Approfondimenti

L’Educazione Europea

Educazione europea

Education européenne, Educazione Europea, di Romain Gary, romanzo pubblicato nel 1945, raccconta la resistenza contro i nazisti e i fascisti in Polonia. Il più bel libro sulla resistenza europea lo definì Sartre. Gary, che partecipò direttamente, ricevendo dopo la guerra la Legion d’Onore, che non era uno scherzo all’epoca, per il suo valore in battaglia. Il protagonista della storia è Janek, un ragazzo di quattordici anni.

Più o meno l’eta di Simone che non più tardi di qualche giorno fa mise a tacere un capo fascista di Casa Pound a Torre Maura. Gli squadristi assediavano con violenza un gruppo di cittadini/e di etnia Rom/Sinti che avrebbero dovuto stabilirsi, per decisione del Comune, in loco. Con loro alcune decine, forse un centinaio, di abitanti del quartiere a inveire, fare blocchi, dare alle fiamme, gettare a terra e calpestare il pane che doveva nutrire coloro i quali credevano di aver trovato accoglienza e hanno subito soltanto discriminazione, odio e ingiurie. I fascisti l’hanno avuta vinta perchè l’amministrazione comunale ha deciso di trasferire i rom altrove, e pur questo non fu facile visto il clima di linciaggio. Contro cui l’unica voce  di Simone quindicenne, si è levata. Risibili i commentatori, a distinguere i fascisti con tessera e saluto romano dai cittadini/e che sarebbero scesi in strada contro i rom perchè Torre Maura è un quartiere pieno di guai e disagi. E aggiungerci anche i rom sarebbe stata la goccia che fa traboccare il vaso, per cui meglio fascisti che con gli zingari sotto casa! Invece non c’è giustificazione che tenga ad avere comportamenti discriminatori verso le minoranze, razzisti verso le altre etnie e/o culture esercitando violenza, non c’è giustificazione che tenga a comportarsi da fascisti. Nè vale la regola che se i fascisti e i nazisti sono in maggioranza, allora bisogna obbedire alla democrazia e lasciarli fare.

Sia in un quartiere sia in una intera nazione l’Educazione Europea insegna invece che bisogna praticare il dissenso e organizzare la resistenza. Un popolo o una sua parte può anche impazzire fino alla pratica del genocidio e della pulizia etnica. Successe ai civili tedeschi negli anni ’30 del secolo scorso, che nel volger di pochi anni diventarono nazisti e genocidari verso gli ebrei (e i rom), nonchè totalitari sostenitori di una feroce dittatura. Ne nacque una guerra mondiale, e ancora in pieno conflitto la maggioranza dei cittadini germanici appoggiava Hitler e l’esercito, a volte non esplicitamente in nome del nazismo ma della salvezza della Nazione (con la maiuscola, è ovvio). Per spezzare questo sostegno e legame tra il popolo tedesco e l’esercito nazista, gli alleati decisero di bombardare a tappeto le città della Germania, radendole al suolo. Quando nell’Educazione Europea la Gestapo a caccia di partigiani entra in una casa per perquisirla, l’anziana donna che vi abita urla: “Frugate. Osservate. Calpestate. Saccheggiate. Fate quel che vi pare. Non me ne importa. Voi non impedirete agli Inglesi di bombardare le vostre città strada per strada, Colonia, Amburgo, Berlino.. voi capirete. Gli Inglesi vi apriranno gli occhi. Voi ci capirete sulle rovine delle vostre città, davanti alla tombe dei vostri bambini. Già voi cominciate a capire… è vicino il giorno in cui voi direte: Mai più. Ma allora sarà troppo tardi.Mai più Auschwitz, mai più guerra fu l’architrave su cui costruire l’Europa dopo la sconfitta della Germania nazista e dei suoi alleati.

Janek al campo partigiano ascolta una poesia. “Io aspetto che l’ultima vittima cada, per aver gridato: Viva la Libertà, che l’ultimo Stato sovrano crolli sotto i colpi dei patrioti europei. (..)che muoia l’eco nel mondo dell’ultimo inno nazionale. Che l’Europa si metta infine in marcia, mia amata prostrata e calpestata..”.

