, come quello (vittorioso) di Timor est, delle Molucche o della provincia di Papua occidentale.

Inoltre, a pesare sulla giornata elettorale, in un tempo di accresciuti timori di azioni del terrorismo islamista che ha in Indonesia centrali di reclutamento per i campi di battaglia mediorientali, per azioni dimostrative nel Sud-Est asiatico e un immenso teatro di azione locale – il rischio di iniziative terroristiche. Non solo teoriche, dato che alla vigilia della giornata elettorale, le autorità avevano confermato l’infiltrazione dell’autoproclamato Stato islamico. Chiamati a vigilare sulla regolarità del voto e sulla sicurezza nazionale, 200.000 tra poliziotti e soldati.

Da sottolineare che le elezioni avevano rischiato di saltare e che si sono invece tenute per la caparbietà del presidente Joko Widodo, che le ha imposte dopo un colpo di mano dell’opposizione che lo scorso anno le aveva cancellate a favore di autorità locali scelte da gruppi di potere e partiti.

Ovviamente, il voto in sé, con i risultati che saranno indicativi insieme delle necessità locali più che delle politiche centrali, ha assorbito buona parte dell’attenzione dei votanti e degli analisti. La varietà delle situazioni nell’arcipelago renderanno assai difficile tracciare delle linee, delle tendenze comuni.

Nel contesto indonesiano, ancora una volta, più che ai programmi dei partiti, nella lunga campagna elettorale iniziata a agosto, a emergere sono state le personalità dei candidati, 3.600, in corsa per ruoli-guida in 286 tra province, distretti e municipalità. Gli esperti segnalano che per le caratteristiche di questa tornata elettorale e per una diversa sensibilità che va facendosi strada nell’elettorato indonesiano la politica partitica, che si trasferisce dal centro alla periferia e rende possibile un coordinamento tra amministrazione centrale e locale, dovrebbe in questa occasione avere un peso maggiore.

Difficile più di sempre il coordinamento d’impegni tra centro e periferia che unico rende possibile e riempie di senso un’elezione di questa complessità che per la prima volta ha accorpato anche nove province contrariamente alla prassi seguita finora di votare ogni mese in una diversa provincia delle 34 dell’immenso paese. Una pratica che contribuiva, più che alla decentralizzazione, all’instabilità generale. Obiettivo finale del presidente è consentire di avere un solo appuntamento con le elezioni locali per l’intero arcipelago nel 2027.

Inevitabilmente, la consultazione ha acquisito anche una valenza nazionale, a poco più di un anno dall’entrata in carica del presidente Joko Widodo. Le sue politiche riformiste, in un contesto di aggravata contrazione economica, hanno finora dato risultati inferiori alle aspettative. I suoi piani ambiziosi di sviluppo dell’economia, a partire da massicci investimenti nelle infrastrutture, e di riduzione della povertà non sono decollati e la crescita del paese dovrebbe essere quest’anno inferiore a quella del 4,6 per cento del 2009.

A interferire con le aspettative e le potenzialità contingenze internazionali e regionali, ma anche gli ostacoli politici dei rivali legati in buona parte all’esperienza di Suharto, a partire dal suo antagonista alla corsa alla presidente, l’ex generale Prabowo Subianto. Come conseguenza della sua campagna moralizzatrice, una burocrazia già lenta e infiltrata dalla corruzione e da nepotismo ha rallentato ulteriormente la propria azione per timore di essere messa sotto indagine.

Dati recenti hanno addirittura segnalato che proprio la burocrazia sta diventando un serio ostacolo al progresso del paese. Emblematico il caso della capitale Jakarta, interessata da importante opere infrastrutturali. Entro la fine dell’anno, meno della metà dei 5 miliardi di dollari destinati allo sviluppo dell’area metropolitana saranno spesi come risultato dell’eccesso di cautela e della burocrazia.

Difficile valutare quanto tutto questo potrà pesare sui risultati locali, ma dal Paese profondo dovrebbero arrivare dati utili per eventualmente ricalibrare le politiche presidenziali e governative.

  • Autore articolo
    Stefano Vecchia
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    1) “La gente non lascia Gaza City perché non sa dove andare o perché non può permetterselo”. Migliaia di persone restano nella città della striscia, mentre l’esercito continua a bombardarla. (Jacob Granger - MSF) 2) “Israele sta commettendo un genocidio, ma gli altri paesi hanno l’obbligo giuridico di fare tutto ciò che possono per impedirglielo”. In esteri la seconda puntata dell’intervista a Chris Sidoti, giudice della commissione Onu. (Valeria Schroter, Chris Sidoti - Commissione Onu d'inchiesta per i territori palestinesi) 3) La Francia ancora in piazza. Un milione di persone mobilitate dai sindacati per protestare contro la legge di bilancio di Bayrou. (Veronica Gennari) 4) La tragedia umanitaria della guerra in Sudan, e i sudanesi che resistono. Premiata in Norvegia una rete di associazioni comunitarie che lavorano per favorire l’ingresso di aiuti. (Irene Panozzo, analista politica) 5) Donald Trump alla corte britannica. La luna di miele tra Keir Starmer e il presidente Usa è soprattutto una questione di business. (Marco Colombo, giornalista) 6) World Music. Together for Palestine, il concerto organizzato da Brian Eno a Londra contro il genocidio. (Marcello Lorrai)

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    È morto a 91 anni Fausto Amodei, figura cruciale per la canzone popolare italiana che alla fine degli anni cinquanta aveva contribuito a fondare il Cantacronache, il primo esperimento di canzone politica “d’autore” in Italia. Tra i suoi capolavori 'Per i morti di Reggio Emilia', una delle canzoni popolari e politiche più suonate nelle piazze d’Italia. Ma "le sue canzoni sono riuscite ad andare ben oltre il suo nome” diventando parte dell’immaginario collettivo, ricorda il cantautore Alessio Lega ai microfoni di Radio Popolare. Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    In compagnia di Niccolò Vecchia telefoniamo ad Alessio Lega per ricordare, nel giorno della sua scomparsa, Fausto Amodei, un vero simbolo della canzone politica d’autore italiana. Segue mini live in studio con il giovane jazzista Francesco Cavestri in vista del suo concerto al Blue Note di martedì prossimo. Nella seconda parte siamo in compagnia di Piergiorgio Pardo, nostro ospite fisso per la rubrica LGBT, con cui parliamo del film “I segreti di Brokeback Mountain” e alcuni eventi del weekend. Concludiamo con una telefonata a Marina Catucci da New York, per commentare l’improvvisa sospensione dello show di Jimmy Kimmel dalla rete Abc, a seguito di una frase “scomoda” su Charlie Kirk detta dal conduttore in trasmissione.

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