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La farsa della lotta alla povertà

povertà - la baraccopoli di Dharavi, a Mumbai.

Secondo l’ultimo report della Banca Mondiale, l’obiettivo delle Nazioni Unite di dimezzare la povertà entro il 2030 è ormai irraggiungibile, un risultato che era facile immaginare da tempo. Il libro dei sogni dell’ONU sugli obiettivi di sviluppo sostenibile si dimostra per quello che è sempre stato: un insieme di indicazioni ovvie e scontate, che prescindono dalle politiche, dalle dinamiche globali, dagli effetti dei cambiamenti climatici e perfino dalla storia. Quando si scrive che entro il 2030 si dovranno assicurare a tutte le persone uguali diritti all’accesso ai servizi di base e alle risorse economiche, senza spiegare come né con quali strumenti, si vende solo aria fritta.

Infatti, il report della Banca Mondiale ci dice che le cose stanno andando in modo ben diverso. Nella lotta alla povertà si è perso un decennio; anziché diminuire, l’indigenza è aumentata, soprattutto dopo la pandemia. Oggi circa 700 milioni di persone, l’8,5% dell’umanità, vivono con meno di 2,5 dollari al giorno, la soglia della povertà estrema. Più del 40% della popolazione globale è tecnicamente povera, con un reddito inferiore a 7 dollari al giorno. I 26 paesi più poveri, che ospitano il 40% di tutti gli indigenti del mondo, sono anche tra gli stati più indebitati. Secondo lo studio, per eliminare la povertà bisognerebbe garantire un reddito di almeno 25 dollari a persona al giorno, il che significherebbe quintuplicare il reddito medio mondiale.

Una notizia parzialmente buona è la diminuzione, nell’ultimo decennio, dei paesi con marcate disuguaglianze economiche, problema che però coinvolge ancora 1,7 miliardi di persone, soprattutto in America Latina e in Africa subsahariana. Nel complesso, i dati dimostrano che non si è fatto nulla di concreto per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Agenda 2030. La pandemia ha messo in luce l’estrema vulnerabilità dei poveri in paesi dove il sistema sanitario pubblico è inesistente o troppo precario per affrontare un’emergenza.

Lo stesso vale per l’impatto del cambiamento climatico, che ha esiti diversi sul reddito degli agricoltori nei paesi che sovvenzionano la produzione e coprono i danni rispetto a quelli dove gli stati sono solo entità nominali. La stessa situazione si riflette nei sistemi scolastici impoveriti e nell’accesso delle donne all’istruzione, ancora difficile in molti contesti. Sono troppe e troppo profonde le disparità economiche che si intrecciano con quelle di genere e ambientali tra diversi stati della Terra; proprio per questo, le ricette generaliste risultano parole al vento.

Nel report della Banca Mondiale c’è un capitolo dedicato a come porre rimedio al quadro fallimentare appena descritto. Qui, ancora una volta, si usano parole di buon senso che nessuno disapproverebbe, ad esempio: “Per ridurre la povertà è quindi necessaria una crescita economica sostenibile al più basso impatto di gas serra; i paesi più poveri dovrebbero investire nella creazione di posti di lavoro, nel capitale umano e nelle infrastrutture.” Tutto bello, ma allo stato attuale, queste parole e questi consigli lasciano il tempo che trovano. Con le parole e le banalità, purtroppo, non si sono mai cambiate le cose. Gli enti multilaterali che dovrebbero guidare un cambiamento nel mondo sono prigionieri di ricette miracolose che funzionano soltanto nella letteratura fantasy.

  • Autore articolo
    Alfredo Somoza
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    1) 25 novembre, quando lo stupro è un’arma di guerra. Nel Sudan sconvolto dalla più grave crisi umanitaria al mondo, migliaia di donne e bambini sono vittime di violenza di genere. (Stefano Piziali - Cesvi) 2) Ucraina, mentre i negoziati per un accordo tra Mosca e Kiev continuano, il piano per la pace Statunitense spacca l’amministrazione americana. (Roberto Festa) 3) La peggiore crisi economica mai registrata. L’occupazione israeliana in Cisgiordania e la distruzione e Gaza hanno provocato un crollo senza precedenti nell’economia palestinese, riportando il paese indietro di decenni. (Allegra Pacheco - West Bank Protection Consortium) 4) “A Dankirque non si vive, si sopravvive”. Sulle coste francesi la situazione umanitaria delle persone migranti peggiora giorno dopo giorno e lo stato non si assume le sue responsabilità. (Veronica Gennari) 5)Lo scandalo di pedofilia che ha sconvolto il vescovo di Cadice è un caso senza precedenti nella chiesa spagnola. (Giulia Maria Piantedosi) 6) Rubrica sportiva. Dopo 52 anni, la nazionale di calcio di Haiti si qualifica per i mondiali. Un risultato storico e prezioso per un paese distrutto dalla violenza. (Luca Parena)

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    Le iniziative del 25 novembre e DonneXstrada che di violenza di genere, parla tutto l'anno. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Le comedians contro la violenza sulle donne al Teatro Lirico di Milano

    Oggi a Cult Mary Sarnataro ci ha parlato di “Zitte mai!”, la serata speciale in scena al teatro Lirico di Milano, che un gruppo di comedians, capitanate da Deborah Villa, dedica all'associazione Cerchi nell'Acqua, che da anni è vicina alle donne vittime di violenza. A partire dalla libertà di esprimersi, la prima che viene a mancare quando una relazione diventa prevaricante, l'appuntamento sarà l'occasione per riflettere sulla violenza sulle donne, usando lo strumento della comicità. L’intervista di Ira Rubini.

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