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La crisi di Netflix

Sede Netflix

Lo scorso 6 maggio Netflix ha inaugurato a Roma la propria sede italiana. A tagliare il nastro, il fondatore e co-CEO Reed Hastings in persona, perché non si tratta solo di una formalità di rappresentanza: la compagnia californiana sostiene di voler investire nella produzione cinematografica e televisiva italiana, inaugurando una collaborazione sul lungo periodo con la nostra industria audiovisiva. Facendo immediatamente seguire alle parole i fatti, Hastings e colleghi hanno sciorinato una corposa lista di progetti imminenti: si parte dalla nuova serie animata di Zerocalcare (Strappare lungo i bordi è stata tra i titoli Netflix più visti e chiacchierati nel nostro paese nel 2021), si prosegue con, tra le altre cose, un adattamento a puntate di Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa; Lotto Gang, una serie su una vera storia di truffa al lotto avvenuta negli anni 90 in provincia di Milano; due docuserie, una su Wanna Marchi e una su Alex Schwazer; il primo reality italiano Netflix, Summer Job, condotto dall’attrice Matilde Gioli… E non mancano nemmeno i film, dal sequel di Sotto il sole di Riccione a un thriller con Alessandro Gassmann, passando per l’ambizioso (e sulla carta molto scivoloso) Rapiniamo il duce, una commedia storica con Pietro Castellito e Matilda De Angelis ambientata nell’Italia fascista. Sono titoli che confermano la strategia che potremmo chiamare di “delocalizzazione” di Netflix: diffondersi in tutto il mondo, stringere alleanze produttive con le industrie locali, realizzare prodotti che abbiano una forte connotazione regionale ma allo stesso tempo siano facilmente appetibili e vendibili in tutto il mondo. Sperando di incappare, non troppo raramente, nel nuovo Squid Game.

L’inaugurazione degli uffici italiani di Netflix è giunta però a pochissimi giorni da un altro annuncio, molto preoccupante, che ha mandato in fibrillazione non solo gli investitori del colosso streaming ma ogni singolo osservatore del mondo dello showbusiness: nel primo trimestre del 2022, Netflix aveva previsto di guadagnare 2 milioni di nuovi abbonamenti, invece ne ha persi 200 mila; quel che è peggio, le proiezioni del secondo trimestre dicono che ne perderà altri 2 milioni – e naturalmente le quotazioni in borsa della compagnia sono crollate di conseguenza. Da cosa dipende? Come sempre, i fattori sono molteplici. In seguito all’invasione russa dell’Ucraina, per esempio, Netflix ha sospeso il proprio servizio in Russia, perdendo le relative sottoscrizioni, che aveva stimato in crescita. E se è vero che negli ultimi due anni pandemici è aumentata la fruizione collettiva dello streaming, trasformandone l’uso in abitudine per milioni di persone, è anche vero che sono aumentate anche le piattaforme, e dunque le concorrenti di Netflix: Disney+, per esempio, nell’ultimo anno ha guadagnato abbonati e quest’estate si prepara a sbarcare in decine di nuove nazioni. Inoltre, anche se in modo diseguale in giro per il mondo, la pandemia va assestandosi e forse la sbornia da streaming comincia a passare: andare al cinema o a un concerto, uscire di casa, vedere altre persone… gli stessi capi di Netflix hanno dichiarato più volte che il loro principale avversario è il tempo che gli utenti decidono di passare lontano dal piccolo schermo, e che verosimilmente è in aumento ora che il COVID-19 sembra un po’ più sotto controllo.

Più semplicemente, forse, potremmo dire che anche il gigante Netflix si sta scontrando contro l’evidenza ovvia e inevitabile che non si può crescere per sempre: i consumatori e il mercato non sono infiniti. Ed ecco che, per tamponare le perdite, lo stesso Hastings ha annunciato cambiamenti importanti: meccanismi per arginare la condivisione delle password tra più utenti di diversi gruppi familiari e, soprattutto, la possibilità di sottoscrivere un abbonamento a un costo inferiore, prevedendo in cambio la pubblicità. Insomma, un passo dopo l’altro, la rivoluzione dello streaming, almeno in casa Netflix, assomiglia sempre di più alla vecchia tv generalista che si proponeva di soppiantare, anche considerata la mole sempre più ingente di film e serie medi o mediocri. Cambiare tutto per non cambiare niente? La scelta di trasporre Il Gattopardo, così, assume tutto un altro significato.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Un debutto interessante quello dei Satantango, nuovo progetto shoegaze proveniente dalla provincia cremonese. Il duo, composto da Valentina e Gianmarco, è oggi passato a Volume per raccontare e suonare in acustico alcuni brani del nuovo album “Satantango”. Il titolo è lo stesso di un film ungherese del 1994 della durata di oltre sette ore: “l’ambientazione e le atmosfere sono molto simili a quelle che ci sono nei nostri posti”, spiega il duo. Tra shoegaze, dream pop e slowcore, l’album dipinge un immaginario bianco e nero tra malinconie di provincia e nebbia, cinema chiusi e un senso di innocenza perduta, ed è ricco di riferimenti a pellicole vintage come “Gioventù Amore e Rabbia”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive dei Satantango.

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