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Kyenge: “Ius soli bloccato? Una vergogna”

Paula, Mohamed, Marwa, Youness. Sono alcuni dei nomi di quasi un milione di ragazze e ragazzi senza la cittadinanza che sono nati in Italia da genitori stranieri.

Youness, 23 anni, di origini marocchine, è nato nel nostro Paese.

Sei mesi fa parlammo con lui e ci disse: “Vorremmo che il Senato approvi subito la legge, lo Ius soli, perché stanno tenendo appesa a un filo la nostra vita. Non approvarla significa condannarci all’incertezza, all’ingiustizia”. Da allora non è cambiato nulla, lo Ius soli resta ostaggio della politica e Youness e gli altri continuano la loro battaglia con i movimenti ‘Italiani senza cittadinanza’ e ‘l’Italia sono anch’io’ che ogni martedì manifestano davanti al Parlamento.

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Siamo invisibili, dei fantasmi per lo Stato. Siamo italiani come voi, ma non abbiamo la cittadinanza perché non possediamo un documento che lo attesti”, spiegano gli ‘Italiani senza cittadinanza’.

Il testo della legge Ius soli sulla cittadinanza, approvato alla Camera a ottobre 2015, è bloccato da oltre un anno e mezzo nelle sabbie mobili del Senato, per l’opposizione dei centristi, della Lega, di Forza Italia e di Fratelli d’Italia che hanno presentato migliaia di emendamenti. Scatenata la Lega che con Salvini aveva definito lo Ius soli “una schifezza” e che oggi minaccia barricate se la legge verrà approvata.

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Cécile Kashetu Kyenge è stata ministra dell’Integrazione nel governo Letta. Oggi è parlamentare europea nel gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici. Da tempo si batte per il diritto di cittadinanza, ed anche per questo è stata spesso oggetto di violenti attacchi e insulti da parte di leghisti e fascisti.
Cécile Kyenge, cosa sta succedendo sullo Ius soli?

“Questo è uno dei temi che deve unire e non dividere la politica, la società. E’ una questione di civiltà che riguarda le future generazioni. Per questo lo Ius soli è un tema che deve uscire fuori dalla strumentalizzazione della politica a caccia di voti, perché si gioca con la vita dei bambini, dei ragazzi. Non ci possono essere cittadini di serie A e di serie B. Per questo mi rivolgo anche al mio partito, il Pd”.

Il Pd deve fare di più, secondo lei?

“Il mio partito ha fatto molte cose, ma deve fare di più, ne va della sua credibilità. La credibilità si gioca anche sulla coerenza e sui valori. Questo governo ha fatto alcune buone leggi sui diritti, ma manca proprio quella dello Ius soli, una grande riforma che riguarda un milione di giovani nati in Italia, figli dell’immigrazione”.

Secondo lei il governo dovrebbe mettere la fiducia sullo Ius Soli?

“Se necessario sì, lo abbiamo fatto tante volte e non si capisce perché non dovremmo farlo su questa legge che riguarda la vita dei giovani che aspettano che gli venga riconosciuto un diritto di civiltà”.

Lei dice questo ma Matteo Salvini minaccia barricate, proteste “come i taxisti” se passasse lo Ius Soli.

“Salvini può fare tutte le barricate che vuole. Io penso che se una legge è giusta va portata avanti con tutti gli strumenti possibili e approvata. Non è un Salvini che deve spaventare una battaglia come questa. Noi dobbiamo avere il coraggio di sfidare chiunque quando siamo nel giusto, perché prima di tutto conta la vita, la dignità delle persone. E’ inaccettabile, è una vergogna che in Italia non ci sia ancora una legge sulla cittadinanza”.

Nel salutare Cécile Kyenge le chiediamo cosa ha pensato, cosa ha provato quando ha saputo delle due donne Rom che a Follonica sono state chiuse in un gabbiotto e irrise, filmate da due dipendenti della Lidl.

“Ho provato tristezza, molta tristezza, e soprattutto dolore. Non riesco a capire come si possa arrivare a queste azioni disumane. Noi oggi abbiamo bisogno di alzare lo sguardo, guardare dietro la persona, rispettando i suoi valori. Occorre una grande battaglia culturale, sconfiggendo i seminatori di paura. Provo dolore per quello che è accaduto a Follonica anche perché è una sconfitta non solo per me, ma penso per tutti”.

***

Il disegno di legge sullo Ius soli, dal latinodiritto di suolo”, è stato rinominato “ius soli temperato” in quanto non permette di diventare cittadini italiani “per nascita”,così come invece avviene, per esempio, negli Stati Uniti dove se si nasce in territorio americano si è automaticamente cittadini americani.

Questo in sintesi il testo di legge:

“I bambini figli di stranieri che nascono in Italia acquisiscono la cittadinanza se almeno uno dei due genitori “è residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni, antecedenti alla nascita” o anche se uno dei due genitori, benché straniero, “è nato in Italia e ivi risiede legalmente, senza interruzioni, da almeno un anno”. La cittadinanza italiana verrebbe assegnata automaticamente al momento dell’iscrizione all’anagrafe. I minori nati in Italia senza questi requisiti, e quelli arrivati in Italia sotto i 12 anni – in base al testo – potranno ottenere la cittadinanza se avranno “frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale”. I ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni, infine, potranno avere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo”.

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  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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