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L’accoglienza ribelle di Riace

Nel 2016 la rivista americana Fortune ha pubblicato una lista delle cinquanta persone più influenti nel mondo: al quarantesimo posto c’era Mimmo Lucano, sindaco del comune di Riace in Calabria. L’unico italiano nella prestigiosa lista. Mimì Capatosta, lo chiamano così ed è anche il titolo di un libro sulla sua storia, scritto da Tiziana Barillà, edizioni Fandango, storia iniziata vent’anni fa quando decise di accogliere i profughi curdi nel piccolo comune della Locride. Da allora Riace si è ripopolata: in tutti questi anni da quanto Mimmo Lucano è sindaco sono passati circa seimila migranti e molti sono rimasti, facendo rivivere un comune che come tanti altri al Sud è a rischio spopolamento.

E’ un sistema di accoglienza che ha fatto notizia, integrato e solidale, il sindaco parla di “accoglienza ribelle”, rispetto a quella che vede spesso, separati da un muro invisibile, i cittadini da una parte e i migranti con le loro buste della spesa da un’altra, diretti in un centro di accoglienza in periferia. Una distanza che a Riace non c’è: in seicento sono rimasti a vivere in paese, c’è chi si prende cura dei fiori, chi fa il traduttore, chi pulisce le spiagge, chi lavora come mediatore e assistente nell’asilo nido multietnico. “Abbiamo creato anche un ambulatorio medico, racconta Mimmo Lucano, e in una regione dove si taglia la spesa sanitaria, è una notizia positiva. Alcuni medici si alternano ogni giorno volontariamente per venire a Riace a visitare i pazienti, che non sono solo stranieri, ma anche la popolazione locale”.

Nella sua scelta di “accoglienza ribelle”, c’è anche, spiega, una motivazione politica: “è inaccettabile ciò che accade, l’immigrazione è il prodotto evidente di un’ingiustizia, ha cominciato ad ospitare i curdi nel 1998, ora i rifugiati che partono dalla Libia”.

riace sindaco

Riace è un comune di 1.500 abitanti e se i quartieri sulla costa si popolano d’estate, quella collinare, il centro storico, è, o meglio, era a rischio spopolamento. E l’evidenza erano le case dei riacesi emigrati all’estero vuote, chiuse. Il sindaco ha deciso di ospitare nelle case i rifugiati, i nuovi migranti che ridanno vita a quelli di 40 anni fa emigrati in America Latina o in Germania. Questi ultimi ricevono una quota di affitto e le case non si rovinano per l’incuria. “Lo scopo è di ricreare un rapporto di vicinanza, quel senso di comunità che esisteva nei contesti contadini”.

Il sistema Sprar applicato in Italia ha avuto come obiettivo anche quello di diversificare nei contesti urbani l’accoglienza, e nei piccoli comuni questa diventa anche una risorsa, non solo economica, ma pure sociale. I bambini figli dei rifugiati tengono aperte scuole, altrimenti a rischio accorpamento classi o chiusura. Ma spesso i soldi che lo Stato deve agli enti locali per l’accoglienza arrivano in ritardo, ed è così che il sindaco si è anche inventato una “moneta locale”.

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Riace stampa le proprie banconote: pezzi di carta con l’effigie di Gandhi e Che Guevara, “Che Guevara parlava di regole e giustizia, e spesso la giustizia è più importante delle regole”,  dice il combattivo sindaco secondo cui con i soldi in tasca che valgono solo a Riace ma che hanno valore reale: “i rifugiati possono andare a fare la spesa dove vogliono e scegliere ciò che desiderano”. Dopo vent’anni per il sindaco della Locride “l’utopia della normalità” è diventata una solida realtà che potrebbe fare scuola anche in tante altre parti d’Italia.

Ascolta qui l’intervista integrale a Mimmo Lucano

mimmo lucano

 

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  • Autore articolo
    Anna Bredice
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    “Ho sempre pensato che quella di Aldo, Giovanni e Giacomo fosse una favola. La loro vita artistica, che io ho seguito come assistente alla regia nei film di Massimo Venier, è sempre stata caratterizzata da rifiuti e invece hanno fatto di tutto e con grande successo, grazie alla loro determinazione”. E’ per questo motivo che Sophie Chiarello, già regista di “Il Cerchio”, ha voluto esplorare le vite del trio a partire dalla loro infanzia. “Erano tre ragazzini un po' 'sfigati' – come si autodefiniscono - che per provenienza sociale avevano un destino già scritto”. Sono loro a raccontarsi, a sfogliare le foto dell’infanzia e a percorrere la Milano di una volta, proletaria e in bianco e nero. Un ritratto personale, divertente, con le voci di chi li ha accompagnati in tutti questi anni da Paolo Rossi, Marina Massironi, alla Gialappa’s Band. “Attitudini: nessuna” è stato realizzato in diversi momenti con un percorso frammentato che punteggia la carriera artistica del trio tra cabaret, teatro, cinema e televisione. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Sophie Chiarello, regista di “Attitudini: nessuna”.

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