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La corsa all’oro di Teheran

L’economia iraniana ha un potenziale enorme. La rimozione delle sanzioni è quindi una buona notizia per tutti. Per l‘Iran, che deve uscire da un lungo isolamento, e per le compagnie straniere che avranno finalmente la possibilità di operare in un mercato con un ampio margine di crescita. A differenza di altri grandi produttori di petrolio, soprattutto in Medio Oriente, l’Iran ha poi una popolazione giovane e istruita e una solida struttura industriale. In altre parole c’è già un sistema economico diversificato sul quale investire.

Ma il processo non sarà immediato e non sarà semplice. Per una piena normalizzazione dei rapporti economico-commerciali tra l’Iran e il resto del mondo bisognerà rimuovere diversi ostacoli. Innanzitutto le compagnie straniere dovranno valutare con attenzione il quadro normativo e le restrizioni ancora in vigore. Di conseguenza, almeno sul breve periodo, l’Iran non verrà invaso da capitali stranieri.

Alcuni stanno cercano di stringere i tempi: in queste ore, per esempio, hanno fatto capire che torneranno presto in Iran la francese Renault e la tedesca Daimler, per sfruttare un ricco settore automobilistico. Il governo iraniano, da parte sua, vorrebbe invece chiudere il prima possibile un accordo per compare più di cento Airbus di fabbricazione americana. Queste operazioni saranno possibili perché l’Iran è nuovamente collegato al sistema finanziario globale e le transazioni non richiederanno più pericolose triangolazioni commerciali.

Ma la rimozione delle sanzioni non sarà ancora totale. Oltre al reinserimento nel sistema finanziario internazionale Teheran potrà usufruire fin da subito di circa cento miliardi di dollari congelati su conti bancari esteri e potrà vendere nuovamente il suo petrolio. L’apertura maggiore arriva dall’Europa, che ha tolto il suo embargo sull’importazione di petrolio. Gli Stati Uniti invece mantengono ancora diverse limitazioni, a partire dal divieto sulle attività commerciali con le società iraniane legate alle Guardie Rivoluzionarie, un potentissimo gruppo paramilitare che in questi anni, oltre a guidare la politica estera di Teheran, avrebbe creato un ricchissimo sistema economico parallelo.

In questo caso le sanzioni saranno applicabili non solo alle imprese americane ma anche a quelle straniere. In altri casi, invece, le restrizioni rimarranno in vigore solo per le società e i cittadini residenti negli Stati Uniti, che per esempio non potranno ancora comprare il petrolio iraniano. Washington manterrà poi le sanzioni che non sono legate al programma nucleare ma al supporto del terrorismo e alla violazione dei diritti umani. Per esempio le restrizioni sul commercio di armi, come è stato confermato ancora in questi giorni a causa di un test balistico da parte di Teheran.

La possibilità di fare grandi affari c’è, lo dimostra la presenza continua a Teheran, ormai da mesi, di folte delegazioni in arrivo da tutto il mondo. Ma saranno tutti molto cauti, comprese le banche europee, negli anni scorsi colpite più volte dalle sanzioni americane. Il flusso di capitali stranieri sarà graduale anche perché le autorità iraniane cercheranno di dare spazio anche agli investitori interni.

Sul lungo periodo, in ogni caso, è difficile non prevedere un vero e proprio boom economico. Ma anche in questo caso ci saranno degli ostacoli lungo il percorso.

Uno è già evidente oggi, il prezzo del petrolio. Tra gas e petrolio l’Iran ha le principali riserve a livello mondiale. Ma ritorna sul mercato quando il barile di greggio vale meno di trenta dollari. Non a caso gli altri grandi produttori, come Arabia Saudita, Russia, Venezuela, non sono proprio entusiasti. L’industria petrolifera iraniana, che per aggiornare la sua tecnologia avrebbe bisogno come minimo di un investimento inziale di trenta miliardi di dollari, rischia di andare in negativo ancora prima di ricominciare.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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    La Commissione europea oggi proporrà la sua condanna di Israele e delle sanzioni al Consiglio di Europa che ha un mese per pronunciarsi. Si vede che non c’è urgenza per una politica comune su Gaza. L’esperto Paolo Bergamaschi, già consigliere politico della Commissione esteri del Parlamento europeo, ricorda le 30 sanzioni votate dall’Europa e commenta: “Le sanzioni europee sarebbero un gesto simbolico di valenza politica notevole ma non avrebbero degli effetti concreti”. Italia e Germania finora si sono opposte. L’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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