
Ci sono due ragioni per cui Donald Trump non ha ancora deciso se intervenire in Iran: una militare, l’altra di più lungo periodo, strategica.
È diffusa l’idea che le bunker buster bombs, bombe americane da quasi quattordici tonnellate, siano le uniche che possano distruggere il sito nucleare di Fordow, che è l’obiettivo degli israeliani, ciò che permetterebbe a Israele di dare un senso compiuto, definitivo, a questa operazione militare. Solo gli americani hanno queste bombe, da qui la richiesta di Netanyahu di intervento degli Stati Uniti. Il problema è che non tutti, anche all’interno del Pentagono, sono davvero convinti che queste bombe possano essere risolutive, possano davvero distruggere Fordow, che è nascosto, interrato in chilometri di roccia. Le uniche armi che assicurerebbero la distruzione di Fordow sono le bombe nucleari tattiche, ma nessuno nell’amministrazione pensa di utilizzarle.
C’è poi l’altra ragione dei dubbi di Trump, quella strategica: non è per niente assicurato che l’intervento americano possa restare circoscritto ai siti nucleari iraniani. Il timore è quello di un allargamento del conflitto, di una guerra lunga, sanguinosa, devastante. Il timore è quello di un nuovo Iraq, Iraq che doveva essere una guerra lampo, trionfante, e che si trasformò in un incubo, in una carneficina senza fine, con cento mila morti irachene e quattro mila americane.
Donald Trump è arrivato alla Casa Bianca promettendo di mettere fine alle guerre infinite dell’America nel mondo. Un’altra, possibile, guerra infinita aleggia su Washington in queste ore.