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La politica americana e le serie TV

Politica Serie TV - Donald Trump 2020

C’è chi non ha esitato a definirla “la migliore serie tv dell’anno”, e in effetti la lunga maratona elettorale che ha tenuto gli occhi del mondo intero puntati sugli Stati Uniti d’America per quasi una settimana è stata ricca di momenti al cardiopalma e colpi di scena: prima il cosiddetto red mirage, con tanto di autoproclamazione di Trump nel bel mezzo della conta dei voti a fare da cliffhanger.

Poi i voti di città come Milwaukee e Detroit che ri-colorano di blu Wisconsin e Michigan; la storia a sé della “rossissima” Georgia, da sempre attraversata da una sistematica soppressione del voto afroamericano, dove inaspettatamente Biden passa in vantaggio, grazie al lavoro straordinario di attiviste come Stacey Abrams; infine Philadelphia e Pittsburgh e i voti per posta che, come in un salvataggio all’ultimo minuto, consegnano la Pennsylvania e la Casa bianca a Joe Biden e Kamala Harris. E poi la festa per le strade, e una coda che denuncia che non è ancora finita: Trump si rifiuta di riconoscere la sconfitta, cosa succederà nella prossima puntata?

Complice la pandemia e la straordinaria partecipazione al voto, questa tornata elettorale è stata diversa dalle precedenti, ma la sensazione che la politica a stelle e strisce assomigli più a uno show che alla realtà non è casuale. Prima di tutto perché la relazione fra politica e televisione lì è forse perfino più stretta che altrove: basterebbe il fatto che a dichiarare la vittoria sono proprio i network, ma fin dal lontano primo confronto in diretta tv tra due candidati, tra Kennedy e Nixon del 1959, che, secondo molti osservatori, consegnò la presidenza al primo perché il secondo apparve malconcio, raffreddato e nervoso, i politici hanno capito che il modo in cui appaiono e si raccontano alle telecamere è cruciale.

Da decenni i candidati sono anche personaggi televisivi, determinati a partecipare a quella grande auto-narrazione collettiva che fa la forza degli States; Donald Trump, poi, era una celebrità tv già prima di diventare presidente e, anzi, ha trasformato la sua campagna elettorale prima e il suo mandato poi in un reality show che tutti erano obbligati a seguire, un po’ come in una puntata di Black Mirror.

Dichiarazioni shock, bugie spudorate, accuse e controaccuse, uno staff in continuo stravolgimento, rivelazioni e pugnalate alle spalle da parte di ex alleati, gaffe che diventano tormentoni: è il linguaggio del reality, e ha saputo spiazzare giornalisti esperti e pubblico, incastrando tutti in un ciclo di news frenetico e incessante. Anche la televisione di fiction si è trovata disorientata: gli sceneggiatori di political drama spericolati come Homeland e Scandal hanno dichiarato in passato di faticare a competere con una realtà più assurda di ogni possibile immaginazione.

In un certo senso, però, la tv Usa ha spesso “anticipato” la politica: ai tempi di George W. Bush, la serie idealista The West Wing (ne parlavamo qualche settimana fa, la trovate tutta su Amazon Prime Video) aveva portato alla sua finzionale Casa bianca un primo presidente latinoamericano incredibilmente simile a un certo Barack Obama che si sarebbe candidato, nella realtà, solo dopo la fine della serie. E, durante il secondo mandato dello stesso Obama, la serie House of Cards con Kevin Spacey ha raccontato una Washington corrotta e maneggiona, in cui un politico senza scrupoli manipolava chiunque in un vuoto gioco di potere per il potere.

L’esilarante comedy Veep, invece, seguiva lo stupidissimo staff di una vicepresidente incompetente collezionare una figuraccia dopo l’altra. E quando, sabato scorso, lo staff di Trump capitanato da Rudy Giuliani ha tenuto una conferenza stampa davanti all’azienda di giardinaggio Four Seasons Total Landscaping, accanto a una videoteca porno nella periferia di Philadelphia, invece che al prestigioso hotel Four Seasons del centro, probabilmente per un errore di prenotazione… beh, è sembrato a tutti che un episodio di Veep fosse diventato realtà. Nessuno ha la sfera di cristallo, ma per sapere cos’accadrà tra quattro anni ogni tanto forse conviene dare un’occhiata anche alle serie tv.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Una casa editrice di estrema destra si iscrive alla Fiera nazionale della Piccola e Media Editoria “Più libri, Più liberi”, organizzata dall’Associazione editori italiani. Alcuni intellettuali si chiedono se sia opportuno ospitare pensieri razzisti o apologie del nazismo e come spiega la filosofa e scrittrice Donatella Di Cesare, esperta internazionale di "negazionismo" (l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola “Tecnofascismo”): “Non discutiamo la libertà di pensiero e di pubblicazione per una casa editrice, ma l’idea della Fiera intitolata Più libri, Più Liberi a cui chiediamo se è giusto offrire questa vetrina ulteriore, così emblematica e significativa, dove verranno esposti autori e tematiche che in altri paesi europei come la Germania non sono tollerate”. “In Italia c’è una soglia molto bassa di attenzione, forse perché i temi storici non vengono approfonditi e siamo ancora nella vulgata del rigurgito del passato che ritorna o di temi folcloristici da non prendere seriamente e secondo me è un elemento critico e una mancanza di vigilanza culturale ed etica”. Ascolta l'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli.

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    C’è un tesoro in Italia, ambito da sempre, ed è il tesoro delle Assicurazioni Generali. Chi comanda a Trieste, comanda su un pezzo importante del paese. Per 70 anni il tesoro delle Generali è stato controllato da Mediobanca, che una volta era il salotto del capitalismo familiare italiano e oggi è una solida banca milanese. Nell’ultimo anno, grosso modo, due capitalisti nostrani, non si sa se anche coraggiosi, Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Francesco Milleri, hanno portato a termine il colpo del secolo: con un’operazione di scambio di azioni – e con il concorso esterno del MPS, fino a qualche mese fa banca di stato - hanno cacciato i vecchi azionisti dagli uffici di piazzetta Cuccia a Milano (Mediobanca) e al loro posto ci hanno messo se stessi più alcuni amici. In questo modo l’immobiliarista e editore Caltagirone, insiene al socio un po’ litigioso degli eredi Luxottica, hanno preso il controllo di Mediobanca. E lo hanno fatto con l’aiuto del MPS, banca pubblica privatizzanda. Preso il controllo di Mediobanca, i “nostri” Caltagirone&Soci hanno cominciato a vedere terra, la costa triestina, la casa mitteleuropea di Generali. Ora, su tutta questa operazione – sommariamente sintetizzata – qualcosa non ha funzionato. La Procura di Milano sta indagando per il mancato rispetto di alcune importanti formalità da codice penale: il “concerto” non previsto, il rispetto del “mercato” e delle autorità di controllo. Aspettiamo fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso, mentre la politica rivendica i suoi meriti, giusti o sbagliati che siano. Pubblica oggi ha ospitato il giornalista e saggista Vittorio Malagutti (Domani) e il senatore del Pd Antonio Misiani.

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