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Le conseguenze della rottura USA-Iran

Veduta di Teheran, capitale dell'Iran

Donald Trump aveva diverse opzioni. Le sanzioni americane nei confronti dell’Iran, congelate dal 2016, sono sostanzialmente divise in due grossi pacchetti. Uno per il petrolio, un altro per le altre attività economiche e commerciali iraniane.

Il presidente americano ha preso la decisione più drastica: ha annullato il congelamento di tutte le sanzioni. Come ha confermato il Tesoro e anche il neo-consigliere per la sicurezza nazionale, il falco John Bolton, la reintroduzione non sarà immediata. Le compagnie straniere, soprattutto europee – gli Stati Uniti non hanno mai ripreso rapporti commerciali diretti con Teheran – avranno tra i 3 e i 6 mesi di tempo per dimostrare di aver annullato i contratti in essere. Alcune sanzioni verranno reintrodotte entro il 6 agosto, altre entro il 4 novembre.

Sulla carta questo vuol dire che ci sarebbe ancora il tempo per la diplomazia, ma la decisione della Casa Bianca sembra drastica. Qui il problema è soprattutto europeo. I governi europei, lo hanno ribadito anche subito dopo le parole di Trump, vorrebbero salvare l’accordo, ma per fare questo dovrebbero coprire le loro aziende che rischiano di essere sanzionate dagli americani.

L’Iran aveva ripreso a fatica l’export di petrolio, soprattutto verso Turchia ed Europa. Era l’unica voce in vera ripresa per la sua economia e ora questa voce rischia di venir meno.

Il rapporto difficile con l’Europa

Si prospettano quindi settimane complicate per le cancellerie europee. Ancora ieri sera Francia, Germania e Gran Bretagna, che firmarono l’intesa del 2015, hanno detto che vogliono salvare l’accordo con l’Iran. Ma per fare questo dovrebbero consentire alle loro compagnie di fare affari con Teheran nonostante le sanzioni americane.

C’è già la questione dei dazi su acciaio e alluminio. Il dossier iraniano porterebbe a una guerra commerciale, a una rottura profonda, tra le due sponde dell’Atlantico.
Gli europei sono disposti a questo? Non lo sappiamo ma probabilmente no.

Il Medio Oriente

C’è poi il Medio Oriente e la stabilità in una regione dove i conflitti non mancano.

Trump avrebbe voluto un nuovo accordo che tenesse dentro, oltre al nucleare, il programma missilistico di Teheran, e il contenimento dell’influenza iraniana in Medio Oriente. Come risponderà ora l’Iran? Cercherà di consolidare le sue posizioni in Siria, in Libano, in Yemen, in Iraq?

In queste ore i servizi israeliani e il Pentagono hanno denunciato “strani”movimenti militari iraniani in Siria. Una coincidenza? Nelle ultime settimane abbiamo visto una tensione crescente tra Iran e Israele proprio in Siria. C’è poi la contrapposizione storica Iran-Arabia Saudita. Sauditi e israeliani criticavano da tempo l’accordo sul nucleare.

Se l’Iran dovesse decidere di consolidare le sue posizioni e i suoi interessi in Medio Oriente, queste due contrapposizioni potrebbero diventare ancora più pericolose.

Veduta di Teheran, capitale dell'Iran

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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