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La sfida della desertificazione e la perdita delle zone umide

desertificazione - Il lago Habbaniyah in Iraq prosciugato a causa della scarsità di piogge e dell'aumento delle temperature

Negli ultimi tre decenni, un’area grande come un terzo dell’India è passata da zona umida a terreno arido e sterile. Lo afferma uno degli studi presentati in questi giorni a Riyad, in occasione della Coop 16 sulla deforestazione. Gli scienziati esperti dell’ONU dichiarano che le zone aride oggi costituiscono il 40% di tutta la superficie terrestre, senza contare l’Antartide, e che tre quarti del territorio mondiale, negli ultimi 30 anni, ha sofferto la siccità, la principale, ma non l’unica, delle condizioni alla base della degradazione del suolo.

Oggi in Africa, la desertificazione è una delle principali sfide ambientali: oltre 320 milioni di persone ne sono già direttamente colpite. Lo stesso deserto del Sahara, in alcune zone, sta avanzando a una velocità di circa un chilometro all’anno. In tutto il continente, negli ultimi 50 anni, la siccità ha causato 70 miliardi di dollari di perdite economiche, e questo ha accentuato i flussi migratori e l’instabilità. Le ricerche dimostrano che tra il 1990 e il 2015 l’Africa ha perso circa il 12% del suo PIL proprio a causa della crescente aridità. Nei prossimi cinque anni, le perdite economiche direttamente collegate all’inaridimento del suolo continueranno a salire, non solo in Africa, ma anche in Asia.

A differenza della siccità, cioè periodi temporanei di scarse precipitazioni, la condizione di aridità rappresenta una trasformazione permanente e inesorabile. Quando il clima di una zona diventa più secco, però, il suolo perde gradualmente la capacità di ritornare alle condizioni precedenti, fino ad arrivare a un punto di non ritorno, oltre al quale un terreno diventa sterile per sempre.

Le zone aride sono aree in cui il 90% delle precipitazioni si perde per evaporazione e solo il 10% arriva alla vegetazione. Alcuni studi affermano che entro il 2050, a livello globale, due terzi della superficie terrestre perderanno almeno in parte la capacità di immagazzinare acqua. Alcune colture sono particolarmente a rischio: se le tendenze attuali continueranno, si prevede, per esempio, che i raccolti di mais in Kenya si dimezzino entro il 2050.

Crisi climatica e idrica sono indissolubilmente legate e dipendono dalle emissioni di gas serra, ma anche da cattive pratiche agricole, eccessiva estrazione dell’acqua, erosione del suolo e deforestazione. Per far fronte a questo stato di cose, servono, come sempre, ingenti finanziamenti. La sfida è duplice: da un lato fermare desertificazione e inaridimento, dall’altro ripristinare le terre degradate ancora recuperabili. In questo è fondamentale il ruolo delle comunità rurali, a partire dall’inclusione di donne e giovani.

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    Sara Milanese
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    Di passaggio in Italia, il frontman degli Editors Tom Smith ci ha fatto visita a Radio Popolare per raccontare la nascita del suo primo album solista “There is nothing in the dark that isn’t there in the light”. Un progetto che nasce dal desiderio di fermarsi, respirare e mettersi in gioco in modo più vulnerabile e sincero. In questa intervista, Tom parla del bisogno di tornare a un suono più naturale e acustico, lontano dall’estetica elettronica del gruppo, lasciando le canzoni più vicine alla loro forma originaria. Condivide anche come sia cambiato nel tempo il suo rapporto con la musica, tra scoperte giovanili che hanno plasmato la sua identità e nuovi ascolti capaci ancora di sorprenderlo. Pur esplorando nuove strade, Tom ribadisce che non si tratta di un addio agli Editors: è solo un capitolo diverso, prima di tornare “ai suoi fratelli” sul palco e in studio.

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    “Ho sempre pensato che quella di Aldo, Giovanni e Giacomo fosse una favola. La loro vita artistica, che io ho seguito come assistente alla regia nei film di Massimo Venier, è sempre stata caratterizzata da rifiuti e invece hanno fatto di tutto e con grande successo, grazie alla loro determinazione”. E’ per questo motivo che Sophie Chiarello, già regista di “Il Cerchio”, ha voluto esplorare le vite del trio a partire dalla loro infanzia. “Erano tre ragazzini un po' 'sfigati' – come si autodefiniscono - che per provenienza sociale avevano un destino già scritto”. Sono loro a raccontarsi, a sfogliare le foto dell’infanzia e a percorrere la Milano di una volta, proletaria e in bianco e nero. Un ritratto personale, divertente, con le voci di chi li ha accompagnati in tutti questi anni da Paolo Rossi, Marina Massironi, alla Gialappa’s Band. “Attitudini: nessuna” è stato realizzato in diversi momenti con un percorso frammentato che punteggia la carriera artistica del trio tra cabaret, teatro, cinema e televisione. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Sophie Chiarello, regista di “Attitudini: nessuna”.

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