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“La sinistra ha perso la sua tradizione”

Michele Conti, il nuovo sindaco di Pisa

I risultati dei ballottaggi che si sono svolti ieri a due settimane dal primo turno hanno confermato una tendenza già emersa negli ultimi anni: la Toscana, regione storicamente rossa, ha subito un importante crollo del centrosinistra a favore del centrodestra che, risultati alla mano, ha vinto in roccaforti come Pisa, Massa e Siena.

Abbiamo intervistato Antonio Floridia, direttore dell’Osservatorio elettorale e del settore “Politiche per la partecipazione” della Regione Toscana, nonché docente presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze e in passato anche presidente della Società Italiana di Studi Elettorali.

Da dove arrivano tutti questi voti al centrodestra?

Intanto bisognerebbe cominciare a dire che la fine della Toscana rossa non è un fulmine a ciel sereno, non è accaduto né il 4 marzo né tantomeno ieri. È un processo che va avanti da alcuni anni. Tanto per darvi qualche dato elaborato in queste ore, in Toscana ci sono 54 comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti. Nel ciclo elettorale 2010-2014, in 50 su questi 54 comuni c’erano giunte di centrosinistra. Questi 54 comuni hanno ricominciato a votare tra il 2015 e il 2019 – finora hanno votato in 24 comuni – e il centrodestra è in vantaggio 10 contro 9: il centrosinistra ha perso 15 dei 24 comuni che hanno votato tra il 2015 e quest’anni. Come vedete c’è un ciclo che ripete. Le ragioni sono complesse e naturalmente ci sono anche le valutazioni locali. Quelle che mi sento di fare, però, sono altre: si dice sempre che in una regione come la Toscana prevaleva il cosiddetto voto di appartenenza, un voto identitario, un senso di rispetto di una tradizione storico-culturale. Questo elemento si è progressivamente perso, un po’ per ragioni storiche. Ma direi che negli ultimi dieci anni è stato accentuato da ragioni politiche, tutte interamente politiche, dalle colpe e le responsabilità del ceto politico che ha diretto il centrosinistra. Come dimostra un bellissimo libro del prof. Mario Caciagli, “Addio alla provincia rossa“, uscito l’anno scorso, la cultura rossa in Toscana è stata sempre costruita attraverso la coltivazione della memoria storica, attraverso il rispetto e la cura di una tradizione. Se da qualche anno inizi a dire che queste tradizioni non contano più e per certi versi sbeffeggi queste tradizioni, allora perchè mai i nipoti devono restare fedeli alla memoria politiche dei padre e dei nonni? A questo punto entrano in campo valutazioni più contingenti, e io penso che sia decisivo anche l’astensionismo. Verso il Partito Democratico non si matura più nessun senso di affezione e attaccamento. E appena le cose non vanno bene, un sindaco non lavora particolarmente bene, viene subito punito. In passato, magari, era difeso lo stesso.

Una perdita di valori, in qualche modo, ma anche una perdita della capacità di interpretare i bisogni concreti e materiali delle persone, fermo restando che non parliamo di una Regione che in Italia è tra le più povere. Anzi, da questo punto di vista è una di quelle in cui, penso si possa dire, si vive meglio al netto di una crisi che ha penalizzato tutto.

È un’ulteriore dimostrazione che in politica contano anche le dimensioni simboliche e culturali. In Toscana ci sono i segni della crisi, soprattutto per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, e forse pesa anche un certo localismo che in passato andava a vantaggio della sinistra e che oggi magari va a vantaggio della Lega. Intendo dire che la sinistra in Toscana si è radicata proprio per un senso di protezione contro un mondo esterno lontano. Oggi questo la sinistra non lo fa, non protegge né dà il senso di avere una chiara scelta di interessi primari da difendere e a questo punto il voto diventa volatile, va dove spinge l’umore, non essendoci più tra l’altro un partito capace di ancorare il consenso, di costruirlo e tenerlo legato. Se non hai più questi sensori e non hai più un’organizzazione radicata sul territorio – neanche in Toscana il Partito Democratico ce l’ha più ormai – è chiaro che perdi di vista quello che accade e non fai più in tempo a reagire.

Fin qui abbiamo parlato sostanzialmente del comportamento degli elettori. Lei si occupa molto di partecipazione, ma le persone – e mi riferisco ai partiti di centrodestra che in questo momento vincono in Toscana – dove vanno a pescare la loro classe dirigente. Perché chi sceglie di impegnarsi in politica adesso in Toscana sceglie di farlo a destra. Secondo lei sono di più quelli che scelgono l’impegno politico a destra?

Difficile generalizzare, però non c’è dubbio che la Toscana rimanga una regione col cosiddetto capitale sociale molto elevato. In passato l’impegno civico e la propensione associativa e partecipativa si orientava a sinistra, da qualche anno a questa parte questo associazionismo si è disancorato da un chiaro collateralismo coi partiti del centrosinistra….

O forse viceversa

Esatto, o viceversa, ha ragione lei. È probabile che il centrodestra, che in questo momento ha più partiti, trovi più facilmente nel mondo delle professioni in particolare gente disposta a lavorare. Il nuovo sindaco di Pisa credo sia un avvocato. Non ne farei un rapporto meccanico.

Se nell’immaginario l’elettorale di centrosinistra si incontra con i propri dirigenti in determinati luoghi, mi verrebbe da chiedere quali sono i luoghi dei preponderanti elettori di centrodestra.

Si torna al problema. Il partito, la forma partito. Il famoso militante del centrosinistra che lei cita non ha più luoghi fisici o sociali in cui dire la propria, in cui poter contare qualcosa. Se tutta la partecipazione politica è rappresentata dai gazebo alle primarie, mi permetto di dire anche questo, alla fine che succede? La Lega è un partito con una sua struttura territoriale che si sta via via radicando e diffondendo dal nord verso il centro. Riescono a selezionare un personale politico. Anche tutti i miti fondativi del centrosinistra, che le primarie ad esempio servissero a selezionare i migliori candidati, vanno un po’ rivisti. Non sta accadendo e non accade.

Il 2020 è lontano, dal punto di vista politico sono ere geologiche, specie in questa fase. Credo che qualcuno sia davvero iniziando a tremare, anche a livello regionale.

Sì, questo è nell’ordine delle cose. Bisogna guardare meglio i numeri e capire il livello di partecipazione, che livello si è avuto sull’astensione rispetto al 4 marzo e rispetto ad altre situazioni. Il voto è volatile, in questo momento suggestionabile anche dal ciclo politico nazionale. Tra due anni sarà un altro mondo, vedremo cosa succederà. Una cosa si può dire: il centrosinistra si deve attrezzare per avere un’offerta politica nuova, innovativa e attraente. Non può pensare di vivere di rendita. È questo che questo non paga neanche in Toscana.

Michele Conti, il nuovo sindaco di Pisa
Foto dalla pagina FB di Michele Conti https://www.facebook.com/MicheleContiSindaco
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