
Gaza. I dazi statunitensi. L’Ucraina. Sono i tre principali dossier politici con cui si confronta l’Europa e in tutti e tre i casi l’Italia non c’è. Politicamente imbelle, pavida, opportunista, Giorgia Meloni e il suo governo preferiscono la strategia dell’imboscato. La macchina della propaganda meloniana aveva provato a costruire l’immagine di una presidente del consiglio che fosse “ponte” tra l’Europa e gli Stati Uniti di Trump. Alla prova dei fatti l’immagine più appropriata potrebbe essere quella della “quinta colonna” trumpiana in Europa. Francia, Gran Bretagna, perfino la Germania che è stata sempre attentissima a non dare alcuno spazio alle istanze filo palestinesi hanno deciso di mandare aiuti a Gaza, i loro ministri degli Esteri andranno in Israele a fare pressioni sul governo Netanyahu. Palazzo Chigi sull’intera vicenda si è affrettato a dire “noi no”. Per quanto riguarda l’Ucraina, l’Europa prova a destarsi. Meloni a parole sta con Kiyv, nei fatti Roma non fa praticamente nulla. I dazi: da un governo nazionalista ti aspetteresti fuoco e fiamme e invece la posizione è stata quella dello zerbino, coi ministri a contorcersi in pose improbabili per provare ad affermare che i dazi non ci faranno male anzi, ci faranno perfino bene.
Un po’ sono le classiche divergenze nella maggioranza. Un po’ è che se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare. E un po’ è che queste azioni europee non piacciono al principale riferimento del governo italiano, Trump.
Roma, da questo punto di vista, è una succursale di Washington.