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La lotta delle suffragette

Una bandiera francese proiettata sul grande schermo dell’Auditorium del Lingotto progettato da Renzo Piano, sulle note di La Marsigliese eseguita dai sassofonisti del Conservatorio di Torino. E poi il Sindaco Piero Fassino, che stringendosi al popolo parigino dice di aver pensato di far saltare il Torino Film Festival, ma ha prevalso la voglia di vivere, di sorridere e di uscire di casa. “Il cinema francese ci ha fatto amare Parigi, ci ha fatto conoscere i suoi lati nascosti e poetici, da Claude Chabrol a François Truffaut e Alain Resnais”, continua Fassino dando il via alla trentatreesima edizione del festival torinese.

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Il film d’apertura è Suffragette di Sarah Gavron, sulla battaglia del movimento di donne per il diritto di votoNella Londra del 1912, Maude (Carey Mulligan) lavora in una lavanderia de quando aveva 7 anni, con un salario bassissimo e subendo i soprusi del padrone. Ha un figlio piccolo, il marito Sonny (Ben Whishav) che lavora con lei e pochissimi soldi per vivere e nutrirsi.

In una manifestazione di piazza incontra Violet Cambridge (Anne-Marie Duff) attivista del movimento delle suffragette per la conquista dei diritti delle donne al voto e che la convince a partecipare alla battaglia, con le altre valorose Emily Davison (Natalie Press) e Edith New (Helena Bonham Carter). Una lotta fatta anche di sabotaggi, tagli dei fili del telegrafo, lanci di pietre alle vetrine ed esplosioni “a salve” di cassette postali e proprietà private. Se venivano arrestate facevano lo sciopero della fame per attirare l’attenzione sulla lotta per l’uguaglianza.

Obiettivo principale era rendere visibili le loro richieste, testimoniare in Parlamento di fronte al Primo Ministro Lloyd George e portare avanti le proprie rivendicazioni, con l’aiuto di Mrs. Pankhurst (Maryl Streep) attivista delle lotte femminili, ricercata dalle autorità e che vive nascosta per non finire in carcere.

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“La scelta di raccontare queste donne è servita per creare un legame temporale tra ieri e oggi, mi interessava la contemporaneità, esistente nella loro lotta per ottenere più diritti. Dal punto di vista salariale, sessuale, il diritto di tutela sui propri figli, temi ancora ancora molto attuali”. Lo racconta la regista Sarah Gavron, con la sceneggiatrice Abi Morgan e la produttrice Faye Ward.

La battaglia delle suffragette si è sviluppata nel corso di quaranta anni, il film si concentra in sei mesi cruciali per riassumere il senso della lotta e le motivazioni che hanno spinto Maude e tante come lei a rinunciare a tutto quello che avevano costruito, per abbracciare questa lotta.

“Ci siamo accorte della mancanza di un film che raccontasse questo movimento e questo momento storico. Il valore delle suffragette non è mai stato riconosciuto ed era giusto ricordare l’esempio di queste donne. Anche in Brick Lane, il mio film precedente, era importante la condizione della donna, nelle famiglie immigrate dallo Sri Lanka a Londra”

“Non conosciamo le loro storie, perché non meritano di essere raccontate. Eppure vediamo ogni giorno diseguaglianze e soprusi nei loro confronti, come per le sottomissioni in India, in Iran o ai sequestri di Boko Haram e anche in Inghilterra si continua ad assistere a discriminazioni”.

In Gran Bretagna l’astensionismo al voto da parte dei giovani e delle donne è ancora molto frequente e la regista con il suo gruppo di lavoro tutto al femminile vorrebbe provare a combatterlo, anche con questo film.

Infatti, buona parte delle reazioni del pubblico femminile è stata quella di decidere di andare a votare, cogliendo l’importanza dei risultati ottenuti dal movimento delle suffragette. Suffragette è stato girato anche in alcune sale del Parlamento. “Le scene della protesta  antigovernativa dovevano essere girate lì e abbiamo dovuto lottare e insistere molto per avere quei luoghi. Con la nostra troupe prevalentemente di donne ci siamo riuscite. Ancora troppe donne non  hanno accesso all’istruzione, c’è ancora molto analfabetismo, poca rappresentatività femminile in politica”.

In Inghilterra il diritto al voto per le donne fu reso possibile nel 1928 e in Italia nel 1945.

 

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    Barbara Sorrentini
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    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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