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La storia di Maxime Mbandà: dalla nazionale di rugby al volontariato sulle ambulanze

Come prima cosa, quando hanno sospeso i campionati per il coronavirus, mi sono chiesto cosa potessi fare per dare una mano”. Inizia così il suo racconto Maxime Mbandà ai microfoni di Barrilete Cosmico.

Maxime è un giocatore di rugby delle Zebre di Parma e della Nazionale italiana. Si trovava a Roma per preparare la partita che gli Azzurri avrebbero dovuto giocare contro l’Inghilterra, valida per il 6 Nazioni, quando il mondo dello sport ha capito che non si poteva più andare avanti e che l’unica soluzione era fermarsi per cercare di contenere il più possibile la diffusione del virus. Mbandà quindi è tornato a Parma, dove vive, con la voglia di dare una mano.

“Avevo letto – dice – di una collaborazione tra il Comune di Parma e la Croce Gialla per cercare volontari che portassero alimenti e i farmaci agli anziani più in difficoltà, e così mi sono iscritto al progetto. Dopo il primo giorno però mi hanno spostato sulle ambulanze con il compito di trasferire i pazienti da un ospedale all’altro, in modo da alleggerire il carico. Faccio turni da 12/13 ore al giorno”. Una continua spola tra i tre principali ospedali della zona: Maggiore, Vaio di Fidenza e quello di Borgotaro. Un lavoro che non può e non deve fermarsi per fare in modo che medici e infermieri non si trovino con un eccessivo numero di pazienti di cui occuparsi.

Una esperienza che sta mostrando a Maxime un’altra faccia della realtà, quella della sofferenza e della paura, condizioni che nell’opinione pubblica poco hanno a che fare con il mondo degli sportivi e la loro vita da privilegiati. Ma Mbandà spiega che: “Oltre a essere sportivi siamo prima di tutto essere umani, è un principio di umanità che mi muove. Penso che avere paura sia normale, soprattutto perché stiamo combattendo un nemico invisibile, che può nascondersi su tutto quello che tocchiamo e dove camminiamo. Quello che fa la differenza è come si reagisce alla paura, è quello che cambia il risultato”. Un impegno costante e che non conosce pause: “Faccio – racconta Maxime – quello che posso per aiutare gli altri a stare bene. Vado avanti così finché tutto questo non sarà finito”.

Nel rugby, come in tutti gli sport che prevedono il professionismo, si discute in questi giorni di un possibile taglio degli stipendi dovuti all’inattività. Maxime la pensa così: “Sarebbe bello devolvere una percentuale di quello che guadagniamo in favore di chi adesso ha più bisogno. Però è anche vero che molti sportivi in questi giorni stanno facendo ricche donazioni agli ospedali. Se questo può aiutare a guarire le persone, sono sicuro che un accordo in questo senso si troverà. Più che di economia si tratta di una quesitone di umanità”. La fine dell’emergenza non ha ancora delle date precise e Mbandà, come tutti gli sportivi, è in attesa di sapere quando riprenderanno gli allenamenti e il campionato; ma adesso però le priorità devono essere altre: “Quando ha sospeso il campionato la Federazione ci ha detto che tutto sarebbe ripreso solo quando effettivamente la crisi sarà terminata. Nel mentre noi possiamo solo sperare e aspettare che tutto finisca presto. E’ un periodo dove bisogna fare sacrifici, è solo un piccolo segmento della nostra vita rispetto a quella che ci aspetta. Adesso questa è la cosa giusta da fare per aiutare chi lavora negli ospedali”.

In questi giorni però, quando finisce il servizio sulle ambulanze, Maxime trova anche il modo e il tempo di tenersi in forma: “Devo per forza continuare ad allenarmi e cercare di rimanere in condizione. Spero di poter tornare a giocare presto e non posso farmi trovare impreparato. Così ho messo una sbarra nel mio garage e mi alleno tutti i giorni, la mattina presto o la sera tardi. Faccio dei percorsi con circuiti di trazioni, addominali e piegamenti. Soprattutto faccio burpess, che ormai sono diventati il mio pane”. Come ha fatto Maxime anche molti altri giovani, quelli che non hanno contatti con persone anziane o a rischio, possono provare a cercare sui siti internet i numeri delle varie Croci italiane e capire come possono dare una mano per far sì che questo momento di difficoltà duri il meno possibile.

  • Autore articolo
    Matteo Serra
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    Errando per Antiche Vie è una grande azione performativa in cui artisti e pubblico percorrono a piedi la distanza che separa Cortina e Milano, tra il 5 e il 16 dicembre, a un mese dall’inizio delle Olimpiadi, per raccontare un territorio incredibile, contraddittorio che per la prima volta viene messo in luce dalle Olimpiadi. Un cammino lungo oltre 250 km, spettacoli teatrali e di danza, letture, pasti di comunità, incontri e dibattiti: un racconto della montagna fatto di sostenibilità, di protagonismo dei territori alpini e prealpini, di chi decide di vivere e lavorare in quota e nei territori periferici, al di là della spettacolarizzazione del momento olimpico. Michele Losi di Campsirago Residenza ha raccontato a Cult tutto il percorso. L'intervista di Ira Rubini.

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