Dopo la Liberazione nasce L’Europa che, sbilenca finchè si vuole, mantiene la promessa di pace. Oltre settanta anni senza guerra nel vecchio continente, con l’eccezione significativa delle guerre nella ex-Jugoslavia che dimostrano quanto sia facile trasmutare dalla convivenza alla guerra civile e interetnica, col triste seguito di massacri, stupri, pulizia etnica e campi di concentramento. Europa, oggi Unione Europea su due livelli. Quello degli Stati, l’Europa delle Nazioni voluta essenzialmente da De Gaulle, rappresentato dal Consiglio Europeo dei capi di Stato e di Governo dove si definiscono priorità orientamenti politici generali della UE, in genere all’unanimità e/o per consenso; l’Europa dei cittadini rappresentata dal Parlamento europeo eletto su base proporzionale, con poteri molto limitati. In mezzo sta la Commissione esecutiva, con poteri di governo, composta da un delegato designato da ogni Stato membro, mentre il Presidente proposto dal Consiglio deve essere eletto a maggioranza assoluta dal Parlamento: unico atto europeo realmente democratico. Gli Stati comandano quasi tutto, mentre i cittadini quasi niente. Epperò pesano al di là dell’architettura istituzionale che li vorrebbe marginali. Arrivano poi i popoli, per chi ama la politologia, i populismi. Probabilmente questa spinta, cavalcata spesso dalle destre nazional fasciste, potrebbe trovare una sua forma di espressione democratica nell’istituto dei Referendum europei, senza che i finti liberal democratici si sgolino contro le pratiche plebiscitarie. La Repubblica francese è fondata sul Referendum, e nessuno credo possa negare la sua democrazia, e il Referendum, in configurazioni diverse esiste in molti Stati dell’Unione.  Però questo non mi pare il punto cruciale oggi per lo sviluppo della UE in senso democratico. Credo che la questione sia la messa in moto di un processo costituente che si compia con la scrittura della Costituzione Europea in cui ogni abitante del vecchio continente possa riconoscersi diventando concittadino/a d’Europa, con una forte identità civile e politica transnazionale, il che sia detto en passant taglierebbe parecchie unghie alla destra identitaria.

L’obiettivo parve a portata di mano quando, istituita la Convenzione Europea che redasse una bozza, nel 2004 fu addirittura firmato a Roma il trattato che istituiva la Costituzione, salvo la ratifica necessaria dei singoli stati. E qui casca l’asino. Nel complicato iter la ratifica fu bocciata tramite Referendum in Francia e in Olanda (2007), finendo la Costituzione nel cestino. Tirarla fuori e renderla di nuovo attuale significa, innanzitutto rivendicare le origini democratiche e antifasciste dell’odierna Europa contro le discriminazioni, i razzismi, le dittature, le violazioni dei diritti politici, civili, umani, per la libertà e l’eguaglianza. Con un mucchio di altre cose, per esempio la differenza sessuale e l’ecologia, ovviamente. In questo senso le prossime elezioni europee hanno un manifesto carattere di scelta tra il nazional fascismo, comunque travestito, e la democrazia. Una scelta tra chi va a scacciare i Rom, con qualunque scusa lo faccia, al grido di “prima gli italiani”, e comunque come a Casal Bruciato seppure italiano, se sei di etnia Rom/Sinti, dalla tua casa puoi essere sbattuto fuori dal/la primo/a che passa, coi soliti fascisti al seguito. E invece chi si riconosce nella mozione votata dal Parlamento europeo il 15 aprile del 2015, stabilendo il 2 agosto come la «giornata europea della commemorazione dell’olocausto dei rom». Ricordando i «I 500.000 rom sterminati dai nazisti e da altri regimi (…) e che nelle camere a gas nello Zigeunerlager (campo degli zingari) di Auschwitz-Birkenau in una notte, tra il 2 e il 3 agosto 1944, 2.897 rom, principalmente donne, bambini e anziani, sono stati uccisi». Oserei dire che in queste elezioni europee prossime venture contro i nazional fascisti antieuropei bisogna tornare a essere patrioti d’Europa.

La giovane donna mette un disco sul fonografo. La Polacca di Chopin, dice. Per più di un’ora, i partigiani, tra i quali alcuni avevano marciato più di dieci chilometri per venire, ascoltarono la voce, ciò che vi è di meglio nell’uomo, come per rassicurarsi – per più di un’ora uomini affaticati, feriti, affamati, braccati,  celebrarono così la loro fede, fiduciosi che nessuna bruttura, nessun crimine, poteva incrinarla. Janek non doveva mai dimenticare quel momento: la stranezza, la speranza, la musica, l’infinito.

  • Autore articolo
    Bruno Giorgini
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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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